mercoledì 16 luglio 2014

Salvatore Borsellino: “Mancino chiese a mio fratello di fermare le indagini sulla strage di Capaci”

nicola mancino-Redazione- «Ritengo che quel 1° luglio 1992, quando ci fu l’incontro traNicola Mancino ePaolo Borsellino, mio fratello sia venuto al corrente della trattativa Stato-mafia. Non posso che intuirlo: Paolo parla con il ministro dell’Interno e questi gli dice che deve fermare le sue indagini sugli assassini di Giovanni Falconeperché lo Stato sta trattando con la mafia». 
È questa una delle frasi choc di Salvatore Borsellino, pronunciata durante un convegno sulla legalità ad Andria, presso l’auditorium della parrocchia del Santissimo Sacramento.
L’incontro è promosso dalla Casa accoglienza Santa Maria Goretti e vi partecipa anche Saverio Masi, uno dei carabinieri della scorta del pm palermitano Antonino Di Matteo.
Il leader del movimento delle «Agende rosse» parla per oltre un’ora e accusa Mancino di essere il principale protagonista della morte del fratello.
Frasi durissime: «Come pensate possa aver reagito Paolo» domanda retorico Salvatore Borsellino «di fronte a un rappresentante dello Stato che gli dice che deve fermare le indagini sull’assassinio di Falcone perché lo Stato sta trattando con l’anti-Stato? Paolo deve aver avuto una reazione così violenta, così assoluta, così terribile. Avrà minacciato anche di rivelare tutto all’opinione pubblica, avrà minacciato di perseguirla come reato. A quel punto non esisteva che una possibilità: eliminarlo. Eliminarlo in fretta».
Il fratello del giudice, insomma, non ha dubbi: il senatore Mancino è stato uno dei principali responsabili della strage di via D’Amelio.
Il fratello di Paolo Borsellino accusa  Mancino: «Perché nega quell’incontro, se non ha qualcosa che gli pesa sulla coscienza? Sempre che abbia una coscienza quest’uomo! Paolo sa e deve morire. La mafia lo aveva condannato a morte, ma non l’avrebbe ucciso solamente dopo 57 giorni dall’uccisione di Falcone. La mafia non fa mai omicidi così importanti a scadenza così riavvicinata. Ma portare avanti quella trattativa non sarebbe stato possibile con Paolo in vita. Così è stato sacrificato, insieme ai ragazzi della sua scorta».
Il senatore Mancino, attraverso i suoi difensori Massimo Krogh e Nicoletta Piergentili Piromallo, non fa che ribadire una versione ritrita: «In occasione del mio insediamento ci fu una grande affluenza di persone che venivano a congratularsi e a cui strinsi la mano. Verosimilmente, strinsi anche la mano a  Paolo Borsellino con qualche convenevole di rito. Ma sicuramente in quella confusione non affrontammo nessun argomento di rilievo politico, d’altra parte inadatto a quella sede. Anche il giudice che lo accompagnava, dr. Aliquò, ha dichiarato ai pubblici ministeri di Palermo e di Caltanissetta che non ci fu nessun colloquio, ma solo una stretta di mano».

http://www.articolotre.com/2014/07/salvatore-borsellino-mancino-chiese-a-mio-fratello-di-fermare-le-indagini-sulla-strage-di-capaci/

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