sabato 16 marzo 2013

Le foto di Tina Modotti in mostra a Genova



Dalla Terra alla fine del Mondo, 30 scatti dal Messico


La foto di Tina Modotti che riprende una folla in MessicoLa foto di Tina Modotti che riprende una folla in Messico
Una donna messicana con la bandiera durante lo sciopero dei minatori, in Messico, nel 1928
Mani in primo piano nella foto di Tina Modotti
La locandini della mostra 'Tino Modotti: Un Nuovo Sguardo', al Palazzo Ducale di Genova
di Chiara Carenini
GENOVA - Fotografa, ma soprattutto rivoluzionaria, capace di tradurre in simbolo il segno impresso dal suo obbiettivo in una terra che già allora era 'alla fine del mondo'. E' questo che racconta la piccola mostra su Tina Modotti allestita a cura della Fondazione Casa America di Genova nello Spazio 42 Rosso di Palazzo Ducale, mostra inaugurata oggi che resterà aperta fino al 21 aprile.
Una trentina di fotografie in bianco e nero, una piccola parte della produzione della celebre fotografa udinese Tina Modotti, provenienti da Israele dove sono rimaste in mostra alcuni mesi, dimostrano la grande capacità e sensibilità della fotografa che nel XX secolo ha anticipato quel 'reportage sociale' che sarà anni dopo patrimonio di Robert Capa e David Seymour. Immagini scolpite sulla carta fotografica di mani che lavorano, appoggiate al manico di una vanga o intrecciate ai fili delle Titeres (il meccanismo di manovra dei burattini), mani che portano la bandiera ma anche i cento sombreros dei Campesinos che, assieme all'immagine del grande cappello con il martello e la falce appoggiati sopra, sono diventati il simbolo stesso del comunismo e delle lotte operaie. Modotti seppe guardare attraverso l'obbiettivo con una sensibilità tutta femminile anche quando alla donna si sovrapponeva la rivoluzionaria. C'é infatti un filo logico che dall'immagine del 'Mitin Campesino' porta alla 'Mujer con Bandera' o all'immagine di una 'Juchitecas', la donna che trasporta un pesante vaso sulle spalle la cui mano scolpita dal bianco/nero indica certo la fatica ma soprattutto la determinazione, l'orgoglio, la dignità del lavoro. Non è un caso che la mostra genovese si intitoli 'Tina Modotti: un nuovo sguardo' perché oltre l'iconografia post rivoluzionaria, in questi pochi scatti della produzione modottiana c'é la fusione dei due periodi (quello romantico e quello rivoluzionario, secondo la codificazione del fotografo Manuel Alvares Bravo) che aprono al vocabolario della lotta: l'ingiustizia della povertà, la dignità dei lavoratori, l'orgoglio degli indios in quella terra 'alla fine del mondo' che è l'America latina mescolati alla bellezza di due Alcatraces, di una madre che allatta un bambino, del viso a occhi bassi della stessa Modotti fotografata da Edward Weston.
(ANSA)

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