mercoledì 10 luglio 2013

Finanziamento pubblico ai partiti, Enrico Letta preme, Pd diviso. I renziani: "Stavolta non ci adeguiamo"

Angela Mauro
Angela Mauro



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La riforma del finanziamento ai partiti deve procedere e se il ddl del governo si fermerà in Parlamento, Enrico Letta è pronto ad intervenire con un decreto. Il presidente del Consiglio lo ha detto in una intervista a Ballarò. "Sono convinto che andrà avanti e sono determinato a farlo andare avanti". Un decreto legge: "L'ho già preannunciato, se il tempo passerà senza che si riesca a riformare il finanziamento...".
In attesa di capire cosa succede al governo, anche per effetto degli infiniti guai giudiziari dell’alleato Silvio Berlusconi, in attesa di capire cosa sarà del congresso del Pd, comincia a delinearsi all’orizzonte un altro fronte di scontro tra i Dem. Non è un argomento nuovo, perché si tratta del finanziamento pubblico ai partiti. Ma la novità è che i nodi stanno per arrivare al pettine, soprattutto se si punta ad un’approvazione della nuova normativa entro l’estate, come lascia intendere il pressing arrivato da Palazzo Chigi, dove Enrico Letta è interessato a chiudere subito la partita per blindare il governo con un risultato concreto. In giornata, se n’è parlato in una riunione del gruppo Dem in commissione Affari Costituzionali, domani mercoledì 10 luglio ce ne sarà un’altra. Il tentativo è “trovare una posizione comune rispettando il testo varato dal consiglio dei ministri”, dice il capogruppo Emanuele Fiano. Ma i renziani - che sul tema hanno presentato una loro proposta di legge - sono sul piede di guerra e stavolta minacciano di non adeguarsi alle decisioni del gruppo se non soddisferanno la loro posizione favorevole all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.
“Non ci sarà un altro caso tipo quello sulla mozione Giachetti, presentata per spingere sulla reintroduzione del Mattarellum”. E’ l’allarme che i renziani lanciano in Transatlantico, tra di loro e con i cronisti, alla luce di una riunione della loro area in mattinata. Il riferimento è al testo che tanto rumore fece nei giorni in cui il governo portò in aula la mozione di maggioranza sulle riforme istituzionali. La mozione Giachetti fece molto discutere e fibrillare l’intesa Pd-Pdl, ma alla fine in aula fu votata solo dall’autore: i renziani, che pure la condividevano, si adeguarono alla decisione presa a maggioranza nel gruppo, proprio per non spaccare. Sul finanziamento pubblico ai partiti non succederà: “Potremmo votare contro - dice per esempio la renziana Lorenza Bonaccorsi in Transatlantico - Non pretendiamo l'approvazione della nostra proposta ma nemmeno il suo esatto contrario, cioè il mantenimento del sistema attuale". La renziana Maria Elena Boschi: "Personalmente sono favorevole alla cancellazione" dal ddl del governo "del meccanismo del due per mille" di donazione ai partiti. "Ma lo si può anche mantenere, purché non si stravolgano altre parti" del testo nel tentativo di "far rientrare dalla finestra i rimborsi elettorali ai partiti".
Il timore è che una parte del Pd lavori per "annacquare" il testo del governo, introducendo il cosiddetto “sistema canadese” (rimborsi a progetto) e aumentando i servizi che lo Stato offrirebbe ai partiti in cambio dell’abolizione del finanziamento pubblico. Fin da subito, contrari alla revisione del sistema sono stati l’ex tesoriere Ugo Sposetti e ll’attuale Antonio Misiani, perplessa una consistente fetta del Pd. “C’è una contraddizione tra l’abolizione del finanziamento e i gazebo in piazza – sussurrano dal Nazareno, per lanciare una frecciatina ai renziani – le primarie costano”. In commissione gli emendamenti verranno presentati entro lunedì. “Il lavoro dovrebbe concludersi entro il 25 luglio”, assicura Fiano, sicuro che “riusciremo a trovare una posizione prevalente che rispetti l’assetto del ddl governativo”. Non è così ottimista il renziano Dario Nardella: “Rischiamo il rinvio anche su questo tema...”.

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