Come si racconta una guerra se a farla sei tu.
Quando la NATO bombardò incessantemente la Serbia per 78 giorni, non vi furono tregue, corridoi umanitari, accoglienza per i profughi, appelli di pace, visite di primi ministri in treno (impossibile anche perché praticamente tutte le ferrovie, i ponti e le stazioni furono distrutte), copertura mediatica no stop in difesa del popolo serbo. Nulla.
Autocelebrazione, titoloni sul perché era giusta la guerra, articoli sulla cattiveria dei serbi (tutti nessuno escluso), sulla bontà dell'UCK e dei nazionalisti albanesi e kosovari. Questo ci fu.
Sebbene nessuno neghi le responsabilità dei serbi e gli errori di Milosevic, la distruzione che abbiamo portato in Serbia non ha eguali. La cosiddetta e decantata "superiorità democratica" occidentale non si è mai vista in quei 78 giorni.
Le nostre guerre sono differenti, anche nel raccontarle.
Non si è vista nemmeno quando dal 1989 in poi abbiamo fatto di tutto per smembrare e disossare la Jugoslavia, cominciando dall'immediato e quantomeno affrettato riconoscimento dell'indipendenza di Slovenia e Croazia, senza alcun dialogo con il governo jugoslavo e senza tenere conto minimamente delle conseguenze che le azioni intrraprese potevano comportare.
Trattiamo il mondo come se fosse nostro, di esclusiva competenza occidentale e che ogni nostra azione non possa essere contestata da nessuno.
È un atteggiamento imperiale, quasi da assolutismo monarchico. Probabilmente se dovessimo incarnare tutto l'occidente in una persona, questa sarebbe un Luigi XIV che escalama "il Mondo sono io".
Nicolò Monti
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