1. SIETE RIMASTI DELUSI DAL MUNDIALAZO DI PRANDELLI E BALOTELLI, INDIFFERENTI ALLA VITTORIA DEI CRUCCHI, SCHIFATI DELLE VOMITATE DI MESSI, SCIOCCATI DAL BRASILE DEI BROCCHI, BASITI PER I MORSI DI SUAREZ? BE’, CONSOLATE IL VOSTRO SPIRITO CON LE STRAORDINARIE ED EPICHE AVVENTURE DEL SICULO VINCENZO NIBALI AL TOUR DE FRANCE - 2. RIECCO UN PANTANI PER FARCI SOGNARE LO SPORT PIÙ FATICOSO E GLORIOSO E STOICO - 3. ORA È SOLO NIBALI L’UOMO IN MAGLIA GIALLA DA BATTERE. NESSUNO RICORDA UN TOUR IN CUI NEI PRIMI DIECI GIORNI I DUE PRINCIPALI FAVORITI SONO MESSI FUORI DALLE CADUTE. TRE PER FROOME, A CONTADOR NE È BASTATA UNA, DOPO UN SORPASSO IMPOSSIBILE, PROVOCATA, SEMBRA, DA UNA BUCA NELL’ASFALTO CHE GLI HA FATTO PERDERE L’EQUILIBRIO -
Gianni Mura per "la Repubblica"
Il tour ha molte facce. Quassù, almeno due, opposte. La faccia solare è Nibali che stacca tutti e vince col pollice in bocca: vittoria dedicata a Emma, la sua bimba. La seconda è nera, nerissima per Alberto Contador: alle 15.57, a una settantina di km dall’arrivo, è costretto al ritiro. E’ caduto lungo la discesa del Platzerwasel, mentre il gruppo viaggiava sui 70 all’ora. «Alberto ce l’avevo a ruota», dice Nibali. «Mi ha passato con Bennati e dopo un attimo l’ho visto cadere proprio di brutto».
Molto di brutto, ma cerca di rialzarsi, perde sangue dal ginocchio destro, glielo medicano, prova a risalire in bicicletta, non ci riesce, prima deve cambiare le scarpe, una si è rotta. In tutto passano quattro minuti.
Il gruppo rallenta, la Lotto e la Astana smettono di tirare. Nibali parla con Porte e con la sua ammiraglia. E poi il gruppo ripiglia velocità. Anche perché davanti c’è una fuga con Kwiatkowski e Visconti che ha oltre 4’ di vantaggio. Nibali e gli altri non fanno che rispettare la legge del gruppo in caso di caduta. Si rallenta, ma non ci si ferma. E non servirebbe comunque.
Perché, dopo aver stoicamente provato a pedalare, ma non riuscendo a stare sulle ruote di Roche e Bennati, Contador sterza a destra sul ciglio fradicio della strada e si ferma. Solo adesso piange, salendo sull’ammiraglia. Prima no, dopo la botta e durante la medicazione aveva stretto i denti, da quel campione che è. Ma aprendo la portiera e sedendosi davanti, al fianco di Riis, dà sfogo al dolore, e ancora gli deve arrivare un’altra tegola. Le lastre evidenzieranno una frattura alla tibia. Intervento chirurgico, Vuelta fortemente a rischio, stagione maledetta.
Parlo con i suiveurs più anziani di me, non molti in verità, ma nessuno ricorda un Tour in cui nei primi dieci giorni i due principali favoriti sono messi fuori dalle cadute. Tre per Froome, a Contador ne è bastata una. Provocata, sembra, da una buca nell’asfalto che gli ha fatto perdere l’equilibrio.
Ancora Nibali: «Sono addolorato per Alberto, sono caduto tante volte anch’io e so che le cadute fanno parte del mestiere. Con questo tempaccio, i rischi aumentano». Un collega spagnolo gli fa la domanda che tutti avevamo già in testa: Vincenzo, non hai paura che alla fine la gente dica che hai vinto il Tour perché sono spariti Froome e Contador?
Risposta pronta: «Anche oggi ho dimostrato che con Alberto ero in grado di lottare e sarebbe stato un bel duello. Non posso dire chi dei due avrebbe vinto, ma bisogna anche ricordare che avevo due minuti e mezzo di vantaggio. E anche senza due campioni come lui e Froome, un’eventuale vittoria dovrò sudarmela perché con gente come Porte e Valverde non c’è da scherzare».
Vero, ma è una coppia di calibro di inferiore. Piuttosto, parliamo di quello che ha fatto Nibali. Ha attaccato a 2,5 km dall’arrivo, nel tratto più duro. Ha raggiunto Purito Rodriguez, ultimo superstite di una fuga mattutina, ci ha scambiato due parole, ha capito che non avrebbe potuto fargli omaggio della tappa (Purito è un amico) e ha tirato dritto. Ha fatto bene.
E’ arrivato con 15” su Pinot, 20” su Valverde e Peraud, 22” sul giovane Bardet, il più interessante della nouvelle vague francese, e Van Garderen, 25” su Porte. Sforzo superiore al bottino. Ecco perché questa vittoria ha un peso più politico e morale che strettamente atletico.
Ho già detto che Nibali mi piace, e piace sempre di più ai francesi, per il gusto del gesto significativo. Le panache, appunto. Al posto di Vincenzo un ragionieretto delle due ruote si sarebbe risparmiato la fatica supplementare. Ragionamento da ragionieretto: Contador, poverino, è sparito. Gallopin è scoppiato. Mi riprendo la maglia gialla e amen.
Ma Vincenzo non è un ragioniere, anche se temo che sarà obbligato a diventarlo. Vincenzo vuole vincere la tappa per picchiare il classico pugno sul tavolo e anche, penso, per esorcizzare il fresco ricordo di Contador che gli cade a due metri di distanza, come a pochissima distanza gli era caduto Talansky giorni fa.
Fin qui, Nibali è stato bravo ad attaccare e bravo a non cadere. Ammette di avere avuto i brividi dopo la caduta di Contador: «Questione di centimetri, e col suo Tour poteva finire anche il mio».
L’uscita di scena del rivale più forte in teoria aumenta le possibilità di vittoria finale per Nibali. Ma strada è un’altra faccenda. Ora è solo Nibali l’uomo da battere, e la Astana la squadra da sfiancare per isolarne il capitano. Ieri la squadra ha risposto bene, e benissimo Scarponi nonostante una caduta in discesa ma con atterraggio sul morbido. Ci sono quattro francesi nei primi otto, con Gallopin di passaggio e Rolland rotolato indietro. Per Nibali cambia la strategia, non dovrà inventarsi azioni a sorpresa contro Froome e Contador.
Correrà contro le loro ombre. Affezionato, s’è visto anche ieri, alla corsa d’attacco, sarà chiamato a una corsa di controllo, di gestione, se non proprio di difesa. Ovviamente non è colpa sua se Froome e Contador sono andati a casa per una caduta. E se queste assenze lo avvantaggiano fino a un certo punto, perché adesso è come obbligato a vincere. Perché accolto come il terzo uomo, dopo dieci giorni è il primo uomo e, teniamo a mente anche questo, non si è certo risparmiato né a Sheffield, né sul pavé di Arenberg né ieri.
Per questo, pur sapendo che dall’ammiraglia lo incoraggeranno a essere un ragioniere, mi piace pensare che qualche altra illuminazione lo visiti e lo attraversi, e che faccia luce, brilli come il giallo della sua maglia. Con un pessimo neologismo, chiedo a Vincenzo di essere un raggioniere. Non dipende solo da lui, anche Porte per esempio si è ritrovato capitano dopo la caduta di Froome, e non ha la più pallida idea di dove potrà arrivare.
Valverde ha grandi ambizioni, ma in genere abbassa la cresta nell’ultima settimana. A occhio, pensando alle Alpi mi sa che Nibali dovrà fare particolare attenzione alle mosse della nouvelle vague che gioca in casa. E comunque, in una corsa così indirizzata dal caso, oltreché dai grandi colpi di Nibali, c’è da aspettarsi ancora molto.
2. CONTADOR VOLA PER TERRA DOPO IL SORPASSO IMPOSSIBILE
Marco Bonarrigo per “il Corriere della Sera”
Possibili trionfi e pesanti tonfi: nel ciclismo sono due eventualità separate da spazi ridottissimi. Ieri Alberto Contador, dopo 64 chilometri di gara e a 64 chilometri all’ora di velocità, ha deciso di infilarsi nei quindici centimetri di asfalto che separavano Vincenzo Nibali dal ciglio della strada.
Il siciliano racconta il sorpasso così: «Velocità alta, asfalto brutto. Contador mi ha passato all’interno, rapidissimo, e poi ha superato a destra anche Bennati che mi precedeva. Io mi sono irrigidito: spazio ce n’era davvero poco.
All’improvviso Alberto è volato via e io per un lunghissimo secondo ho pensato che il mio Tour finisse lì. La sua bici ha cambiato direzione un attimo prima di colpirmi. Mi è andata di lusso».
Niente lussi per Alberto Contador: tibia fratturata, stagione finita. Lo spagnolo si è comunque rialzato, si è fatto medicare e, con l’osso più importante per chi pedala in frantumi, ha resistito ben quindici chilometri prima di accettare il suo destino. La sfida degli infortunati con l’arcirivale Chris Froome, almeno quella, l’ha vinta lui: ad Arenberg, dopo essere caduto, l’inglese salì diretto sull’ammiraglia, senza nemmeno togliersi il casco. Contador invece ci ha provato fino a quando il dolore è diventato insopportabile.
In un ciclismo sempre più governato da algoritmi, la sfortuna è considerata l’ultima variabile totalmente indipendente.
In un ciclismo sempre più governato da algoritmi, la sfortuna è considerata l’ultima variabile totalmente indipendente.
È vero solo fino a un certo punto. Nibali è stato fortunato a evitare la bici impazzita di Contador e lo stellone ha protetto anche il suo fedelissimo Michele Scarponi, ottanta chilometri dopo, quando questi si è rialzato pimpante dopo un salto mortale addosso a uno spettatore.
Ma l’immancabile scienziato di turno, in questo caso l’epidemiologo australiano Cameron Gosling, ha dimostrato quanto pesi l’incidenza di condizioni fisiche precarie e «stress da risultato» sugli infortuni di un ciclista anche di alto livello, in particolare quando strada e meteo remano contro. Più stress, più rischi dice lo studio della Melbourne University.
Sostenere che Contador e Froome se la sono cercata è una bestemmia. Ma se diciamo che forma precaria e nevrosi hanno aumentato la loro esposizione ai rischi godiamo di un certo conforto della scienza. Contador è vittima di una fame di vittoria (non ha mai digerito le due stagioni di stop per il doping al clenbuterolo, che gli hanno scippato i suoi anni migliori) che l’ha portato ed estremizzare preparazione e di conseguenza tensione. Racconta Paolo Slongo, l’allenatore di Nibali, che nell’ultimo ritiro in altura prima del Tour, sulla cima del vulcano Teide, tra Froome (che con Sky ha brevettato la «maniacalizzazione» dell’allenamento) e Contador, il più estremista pareva di gran lunga il fuoriclasse spagnolo.
E adesso? Chi proverà a strappare la maglia gialla a Nibali? In classifica generale, alle spalle del siciliano, ci sono un gregario riciclatosi capitano per necessità, come l’australiano Richie Porte (a 2’23”), e un gran vincente di corse di un giorno (ma eterno perdente nei grandi giri) quale lo spagnolo Valverde, staccato di 2’47”. Oltre i tre minuti un terzetto di francesi (Bardet, Gallopin e Pinot) e più dietro ancora l’incompiuto americano Van Garderen, il cui distacco sfiora i quattro minuti. Esaurite le frasi di circostanza (il Tour de France è lungo, a tutti può capitare una giornata no…), l’idea è che gli inseguitori, per avvicinarsi a Nibali, debbano davvero inventarsi un numero da far saltare il banco.
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