sabato 27 aprile 2013

In macchina prigioniero dei fratelli Tsarnaev



Racconta proprietario Suv, anche la madre fu segnalata dai russi


 In macchina prigioniero dei fratelli Tsarnaev

 Dzhokhar Tsarnaev

 Una foto di una delle vittime di Boston

 Polizia: erano pronti a colpire di nuovo

di Valeria Robecco
La sera prima dell'attentato alla maratona di Boston, Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev vanno in giro in taxi per la città, nascondendo gli zaini esplosivi nel bagagliaio. Tre giorni dopo, con un'auto rubata e tanto di proprietario a bordo, sono pronti a fare rotta verso New York per far saltare le bombe a Times Square, il cuore della città. Col passare dei giorni emergono nuovi dettagli sul profilo dei due presunti attentatori di origine cecena. Avvolti in un mix di violenza spietata e assoluta banalità, sembrano personaggi emersi da un film di Quentin Tarantino.
Nel frattempo si apprende che non solo il nome di Tamerlan, il maggiore dei due fratelli ucciso poche ore dopo l'attentato, ma anche quello di sua madre Zubeidat è stato inserito nella banca dati dell'antiterrorismo Usa: come il figlio, è sospettata dalle autorità russe di aver abbracciato l'Islam radicale. Lo ha affermato una fonte dell'intelligence americana citata in forma anonima dalla Cnn, secondo cui la donna - che ha vissuto in Massachusetts sino al 2012 - era già finita nel miriso delle autorità russe sin dal 2011. Secondo nuove testimonianze, prima che la polizia li bloccasse, i due fratelli sono stati protagonisti di una avventura 'on the road'.
La sera prima dell'attentato, Jim Duggan, 51 anni, ha preso sul suo taxi Tamerlan e Dzhokhar: "Ho sollevato le borse per metterle nel bagagliaio, ma non volevano che le toccassi - ha detto l'uomo, ora convinto che si trattasse degli zaini con le pentole-bombe utilizzate alla maratona - erano pesantissime, almeno dieci chili". Tre giorni dopo, a incrociare i destini dei due attentatori é stato invece Danny, un ragazzo cinese di 26 anni, colui al quale i ceceni hanno 'sequestrato' l'auto, per dirigersi con lui a bordo verso New York, dove prevedevano di far esplodere gli ordigni rimasti a Times Square. Come se nulla fosse, "abbiamo parlato di tutto, di ragazze, automobili, anche degli iPhone", ha spiegato DAnny in un' intervista esclusiva al Boston Globe.
"Pensavo: 'non voglio morire' - ha continuato il ragazzo, chiedendo di essere identificato soltanto col soprannome americano - ci sono tanti sogni che devo ancora realizzare". Il suo incubo è iniziato verso le 23 di giovedì scorso, quando un uomo vestito con abiti scuri ha bussato al finestrino dell'auto, una Mercedes ML. Era Tamerlan, 26 anni: è entrato nell'auto brandendo una pistola, seguito dal fratello. "Hai sentito della maratona? - ha detto - Sono stato io, e ho appena ucciso un poliziotto. Ora guida". I due giovani di origine cecena discutevano fitto nella loro lingua madre, per questo Danny non è riuscito a capire se stavano organizzando l'attentato a New York, ma ha percepito chiaramente la parola "Manhattan".
Ad un certo punto i due si sono fermati in una stazione di servizio. Il minore è sceso per pagare. A quel punto Danny, cogliendo l'attimo propizio al volo, è riuscito a scappare dalla vettura, e a chiamare la polizia: Grazie a lui, le autorità hanno rapidamente identificato e intercettato l'auto, ben prima che potesse raggiungere New York. Ma "non mi sento un eroe - ha detto Danny - stavo solo cercando di sopravvivere".
(ANSA)

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