mercoledì 8 febbraio 2012

Crisi Greca: ecco le verità che nessuno narra!

 
La Grecia continua a galleggiare a fatica, le condizioni dei cittadini divengono più precarie di giorno in giornoe, l'economia sempre più in bilico fra il default e l'uscita dall'euro. Un cittadino su tre si trova ormai al di sotto della soglia di povertà; la disoccupazione viaggia al 20 per cento. Cosa fa il governo per risolvere questa situazione inenarrabile? E' ansioso di approvare nuovi pesantissimi tagli imposti da Fmi, Bce e Commissione europea per accedere ai prestiti.
Già è stato annunciato il taglio di 15mila dipendenti pubblici, su un totale di circa 750mila impiegati (il 2 per cento). Già nel 2010, la concessione di un prestito di 110 miliardi all'allora governo Papandreu era stato subordinato ad alcuni tagli (di entità minore) a spesa pubblica e stato sociale.
Oggi, che in ballo c'è una nuova tranche di aiuti da 130 miliardi di euro, le richieste sono molto più pesanti. Tagli netti alle retribuzioni minime e alle pensioni, cancellazione di tredicesime e quattordicesime, licenziamento in massa di altre migliaia di dipendenti statali.
A mettere pressione al governo Papandreu c'è una data, quella del 20 marzo prossimo, in cui scadranno buoni del tesoro per un valore di 14,5 miliardi. Senza il prestito lo stato greco non avrà modo di restituire quei soldi e sarà costretto a dichiarare bancarotta. E per ottenere un prestito la Grecia dovrà raggiungere un accordo interno entro il prossimo e "vicinissimo"13 febbraio.


Papandreu sta quindi cercando di convincere i partiti ad avallare l'ennesima carneficina sociale. Il premier greco ha un tempo molto limitato per fare pressione su George Papandreou, Antonis Samaras e George Karatzaferis, rispettivamente leader del Partito socialista, di Nuova democrazia (destra) e del Laos (estrema destra), perché vincano le obiezioni dei propri partiti. Ma l'accordo non sembra vicino ed il default appare ora dopo ora più probabile.

L'Europa intera, terrorizzata dagli effetti di un eventuale default greco, spinge perché vengano accettate le misure di austerità, ma si tratterebbe di misure che il popolo greco non sarebbe in grado di sopportare. Ha scritto nei giorni scorsi l'arcivescovo Ieronymos in una lettera indirizzata a Papademos e riportata dal Manifesto: “i senzatetto (aumentati del 25% negli ultimi due anni, ndr) e perfino la fame - che avevamo sperimentato durante la Seconda guerra mondiale - hanno raggiunto livelli da incubo: la pazienza dei greci sta finendo, lasciando spazio a un senso di rabbia: il pericolo di un'esplosione sociale non può essere più ignorato”.
Intanto, temendo il default, anche i creditori privati spingono in queste ore per la ricerca di un accordo con il governo greco che vincoli lo stato al pagamento del debito (attualmente circa il 95 per cento del debito greco è stilato sotto la legge greca, dunque in caso di default sarebbe il parlamento a decidere come trattarlo).
Il governo Papademos si trova schiacciato fra le diverse pressioni della troika finanziaria, dei partiti politici in odore di campagna elettorale, dei creditori privati in cerca di garanzie. L'unica volontà che sembra non essere neppure presa in considerazione è quella di un popolo affamato, stordito, scosso, alla disperata ricerca di sicurezze.
E se in Grecia la situazione sociale è giunta all'estremo, l'Europa ha preparato un pacchetto che rischia di dare il colpo di grazia anche ad altri paesi. È stato approvato pochi giorni fa il Fiscal Compact, il nuovo patto di stabilità finanziaria europea tanto caro alla Germania. A partire dal 2013 gli stati membri dell'unione saranno obbligati al pareggio di bilancio, alla riduzione del debito del 5 per cento annuo, a far lavorare in attivo le proprie aziende pubbliche.
Queste imposizioni, applicate in periodo di recessione economica, significano irrimediabilmente altri tagli, enormi, alla spesa pubblica, ai servizi offerti ai cittadini, all'assistenza sanitaria ed allo stato sociale in generale. Significano un nuovo, consistente, furto di diritti fondamentali. L'ennesimo, probabilmente neanche l'ultimo e la gente non ce la fa più.



La domanda che viene dal cuore è ormai una sola..... ma chi è veramente interessato al bene dei cittadini?  La risposta cercatela nei portafogli di chi ha il potere! Comunque restiamo ottimisti perchè il denaro per pochi (il male) perde sempre contro il cuore e l'azione pacifica di molti (il bene). Non resta che CREDERCI!!!!!!!!

1 commento:

  1. Quasi come in Italia, anche in Grecia a pagare il prezzo delle dure imposizioni europee è la gente, tanti cittadini che non hanno, a mio parere, colpe dirette per la situazione che si è creata. In primo luogo, sono responsabili i vari governi greci degli ultimi anni, in particolare quello in carica quando la Grecia entrò nell'euro. La verità, da tutti ormai conosciuta, è che il governo greco truccò i conti per dichiarare di avere i parametri in regola per entrare nell'euro. I tedeschi, quando lo seppero, criticarono molto i greci. Una copertina della rivista tedesca Focus del 2010 aveva questo titolo: Der Betruger (l'imbroglione). La Venere di Milo, oppotunamente modificata, mostrava il dito medio, ad indicare che i greci avevano fregato l'Europa falsificando la loro situazione economica. Ne nacque una polemica tra i due paesi, con i greci che pretendevano le scuse ufficiali per quella offesa e chiedevano di essere rimborsati dai tedeschi per i furti e i danni subiti durante la secona guerra mondiale. Ma non si possono certo difendere a priori le ragioni europee: chi controllava che i parametri greci fossero in ordine? Non se ne accorsero davvero o chiusero un occhio perchè, in fondo, all'Europa dei Grandi conveniva che la piccola e fragile Grecia entrasse nell'euro e fosse facile vittima delle economie forti di altri paesi europei. E' solo un sospetto, questo, ma qualcuno lo ha sollevato. O forse i parametri europei dovevano comunque essere più protettivi per le economie meno forti che entravano nell'euro (quindi questo riguarda anche l'Italia)? La Grecia, molto meno ricca e produttiva dell'Italia ha comunque vissuto per anni al di sopra delle proprie possibilità economiche: stipendi alti e produttività bassa, orari di lavoro limitati e pensionamenti a 50 anni (per lo meno nel settore pubblico). Dovevano essere i governi greci a dire che così il paese non sarebbe potuto andare lontano, nè tantomeno entrare nell'euro. Ora l'Europa impone il pareggio dei bilanci e condiziona la concessione di prestiti a politiche interne insostenibili. La Grecia andrà in default, dicono molti osservatori, non restituirà mai i fondi che ha avuto. Si dovrà accettarlo e trovare altre soluzioni. Questo vale, forse, anche per altri paesi, come l'Italia, che rischiano il default (erano i PIGGS del 2010)e i provvedimenti dei governi hanno già notevolmente approfondito la recessione e la disoccupazione. In un momento di recessione e di crisi economica non sarebbe il caso di imporre la questione del pareggio di bilancio, ma di salvare l'esistenza dei cittadini, decidere misure protettive contro l'aggressione delle economie non europee emergenti, impedire la delocalizzazione delle aziende, porre fine alla falsa ideologia della "buona globalizzazione" e tentare di riavviare in qualche modo la produttività e l'economia dei paesi europei in difficoltà. Un altro falso mito andrebbe bruciato, quella della "crescita infinita": una tesi del tutto illogica, se non altro perchè va in contraddizione con un dato di fatto, le risorse "finite" del nostro pianeta. E poi: porre fine ai "giochi finanziari" basati su ricchezze non reali.

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