mercoledì 15 settembre 2021

L'ultima intervista a Lucia Bosé

 


L'ULTIMA INTERVISTA A LUCIA BOSÈ


Se avesse 18 anni oggi con chi le piacerebbe fare cinema?


Non mi piacerebbe affatto. Oggi fanno tutto i manager, io avevo un rapporto diretto coi registi, andavamo tutti a mangiare insieme in via Frattina, mi mettevano la sceneggiatura tra le mani. Sul set di uno degli ultimi film, a un certo punto il regista mi dice: Ok, giriamo. E poi sparisce. Era andato nell’altra stanza a guardare la scena dal monitor. Ma la sua presenza è fondamentale, il regista è come una mamma. Io guardavo la Cavani e capivo se avevo fatto bene o male. Mi dava sicurezza. Un tempo il cinema era anche arte, adesso spesso è solo mestiere.


Il suo primo giorno se lo ricorda?


Mi sono messa davanti alla macchina da presa e ho subito capito: era un gioco di seduzione. Allora le ho parlato. Tu vuoi mangiarmi? O forse ti mangio io? Facciamo che io ti dò il 50 per cento della mia vita, il resto lo tengo per me.


Ecco, “il resto”. Il suo amico Piero Tosi diceva che lei conquistava gli uomini mettendosi al loro livello, era indipendente e libera. Poi, quella sera di dicembre del ‘54, in ambasciata a Madrid...


Ho conosciuto il torero. Era un Dio. Non puoi capire il carisma di quell’uomo. Mi ha rapito, come fece Zeus con Europa. Mi prese la mano e mi disse: "Sposiamoci". “Tu sei pazzo”, gli risposi. Non ci eravamo neanche baciati.


Ma dopo tre mesi lo sposò.


Avevo 25 anni e volevo una famiglia, dei figli. Ero ancora vergine perché ero circondata da amici gay che facevano scappare i corteggiatori, erano molto protettivi. Fu una passione travolgente e gli offrii la mia vita. A mia mamma scrissi un telegramma dopo le nozze: “Ho sposato un torero”. Risposta: “L’ho saputo dai giornali. Ma sei impazzita?”. Erano tutti arrabbiati. Antonioni mi disse: mi hai tradito con un torero”.


La considerava la sua musa, aveva pensato a lei per la trilogia dell’incomunicabilità


Non mi parlò per dieci anni.


Fu il grande amore?


No, il grande amore l’ho incontrato a 40 anni. Solo allora mi sono sentita una donna. Era italiano, non dirò mai il suo nome, è un segreto che porterò con me. Era malato di cancro e io non lo sapevo. Gli regalai un anno di vita. Meraviglioso. Mi spediva biglietti aerei e io lo raggiungevo dovunque. L’ultimo mese è stato amore puro: baci e abbracci, niente sesso. L’ho incontrato a Parigi, all’ambasciata spagnola. Di colpo qualcuno mi prese la mano e mi trascinò fuori. Mi lasciai portare....


Deve stare attenta lei nelle ambasciate...


(Scoppia a ridere, mentre si accende l’ennesima sigaretta). Sono terrorizzata. L’altra sera ero all’ambasciata spagnola qui a Roma e mi si è incollato addosso un arcivescovo spagnolo.


Ha messo le mani in tasca spero.


(ride, di gusto). Gli ho chiesto se dovevo baciargli l’anello invece è stato lui a baciarmi con molto trasporto. Sono scappata.


Lei ha avuto la tubercolosi e fuma?


Ma adesso sto benissimo. Senta, già mi sgrida Miguel che da quando è papà è diventato un noiosissimo salutista, non beve, non fuma e mi rompe le scatole. Il patto coi miei figli è: io non vi dico cosa dovete fare ma voi lasciate in pace me”.


È il suo figlio preferito, confessi...


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No, litighiamo sempre, abbiamo lo stesso carattere. Ma è un conquistatore come suo padre. Si è presentato con la testa al momento del parto. Non ha voluto abbassarla neanche quando è nato. E questo la dice lunga. E stato un parto difficilissimo. Quando è nata Lucia, non c’erano ginecologi, era il 19 agosto, tutti in vacanza. Ho chiamato il torero che è arrivato col suo medico personale e tutta la quadriglia. Io con le gambe aperte e davanti a me: il torero, il dottore, il banderillero, il picador e il mozo de espadas.


Quando si è sentita più bella?


Quando ero incinta. Mi sentivo piena di luce e forza. Le donne non hanno il coraggio di dirlo ma l’orgasmo più grande lo provi quando fai un figlio. Io l’ho avuto. Non con Miguel perché è nato col cesareo ma con Lucia e Paola sì. Nella fase espulsiva. È stato più di un orgasmo.


Come sta Miguel?


Bene, vive in Messico coi suoi bambini. A Natale vado sempre un mese da loro. Non sono una mamma dolce, ieri l’ho chiamato: “È da tre giorni che voglio dirti che ti voglio bene”. Silenzio. Poi, sbrigativo: “Ti passo i bambini”. Ha telefonato subito a su sorella Lucia: “La mamma non sta bene”.


Torniamo al suo matrimonio. Una prigione dorata. Suo marito era gelosissimo, maschilista e sciupafemmine.


I tradimenti erano giornalieri, anche con le mie amiche. Il 30 dicembre del ‘66 ho caricato i bambini in macchina e l’ho lasciato.


Fu un divorzio difficile.


Gli ho detto: tieniti i tuoi soldi ma voglio i figli. Se me li togli ti sparo. Ho caricato il fucile e la tata è svenuta. Il torero mi ha detto: va bene. Gli avrei sparato e lui lo sapeva, Mi ricordo di aver pensato: vado in prigione e scrivo la mia vita.


A Roma aveva lasciato tanti amici. Uno su tutti Luchino Visconti.


Era come un fratello. Mi ospitò per mesi nella villa in via Salaria quando mi ammalai. Un giorno scesi in salotto e mi ritrovai di fronte Marlon Brando, seduto per terra, appoggiato al divano. Una visione. A pranzo chiese a Visconti: “Questa ragazza è ancora vergine vero?”. E lui si arrabbiò: “Non si chiedono queste cose”. A me cadde il cucchiaio. Non capivo l’inglese ma sentivo il suo sguardo di traverso che mi spogliava.


La donna più bella che ha conosciuto.


Greta Garbo. Ero con Picasso e Cocteau. “Andiamo a trovare una muchacha del cinema”, mi dicono. Ed era lei, un’apparizione. Aveva 70 anni ma era luminosa, trasparente. divina. Non parlai più. L’altra è Ava Garder. una bellezza selvaggia, sempre scalza e struccata.


Com’erano i duchi di Windor?


Sembravano due robot, talmente erano perfetti. Si volevano bene. Lui era rimasto un ragazzino. Lei aveva qualcosa di misterioso, non la percepivo come una donna, quel corpo senza corpo, magrissimo. Poteva essere un travesti.


Marguerite Duras diresse lei e Jeanne Moreau in Nathalie Granger.


Che personaggio. Girammo il film a casa sua. Che era un disastro. Io e Jeanne facevamo il bucato e lei dirigeva, col metro in mano, un esercito di amici del partito comunista che le curavano l’orto: 10 centimetri più a destra, 10 a sinistra. Io dovevo dire solo “Le vent” per tutto il film ma non bastarono 40 ciak perché la pronuncia non andava mai bene. Jeanne poverina non parlava proprio. Quanto abbiamo riso.


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I capelli blu hanno un significato speciale vero?


Mi tingeva i capelli mia nipote Bimba che non c’è più (è morta a 41 anni per un cancro al seno, ndr.). Donna intelligente, ribelle come me. Si divertiva. Ci siamo fatte gialle, rosse e un giorno mi ha detto: rimani blu.


Ci parli degli angeli


Mi sono sempre piaciuti. Tutti abbiamo un angelo custode. Ho creato un museo degli angeli in Spagna: un museo tutto mio. Vado lì e un giorno piango, uno rido, uno ballo. L’universo è luce, noi siamo fatti di luce. Ho conosciuto tanti angeli tra la gente. Credo nello Spirito Santo e la mattina gli chiedo di organizzarmi la giornata, provi anche lei. Funziona.


Adesso vive in montagna.


In un paesino di 50 persone a 1100 metri. Quattro stanze. Una vita semplice. Non mi manca nulla. Ma ho una persona che cucina per me. A 80 anni ho deciso: non guido più e non cucino più. Ho fatto da mangiare per tutta la Spagna. Una volta per il primo disco di Miguel ho cucinato spaghetti per 200 persone.


I suoi pranzi della domenica erano leggendari.


La mia casa era aperta a tutti. Arrivavano gitani e marchese. La domenica non c’era personale di servizio, una volta la duchessa d’Alba chiese: “E adesso cosa faccio col piatto?”. “Lo porti in cucina”, le rispose qualcuno. E lei tutta contenta: “Che divertente!”. Arrivava Julio Iglesias sempre col cappotto cammello e la chitarra. E tutti: “Oh no, adesso questo attacca a cantare e non smette più.


Ha avuto una bella vita.


Io sono sempre felice. Forse perché è da quando avevo dieci anni che faccio di testa mia. C’era la guerra. La mamma mi ha messo sopra un cumulo di macerie ed è andata a caricare il carro con le nostre poche cose salvate dai bombardamenti. Mi ha detto: Per una volta non fare di testa tua. Non muoverti da qui”. Passava il tempo, la gente se ne andava... Mi sono messa a correre, ho visto il carro dei miei, l’ho raggiunto e mi sono aggrappata a una corda. Ho sentito mia mamma che diceva: “Oddio, abbiamo dimenticato Lucia”. “Sono qui”, ho detto. E lei: “Hai fatto una cosa buona finalmente”. Io sono ancora attaccata a quella corda....


Estratto dall'articolo di SILVIA LOCATELLI

su ELLE, 23/03/2020:

https://www.elle.com/it/showbiz/celebrities/a31899644/lucia-bose-morta-ultima-intervista/


Fonte foto: La Bosé nel '71, da Pinterest. 


Che ne pensate della scelta di lasciare il cinema della Bosé? Pensate fosse brava e che sia stato, in un certo qual modo, un peccato? :)

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