giovedì 19 aprile 2012

Il gran rinvio

 

 

 

 

 

Silvio Berlusconi ha telefonato a Mario Monti per cancellare un pranzo di cortesia fissato da tempo. Al professore, il Cavaliere ha spiegato di sentirsi in imbarazzo, di non voler dare l’impressione che l’incontro di Palazzo Chigi, in agenda da prima che deflagrasse la grana delle frequenze televisive, fosse finalizzato a una trattativa pro Mediaset. Ma la decisione del Cavaliere precipita in un contesto di intenso tramestio all’interno del suo partito e scatena diversi, e foschi, retropensieri. All’interno del Pdl, negli ultimi giorni si è fatta forte una strana linea antimontiana (dal mercato del lavoro, alla giustizia, passando per le frequenze tv) che anche Pier Ferdinando Casini ha intercettato, decrittando le parole e la prossemica di Angelino Alfano al vertice di martedì notte tra i segretari di partito e Monti. “Spero che sia solo tattica dovuta all’approssimarsi delle elezioni”. Ed è possibile. Berlusconi è spinto da due esigenze politiche: non scavalcare Alfano (il Cavaliere rinunciò anche a una puntata di “Porta a Porta” poco tempo fa) e tenere insieme il Pdl diviso tra montiani e antimontiani.


Tuttavia non è vero che al vertice non si è parlato dell’asta per le frequenze. A un certo punto, infatti, nel corso di una pausa del lunghissimo incontro tra i ministri tecnici e l’ABC (Alfano, Bersani, Casini), non visto dagli altri, Corrado Passera ha preso da parte Alfano. La conversazione ha avuto toni a tratti accesi. Passera ha negato di aver “violato” gli accordi sulle frequenze stipulati con il Pdl e Paolo Romani, dicendo ad Alfano che le modifiche all’emendamento sull’asta le avevo comunicate a Massimo Vari, sottosegretario allo Sviluppo, di area Pdl e considerato vicino all’ex ministro Romani. Alfano avrebbe risposto che “di queste cose io non me ne occupo”, ma dalla conversazione, il segretario del Pdl ha ricavato un’impressione di malmostosità che ha trasmesso a tarda sera anche al Cavaliere (intanto riunito con un gruppo ristretto di dirigenti). Ma non è solo la tv. Bersani e Casini, nella notte di martedì, hanno notato nel volto di Alfano delle espressioni di dissenso mentre a parlare era il Guardasigilli Paola Severino.

Il pacchetto sulla giustizia che il ministro Severino ha illustrato ad Alfano, Casini e Bersani è forse dirimente. Al Cavaliere non piace l’introduzione del reato di “traffico d’influenza” e teme ritorsioni politico giudiziarie per alcuni uomini a lui vicini. Così la decisione di cancellare il pranzo con Monti ha preso corpo nella notte di martedì e Alfano – che consigliava cautela e diplomazia – l’ha vista maturare sotto i suoi stessi occhi. Ieri in una nota ufficiale il Cavaliere ha individuato nel dossier economico l’unico vero problema con il governo perché, come dice Maurizio Gasparri, “siamo molto, molto insoddisfatti dell’inadeguatezza dei tecnici”. Ed è su questo artificio retorico – “il problema è l’economia” – che il Cavaliere distende la sua trama tutta politica verso l’interno di un Pdl in affanno, e verso un governo con il quale intende forse alzare il prezzo di una trattativa ben più ampia.

Il paradosso, che fa impazzire gli ultra montiani del Pdl, è che nel giorno in cui il Cavaliere annulla l’incontro con il professore alimentando gli scricchiolii di Palazzo, Monti in conferenza stampa si rivolge invece a lui con rispetto: “Personalità tuttora presente nella vita politica italiana in modo evidente ed incisivo”. Ma sono in tanti a versare parole di guerra nelle orecchie di Berlusconi, anche Renato Brunetta. L’ex ministro della Funzione pubblica dice che “dovremmo andare subito alle elezioni anticipate. In autunno”.

E Daniela Santanchè, unità di misura accreditata delle inclinazioni umorali di Palazzo Grazioli, dice: “Monti aveva cominciato bene con la riforma delle pensioni, ma ha esaurito la sua spinta propulsiva”. Pensieri che tuttavia si scontrano con le analisi più fredde, razionali, del quadro politico. “Onestamente, al di fuori del perimetro di Monti, in questo momento non c’è niente”, dice Franco Frattini. Un’analisi che conferma l’idea che di tutta questa faccenda si è presto fatto anche Pier Ferdinando Casini (“spero sia tutta tattica”). D’altra parte nel Pdl non sono pochi quelli che vedono in Monti, e in un progetto di unità nazionale finalizzato a riforme di medio e lungo termine, l’unica via d’uscita dalla crisi per i partiti accerchiati da troppi scandali e minacciati dalla gogna antipolitica.

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