Quello che sta accadendo al confine tra Bosnia e Croazia lo sappiamo tutti.
Migliaia di persone sono intrappolate dall’inverno, in condizioni al limite dell’umanità.
Uomini, donne, bambini, sono bloccati da mesi in sistemazioni di fortuna.
Ogni giorno tentano di superare la frontiera, per attraversare la Croazia, per andare in Europa a cercare fortuna, per ricongiungersi con la propria famiglia.
La polizia croata non ha scrupoli e neppure pietà. I sistemi che usano sono brutali.
Le organizzazioni umanitarie, giunte sul posto per verificare quanto sta accadendo, hanno trovato una situazione peggiore rispetto a quella che si aspettavano.
I profughi vivono in tende di fortuna, senza riscaldamento, senza acqua corrente, né calda, né fredda, senza vestiti adeguati, senza scarpe, con poco cibo.
La polizia di confine usa metodi da lager.
Il 3 gennaio 2021 due ragazzini pachistani sono stati fatti spogliare dai poliziotti croati, che li avevano fermati durante un tentativo di passaggio.
Via le giacche, le scarpe e anche le calze.
Poi li hanno costretti a tornare indietro.
Chiunque provi a passare il confine viene torturato, fotografato come un trofeo, deriso picchiato, bastonato e qualche volta marchiato.
Tutto questo avviene in un bosco, teatro ormai da anni di questa situazione divenuta insostenibile.
E forse quel bosco, in primavera, restituirà qualche corpo.
Vi vorrei raccontare una storia per ricordarci tutti insieme, che è facile giudicare una situazione quando non ci si trova coinvolti. Questa è la storia di Alí.
Ali è stato soprannominato il pazzo, ma prima di tentare di superare il confine, non era affatto pazzo.
Ha tentato il “gioco” una… due… tre… quattro… cinque… se… sette volte. L’ultima, la polizia croata gli ha preso le scarpe e, ridendo, lo ha fatto tornare indietro.
Durante il ritorno, mentre camminava nella neve, ha visto staccarsi le falangi delle dita dei piedi una dopo l’altra…
La necrosi, causata dal congelamento, gli é salita alle caviglie.
É stato soccorso dai proprietari di un ristorante di Velika Kladusa.
Cercava di raggiungere il figlio in Germania.
Sognava di salire su un aereo, di riabbracciare, di cominciare una nuova vita.
«Salirò su un aereo, andrò in Germania, staremo insieme», ripeteva continuamente.
I medici gli hanno comunicato che avrebbero dovuto amputargli i piedi, ma lui si opponeva. Quando le sue condizioni di salute sono peggiorate, l’ospedale è riuscito a rintracciare suo fratello in un sobborgo di Tunisi, che ha firmato immediatamente l’autorizzazione all’operazione chirurgica. Purtroppo era troppo tardi.
Alí il pazzo non il pazzo non ce l’ha fatta.
Il suo resterà solo un sogno, mentre il rigido inverno tra Bosnia e Croazia si porterà via altri invisibili.
Articolo di Rosella Reali
https://www.viaggiatoriignoranti.it/2021/05/lorrore-nel-bosco-tra-bosnia-e-croazia.html
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