mercoledì 27 febbraio 2013

CON GLI OCCHI DI IERI



Il fascino dell’Atlantide ha sedotto tanti, nel bene e nel male. Nel 1912 il nipote del famoso archeologo dilettante che aveva scoperto Troia, Enrico Schliemann, assurse a notorietà internazionale.
[L'articolo originale di Paul Schliemann ripreso in Italia]Il giovane Paul Schliemann, evidentemente stanco di essere un piccolo uomo con un grande nome, fornì all’"American" di New York (il tutto apparve altresì sull’"Illustrated London News" del London Budget del 17 novembre) una notizia sensazionale: in certi documenti segreti lasciatigli dal nonno si indicavano una serie di elementi riconducenti al mito di Atlantide e a tale ricerca egli si dichiarava votato. E così "How i found lost Atlantis" ("Come ho scoperto l’Atlantide perduta"), l'articolo-bomba, vide la luce.

In pratica Paul Schliemann, vantando scavi, ricerche, comparazioni e quant’altro, si presentava come un emulo del nonno, millantando analisi e scoperte sensazionali sul continente perduto.
L’articolo, fatto conoscere in Italia dallo studioso Gennaro D’Amato, terminava con l’annuncio di ulteriori rivelazioni.
A quanto pare, Paul Schliemann riteneva che il suo cognome bastasse a indurre chiunque a prestargli immediata ed incondizionata fede. Ma fortunatamente non fu così. L’inconsistenza di certe teorie era troppo palese, le asserzioni contenute nell’articolo troppo fumose, manifeste le contraddizioni, per cui si poteva darla a bere solo ai lettori più disattenti. Come se non bastasse, il Dr. Doerpfeld, che era stato il braccio destro di Enrico Schliemann, contestò il tutto dichiarando anzi che il famoso archeologo non si era in realtà mai occupato di Atlantide.
Risultato: scomparsa pressoché immediata del preteso "Dr." Paul Schliemann, di cui non si seppe più nulla, e sconfessione di una "bufala" che, peraltro, valse ad accendere le speranze di molti cultori del tema.
Vediamo come fu proposta dal suo ideatore nella traduzione di Gennaro D’Amato.


COME HO TROVATO L'ATLANTIDE PERDUTA

di Paul Schliemann (traduzione di Gennaro D’Amato)
[Scavi di Hissarlick eseguiti da Enrico Schliemann - 37K .jpg][Busti di Solone e di Platone - 34K .jpg][Sacerdote del tempio di Sais - 27K .jpg]


IL "BIDONE SCHLIEMANN"
Il Dr. Paul Schliemann comincia col raccontare l’opera iniziata da suo nonno, il famoso archeologo tedesco Enrico Schliemann, scopritore di Troia, Micene ed altro che, morendo in Napoli nel 1890, lasciò ad un suo intimo una lettera da aprirsi solo da uno della sua famiglia che facesse voto solenne di dedicarsi alle ricerche archeologiche di cui dava indicazioni. Il nipote Paul si assunse questo incarico e, a fatto compiuto, pubblicò le vicende della scoperta.
Enrico Schliemann nel memoriale scriveva:
"Quando nel 1873 scoprii a Hissarlick le rovine di Troia e il Tesoro di Priamo, trovai nella seconda città un curioso vaso di bronzo di grandi dimensioni. Vi erano dentro diverse specie di vasi, varie piccole immagini su di un metallo speciale, monete dello stesso metallo e oggetti di osso fossilizzato. Su alcuni di questi oggetti e sul gran vaso era inciso in geroglifici fenici: ‘Dal Re Chronos di Atlantide’. Era la prima prova materiale della veridicità della grande leggenda, menzionata da Platone e altri scrittori greci. Conservai il segreto. Al museo del Louvre, vidi nel 1883 la collezione degli oggetti Tiahuanaca del Centro America(1); vasi della stessa forma e oggetti di osso fossilizzato, riproducenti linea per linea quelli del Tesoro di Priamo; soprattutto uno dalla testa di gufo. Sennonché i vasi di questa collezione non avevano caratteri fenici, né alcuna iscrizione. Corsi a vedere i miei oggetti e mi accorsi allora che le iscrizioni dovevano essere state aggiunte posteriormente. Ebbi dei pezzi di questi simulacri Tiahuanaca e li analizzai; provai in conclusione che i vasi del Centro America e quelli rinvenuti a Troia erano di un’argilla speciale; seppi poi definitivamente che tale argilla non esisteva nella vecchia Fenicia, né nel Centro America. L’analisi chimica del metallo stabilì che conteneva: platino, alluminio e rame, amalgama mai conosciuto nei testi degli antichi e sconosciuta oggi.
Gli oggetti non erano né fenici, né micenei, né centro-americani; l’iscrizione indicava l’origine di essi: Atlantide. Che gli oggetti fossero tenuti in grande venerazione è mostrato dallo loro presenza nel Tesoro di Priamo e dal loro speciale ricettacolo. Il loro carattere li mostrava destinati alle cerimonie sacre nel tempio."
In una nota scritta a matita, il nonno aggiungeva:
"Rompete il vaso dalla testa di gufo; concerne l’Atlantide. Investigate le rovine di Sais e il cimitero di Val Chacuna. Importante: prova il sistema. L’Atlantide non è solo un continente, ma il perno della civiltà."
"Il vaso era vuoto - dice il nipote, non volevo romperlo. Perché il nonno diceva di farlo? Sapeva che non fosse unico? Che contenesse una prova…? Esitavo… Finalmente lo ruppi. Ne uscì un quadrato di metallo bianco, simile all’argento, con strane figure e iscrizioni a me ignote. In quella specie di medaglia, o moneta, coricata nell’argilla del fondo, era inciso a tergo in vecchio fenicio: ‘Proveniente dal tempio dei muri trasparenti’.
Se il vaso era di Atlantide, la moneta anche doveva esserlo. Eppure, le lettere fenice erano state incise dopo che l’oggetto era stato sotto il conio che fece le figure della faccia. E come fu introdotto il metallo nel fondo del vaso, dal collo stretto? È ancora un mistero per me - dice il dottore - ma qui è l’evidenza (2). Nella collezione degli oggetti che il nonno diceva provenienti da Atlantide, c’era un anello dello stesso metallo, un elefante dallo sguardo strano in osso fossilizzato, un vaso arcaicissimo e la carta geografica fatta da gli Egizi quando ricercarono l’Atlantide. Nel museo di Pietroburgo, il nonno aveva trovato uno dei papiri più antichi del mondo, risalente al regno del Faraone Sent (III Dinastia, 4571 a.C.). Contiene una descrizione della spedizione all’Ovest, ordinata dal Faraone, per ricercare le tracce della vergine Terra di Atlante, ‘donde 3500 anni prima gli antenati degli Egizi arrivarono, portando con loro la sapienza delle loro contrade native’. La spedizione tornò dopo cinque anni di inutili ricerche. Un altro papiro di Manethone, storico egiziano, riferisce la data di 13.900 anni come regno dei Savi di Atlantide. Il papiro pone ciò all’inizio della storia egiziana, 16.000 anni fa. Un’iscrizione importantissima che il nonno tenne segreta, fu scavata alla Porta dei Leoni a Micene. Vi è detto: 'Misor dal quale discendono gli Egizi, era figlio di Taaut o Thot, dio della Storia, e questi figlio di un sacerdote dell’Atlantide che, innamoratosi di una figlia di Re Chronos, fuggì in Egitto, costruì il tempio di Sais, e insegnò la sapienza del paese nativo'."
Infine E. Schliemann dava ragguagli su altre tavole Troiane; in una v’è un trattato egiziano per sopprimere la cataratta dagli occhi e le ulcere dall’intestino per mezzo della chirurgia.
E. Schliemann crede che né gli Egizi, né i Maya siano i fondatori della civiltà prima degli Aztechi, grandi navigatori; egli considera l’Atlantide scomparsa, come una agenzia degli antichi Fenici e naturale legame fra i due emisferi.
Dopo aver narrato l’opera del nonno, il Dr. Paul Schliemann parla della sua.
Ottenne la concessione di scavare nelle rovine di Sais; lavorò molto invano, finché un giorno conobbe un cacciatore egiziano che gli mostrò una collezione di monete, rinvenute in un sarcofago di quella località.
"Con sorpresa - egli dice - riconobbi in due medaglie l’identica dimensione e lo stesso disegno delle medaglie di metallo bianco del vaso troiano. Le figure erano meno chiare nei dettagli; mancavano le iscrizioni, ma certamente avevano la stessa origine. Esplorai il sarcofago: era appartenuto ad un sacerdote della Prima Dinastia; cosa di grande interesse, dato che al tempio di Sais erano legati i ricordi atlantidi, rivelati dai preti egiziani a Solone. Il tempio si diceva fondato da un figlio di Atlante fuggito con la figlia di Re Chronos (il nome inciso sul vaso di Hissarlick)".
Il Dr. Paul si valse di due geologi francesi per esaminare la costa marocchina, indicata dal nonno come probabile punto d’attacco con Atlantide. L’intera spiaggia era coperta di detriti vulcanici che si fermavano a qualche distanza dalla riva. Là si rinvenne una scultura di grande valore: una testa di bimbo dello stesso metallo bianco, incrostata di cenere vulcanica. Allora egli si recò a Parigi, per indurre l’archeologo proprietario della collezione americana, cui il nonno aveva fatto allusione, a rompere un suo vaso dalla testa di gufo. Rotto il vaso ne uscì un pezzo di metallo, come gli altri da lui posseduti. Così ebbe cinque documenti di accertamento: il vaso di Hissarlick, il vaso della collezione di Parigi, le monete della collezione del nonno, le monete della collezione di Sais e la scultura della costa marocchina.
P. Schliemann andò poi in Messico e nel Perù a scavare tombe e città. Il cimitero di Val Chacuna, dove sono sepolti gli antichi Chimus, offrì un materiale immenso e ‘iscrizioni che faranno fremere il mondo’. Il manoscritto Mayo della famosa collezione Le Plongeon (oggi al British Museum) dice: "Nell’anno di 6 Kan, all’11 Muluc, nel mese di Zac, successero terremoti fino al 13 Chuen. Il paese delle colline di Mud e la terra di Mu furono sacrificati. Due volte alzati scomparvero nella notte scossi da fuochi sotterranei. Le terre rimaste, rialzate più volte, s’inabissarono anch’esse. Perirono 64 milioni di abitanti, ottomila anni prima di questo scritto."
Vi sono poi dei riferimenti sul "tempio dei muri trasparenti". Negli archivi del tempio buddistico di Lhasa, vi è un’iscrizione caldea di 2000 anni a. C. in cui si parla della "caduta della stella Bal, dove ora è solo cielo e mare" e della "distruzione delle sette città coi muri trasparenti e le porte d’oro."
Il Dr. Paul non sa se la parola "trasparente" fosse simbolica, o se alludesse ad una specie di palazzo di cristallo. Egli trova possibile ciò, perché i Fenici conoscevano l’arte del vetro, imparata dalle genti di oltre le Colonne d’Ercole. Il tempio suddetto, secondo le iscrizioni, era su di una alta piazza aperta alle masse. Il tempio, per Atlantidi, Egizi, Maya, Chimus - ieratici - era centro della fondazione politica e della vita sociale, perno di arte, scienza, religione ed educazione. Anche la frase "porte d’oro" può essere allegorica; in ogni modo quei popoli erano già grandi fonditori di metalli e celebri nel ricoprire di cemento aureo lucente, di una forza non più raggiunta, le piramidi dell’Egitto e del Messico. "Di costruzione uguale, le une e le altre sono dirette - dice Schliemann - come i bracci di una croce, verso gli stessi punti di direzione astronomica. La linea dei centri è sul meridiano astronomico."
Il nostro narratore crede che le medaglie strane degli scavi fossero usate in Atlantide intorno a 40.000 anni fa e chiude il suo racconto con una nota del nonno Enrico:
"La religione egiziana era la stessa dei popoli pre-colombiani. Ra era il dio Sole egizio, e Ra-Na quello degli antichi peruviani. Le nazioni vivono tutte la loro infanzia e maturità. Io non ho trovato l’Egitto selvaggio né il paese dei Maya barbaro. Ho trovato queste nazioni mature nella loro giovinezza; canali, viadotti, strade sospese, templi, irrigazioni di campi, medicina, astronomia e alta organizzazione governativa. I Maya e gli Egizi non erano di razza nera, ma giallastra; avevano schiavi e casta intellettuale. Le relazioni fra le caste e i loro principi di governo erano intellettuali e umane. Lepsius ha trovato gli stessi simboli sacri nei cerimoniali sia degli Egizi che dei Peruviani. Le Plongeon ha individuato a Chichen Itza nello Yucatan la figura di una divinità avente tutti gli attributi di Thoth, il dio-architetto egizio."

NOTE:
1. La civiltà Tiahuanaca è del Sud America
2. L’iscrizione fenicia dovette essere incisa a tergo della faccia coniata, prima di aver incastrato il metallo nell’argilla ancora molle del fondo del vaso. Preparato questo fondo si dovette procedere alla fattura del vaso a forma di gufo. L’importante è nel fatto delle iscrizioni due lingue e con due sistemi di scrittura.

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