sabato 17 settembre 2022

Giuseppe Jona



Si uccise per non consegnare le liste di ebrei veneziani. Giuseppe Jona, medico italiano di origine ebraica oggi purtroppo poco conosciuto, sapeva di non poter resistere a lungo alle pressioni della Gestapo. Così prima bruciò i registri, poi si tolse la vita.


Era un medico di grande prestigio, ma noto anche per essere “medico dei poveri”, perché a Venezia aveva fondato un ambulatorio dove curava chi non aveva niente. Ed era un patriota che durante la Grande Guerra si era dimostrato instancabile negli ospedali da campo pieni di feriti italiani. Poi, nel dopoguerra, con le leggi razziali l’Italia che aveva servito gli strappò via ogni diritto, radiandolo dall’Istituto dove aveva lavorato e depennandolo dall’albo dei medici, in quanto ebreo.  


Dato il suo prestigio, nel 1940 pur non essendo praticante, si fece carico di guidare la comunità ebraica. Per tre anni protesse gli ebrei di Venezia e dopo l’8 settembre non volle fuggire.


Il 14 settembre redasse testamento e lasciò gran parte dei suoi averi per opere di carità. Tre giorni dopo, si uccise dopo aver bruciato i registri affinché i nazisti non trovassero niente.


Non potendo esserci un funerale pubblico, i gondolieri poveri che aveva aiutato nel suo ambulatorio fecero una processione silenziosa in suo nome, dandogli così il loro addio. 


In questi giorni si è parlato di cosa significasse la Resistenza, l’Italia liberata. 


Tra le tante cose che significa, c’è la memoria di uomini come Giuseppe Jona e dei molti altri che per proteggere altri italiani dalla furia nazifascista hanno dato la vita.

Leonardo Cecchi

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