di Simone Pieranni
Da marzo del 2011 ad oggi sono 99 i tibetani che in segno di protesta contro Pechino si sono auto immolati: i tribunali cinesi la scorsa settimana hanno condannato otto persone per aver aiutato chi ha deciso di suicidarsi. Un uomo è anche stato condannato a morte con due anni disospensione gli altri sono stati condannati a pene che vanno dai 3 ai 12 anni di reclusione, secondo quanto riportato dalla Xinhua, l'agenzia di stampa statale.
Secondo alcune testimonianze riprese dalla stampa internazionale, in questi giorni sarebbe in corso una repressione molto dura a Lhasa, presso il Jokhang, il tempio più sacro del Tibet, e il Potala, l'ex residenza del Dalai Lama, prima della sua fuga dalla dalla Cina nel 1959.
Secondo alcune testimonianze riprese dalla stampa internazionale, in questi giorni sarebbe in corso una repressione molto dura a Lhasa, presso il Jokhang, il tempio più sacro del Tibet, e il Potala, l'ex residenza del Dalai Lama, prima della sua fuga dalla dalla Cina nel 1959.
Negli ultimi giorni infine il governo cinese ha vietato la concessione del passaporto a molti tibetani, includendo anche il divieto per gli abitanti di etnia tibetana delle regioni periferiche, come le province del Qinghai e del Sichuan, che si trovano al di fuori del Tibet vero e proprio, di raggiungere i luoghi interni tibetani per le tradizionali preghiere.
Mentre alcuni tibetani chiedono una presa di posizione del Dalai Lama sulle auto immolazioni, Pechino non sembra propensa a nessuna concessione in tema di autonomia religiosa, linguistica e culturale, anzi.
Da qui a marzo anniversario delle rivolte pre olimpiche del 2008, il controllo è destinato ad aumentare, attraverso una presenza sempre più ingombrante di polizia cinese a presidiare i luoghi più sensibili.
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