L'Esecutivo torna a chiedere soldi ai cittadini per le spese relative al terremoto in Emilia ma spende 3,5 miliardi di euro per l'acquisizione di parte di Snam da parte della Cassa depositi e prestiti
Scritto da Emilio Fabio Torsello il 1 giugno 2012
La tassa di scopo che diventa fiscalità ordinaria è ormai un classico nel nostro Paese. E la via più sbrigativa per applicarla è inserire nuove accise sui carburanti che però – terminata l’emergenza – non vengono eliminate.
Basti pensare che paghiamo ancora un
sovrapprezzo sulle benzine per sovvenzionare la guerra di Abissinia
(1935), le missioni delle truppe italiane in Bosnia e in Libano (1996),
la crisi del canale di Suez del 1956, il disastro del Vajont (1963),
l’alluvione di Firenze (1966), gli aiuti legati ai terremoti del Belice
(1968), del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980). E in molti casi si
tratta di eventi storici archiviati e risolti. La domanda sorge
spontanea: dove finiscono i soldi ricavati dalle accise per la crisi
petrolifera del 1956 o per la guerra in Abissinia? Perché lo Stato
continua a imporle?
La risposta del governo alle proteste
per questo ulteriore aumento dei carburanti è stata quantomeno curiosa:
il ministro Passera si è rivolto ai petrolieri chiedendo di mitigare i
prezzi per contenere l’aumento, quasi fosse stata loro l’iniziativa di
alzare il balzello.
Un piano, quello della maggiorazione
delle accise, che il governo aveva nel cassetto dall’aprile scorso,
quando già si parlava di un aumento di cinque centesimi sul prezzo dei
carburanti, per sovvenzionare la Protezione Civile. Provvedimento subito
tirato fuori e riproposto a pochi giorni dal sisma in Emilia.
Solidarietà, si dirà. Eppure è quantomeno curiosa la circostanza secondo
cui il Governo torna a chiedere soldi ai cittadini per le spese
relative al terremoto in Emilia ma poi spende 3,5 miliardi di euro (in
tre tranche) per l’acquisizione di parte di Snam da parte della Cassa
depositi e prestiti. Il sospetto è che i soldi ci siano, ma che le
tragedie siano sempre utili per “far cassa”. Con buona pace della
solidarietà.
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