SPIRITO ASPRO
Il Quirinale è la collina da espugnare. Il nemico è passato. E dopo l'uveite a B non resta che «l'amore delle infermiere».
di Lia Celi
Che ne dite del nuovo Berlusconi in versione «Generale dietro la collina?». La citazione degregoriana ci sta: effettivamente Silvio con quegli occhialoni neri post-uveite sarebbe il più bell'ornamento di una Giunta militare sudamericana d'antan, forse anche più adatto di Cesare Previti, che 20 anni fa con i RayBan e dichiarazioni distensive come «Non faremo prigionieri» era spiccicato a uno di quei figuri con cui a suo tempo dovette misurarsi il Provinciale dei Gesuiti argentini Jorge Mario Bergoglio.
L'IRA DI ILDA. Ma la collina da espugnare per Berlusconi è il Colle più alto: «Se la sinistra lo occupa sarà battaglia», ha annunciato. Perché dietro la collina del Quirinale non ci sta la notte «crucca e assassina», ma peggio: la giudice «Boccassina», pronta a ghermire il Generalissimo Silvio non appena lo Stato dovesse allentare le guarentigie che finora gli hanno assicurato libertà, potere e ricchezza smisurata.
FIGLI E «CINQUANTENNI COME BAMBINE». Accipicchia, più leggi la canzone più hai l'impressione che il Principe nel 1978 l'abbia scritta proprio per lui. C'è quella «cinquantenne che sembra una bambina» in cui non si può non riconoscere Daniela Santanché, sempre in splendida forma nonostante gli anni; i «cinque figli», anche se affermare che sono «venuti al mondo come conigli» sarebbe far torto a entrambe le signore Berlusconi, Elvira e Veronica.
C'è una guerra giunta forse agli ultimi sussulti e un ultimo treno che passa per i soldati del Pdl - Cicchitto, Lupi, Gasparri e il resto del reggimento - e riporta tutti a casa «senza più pensare». Il che, visti i soggetti in questione, non sarebbe questa gran perdita.
«L'AMORE DELLE INFERMIERE». E tornare a casa sarebbe la scelta più giusta anche per il Cavaliere-Generale, i cui piaceri senili De Gregori ben 35 anni fa descriveva con impressionante precisione: «Torneremo ancora a cantare e a farci fare l'amore, l'amore dalle infermiere».
La guerra è finita, generale Berlusconi: «Il nemico è scappato, è vinto, è battuto». Sì, il suo partito ha la maggioranza in parlamento, ha conquistato fortunosamente la presidenza della Camera e del Senato e forse riceverà da Napolitano l'incarico per un nuovo governo, ma anche i suoi lo chiamano «Dead Man walking» e parla già di nuove primarie.
Dietro la collina non c'è più nessuno, e anche sulla nel palazzo del Quirinale c'è un inquilino che non vede l'ora di andarsene, malgrado sia molto preoccupato per le sorti del Paese.
LE MINACCE DEL GENERALISSIMO. Il Generalissimo minaccia di scatenare l'inferno se alla presidenza della Repubblica non andrà un moderato. Il problema è che prima bisogna prendere il moderato. Soprattutto prima che si autodistrugga, triste e inevitabile destino dei moderati italiani, da Mario Segni a Mario Monti.
LA MODERATOFOBIA ITALICA. La fine della Dc si è lasciata dietro una diffusa moderatofobia contro la quale non c'è legge né pubblicità progresso che tenga: in una prospettiva politica a lungo termine, in Italia è meno controproducente dichiararsi gay che moderato.
L'unico vero moderato in circolazione, Matteo Renzi, è abbastanza intelligente da non pronunciare la parola «moderato» nemmeno quando è da solo in bagno, e questo spiega perché non abbia ancora fatto una fine ingloriosa.
Eh sì, dietro la collina più alta sono rimasti solo «funghi buoni da seccare e buoni da mangiare», come canta De Gregori. Ma potrebbero anche essere velenosi. Pochi metri in linea d'aria da lì, quasi 2 mila anni fa, un imperatore morì avvelenato da un piatto di funghi.
LA CORTE DEL CAPO. Il Generalissimo Silvio ha il cuoco personale e Michela Brambilla gli fornisce a getto continuo appositi cagnolini assaggiatori fiuta-veleno: i funghi tossici li passa ad Alessandro Sallusti e Giuliano Ferrara, che li trasformano in articoli e corsivi velenosi sui loro giornali contro questo o quel candidato sgradito.
LA MALEDIZIONE DELLE 5 STELLE. Nell'ultima strofa, i versi più stupefacenti di tutta la canzone: «Generale, queste cinque stelle, queste cinque lacrime sulla mia pelle, che senso hanno dentro al rumore di questo treno?».
È la grande domanda che oggi ci facciamo tutti, sia chi i 5 stelle li ha votati sia chi non si è fidato. Il treno-Paese, mezzo vuoto di soldi e mezzo pieno di evasori fiscali, sferraglia senza conducente verso ignota e inquietante destinazione, come la locomotiva nel finale della «Bestia umana» di Zola: i grillini sono a bordo per collaborare al salvataggio del convoglio o per saltare giù per non sporcarsi le mani, come sembrano volere Grillo e Casaleggio?
IL TRENO È AL CAPOLINEA. Forse l'unico a non chiederselo è proprio il Generale Silvio. Perché dentro di lui lo sa, la sua guerra è comunque finita e il suo treno è al capolinea, Quirinale o non Quirinale, processi o non processi.
Tra due minuti è quasi giorno, è quasi casa, è quasi amore. Tanto basterebbe perché Berlusconi si convincesse ad archiviare Mariano Apicella e ad adottare l'autore diGenerale come cantante di riferimento. Ma disgraziatamente per lui De Gregori e De Gregorio sono la stessa persona.
L'IRA DI ILDA. Ma la collina da espugnare per Berlusconi è il Colle più alto: «Se la sinistra lo occupa sarà battaglia», ha annunciato. Perché dietro la collina del Quirinale non ci sta la notte «crucca e assassina», ma peggio: la giudice «Boccassina», pronta a ghermire il Generalissimo Silvio non appena lo Stato dovesse allentare le guarentigie che finora gli hanno assicurato libertà, potere e ricchezza smisurata.
FIGLI E «CINQUANTENNI COME BAMBINE». Accipicchia, più leggi la canzone più hai l'impressione che il Principe nel 1978 l'abbia scritta proprio per lui. C'è quella «cinquantenne che sembra una bambina» in cui non si può non riconoscere Daniela Santanché, sempre in splendida forma nonostante gli anni; i «cinque figli», anche se affermare che sono «venuti al mondo come conigli» sarebbe far torto a entrambe le signore Berlusconi, Elvira e Veronica.
C'è una guerra giunta forse agli ultimi sussulti e un ultimo treno che passa per i soldati del Pdl - Cicchitto, Lupi, Gasparri e il resto del reggimento - e riporta tutti a casa «senza più pensare». Il che, visti i soggetti in questione, non sarebbe questa gran perdita.
«L'AMORE DELLE INFERMIERE». E tornare a casa sarebbe la scelta più giusta anche per il Cavaliere-Generale, i cui piaceri senili De Gregori ben 35 anni fa descriveva con impressionante precisione: «Torneremo ancora a cantare e a farci fare l'amore, l'amore dalle infermiere».
La guerra è finita, generale Berlusconi: «Il nemico è scappato, è vinto, è battuto». Sì, il suo partito ha la maggioranza in parlamento, ha conquistato fortunosamente la presidenza della Camera e del Senato e forse riceverà da Napolitano l'incarico per un nuovo governo, ma anche i suoi lo chiamano «Dead Man walking» e parla già di nuove primarie.
Dietro la collina non c'è più nessuno, e anche sulla nel palazzo del Quirinale c'è un inquilino che non vede l'ora di andarsene, malgrado sia molto preoccupato per le sorti del Paese.
LE MINACCE DEL GENERALISSIMO. Il Generalissimo minaccia di scatenare l'inferno se alla presidenza della Repubblica non andrà un moderato. Il problema è che prima bisogna prendere il moderato. Soprattutto prima che si autodistrugga, triste e inevitabile destino dei moderati italiani, da Mario Segni a Mario Monti.
LA MODERATOFOBIA ITALICA. La fine della Dc si è lasciata dietro una diffusa moderatofobia contro la quale non c'è legge né pubblicità progresso che tenga: in una prospettiva politica a lungo termine, in Italia è meno controproducente dichiararsi gay che moderato.
L'unico vero moderato in circolazione, Matteo Renzi, è abbastanza intelligente da non pronunciare la parola «moderato» nemmeno quando è da solo in bagno, e questo spiega perché non abbia ancora fatto una fine ingloriosa.
Eh sì, dietro la collina più alta sono rimasti solo «funghi buoni da seccare e buoni da mangiare», come canta De Gregori. Ma potrebbero anche essere velenosi. Pochi metri in linea d'aria da lì, quasi 2 mila anni fa, un imperatore morì avvelenato da un piatto di funghi.
LA CORTE DEL CAPO. Il Generalissimo Silvio ha il cuoco personale e Michela Brambilla gli fornisce a getto continuo appositi cagnolini assaggiatori fiuta-veleno: i funghi tossici li passa ad Alessandro Sallusti e Giuliano Ferrara, che li trasformano in articoli e corsivi velenosi sui loro giornali contro questo o quel candidato sgradito.
LA MALEDIZIONE DELLE 5 STELLE. Nell'ultima strofa, i versi più stupefacenti di tutta la canzone: «Generale, queste cinque stelle, queste cinque lacrime sulla mia pelle, che senso hanno dentro al rumore di questo treno?».
È la grande domanda che oggi ci facciamo tutti, sia chi i 5 stelle li ha votati sia chi non si è fidato. Il treno-Paese, mezzo vuoto di soldi e mezzo pieno di evasori fiscali, sferraglia senza conducente verso ignota e inquietante destinazione, come la locomotiva nel finale della «Bestia umana» di Zola: i grillini sono a bordo per collaborare al salvataggio del convoglio o per saltare giù per non sporcarsi le mani, come sembrano volere Grillo e Casaleggio?
IL TRENO È AL CAPOLINEA. Forse l'unico a non chiederselo è proprio il Generale Silvio. Perché dentro di lui lo sa, la sua guerra è comunque finita e il suo treno è al capolinea, Quirinale o non Quirinale, processi o non processi.
Tra due minuti è quasi giorno, è quasi casa, è quasi amore. Tanto basterebbe perché Berlusconi si convincesse ad archiviare Mariano Apicella e ad adottare l'autore diGenerale come cantante di riferimento. Ma disgraziatamente per lui De Gregori e De Gregorio sono la stessa persona.
Martedì, 19 Marzo 2013
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