mercoledì 12 settembre 2012

Il Paese dei Balocchi


 

Che l’euro si stia rivelando una iattura non c’è bisogno di sentircelo dire dagli economisti, lo constatiamo ogni giorno dal 2002 nella diminuzione costante del potere d’acquisto dei nostri salari, nell’insostenibile pressione fiscale e nel nostro lavoro che evapora insieme alle aziende che chiudono o emigrano.
Persino la Slovenia che l’ha adottato 5 anni fa, ora è sull’orlo della bancarotta. Non sarà la panacea il ritorno alla lira, non risolverà certo le storture ataviche del nostro paese, ma qualcosa bisognerà pur fare prima di finire tutti in mutande e ritornare ad essere un paese d’emigranti con le valigie di cartone. Soprattutto ci dovremmo riappropriare della possibilità di decidere in casa nostra e non subire più passivamente le decisioni prese altrove da élite tecnocratiche allevate dalla grande finanza e non elette da nessuno.
L’euro sta distruggendo progressivamente il tessuto industriale italiano insieme ai diritti conquistati con le lotte per l’emancipazione economica e sociale delle classi subalterne nel dopoguerra.
Fiumi di denaro virtuale rimbalzano tra la BCE e le grandi banche, senza che una sola goccia giunga all’economia reale in recessione e alla gente in difficoltà. Ciononostante ci viene chiesto di ripagare interessi sempre più alti, imponendo sacrifici e austerità alla popolazione accusata di aver dilapidato ciò che non ha mai posseduto, di aver vissuto “al di sopra dei propri mezzi”.
Quest’Europa assomiglia sempre più al Paese dei Balocchi di Pinocchio, da cui occorre fuggire prima di essere trasformati tutti in somari per essere usati nei lavori pesanti.

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