mercoledì 25 aprile 2012

MARIA GIOVANNA GIUDICE HA RAGGIUNTO IL “CIELO DEGLI EROI” E SI È SCELTA PROPRIO IL 25 APRILE

di Carlo Migliavacca


È successo all’alba di questa mattina 25 aprile 2012, all’età di 110 anni, Maria Giovanna Giudice, classe 1901, GIÀ STAFFETTA PARTIGIANA E MEDAGLIA DI BRONZO AL MERITO CIVILE ATTRIBUITA DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, Giorgio Napolitano, IL 16 DICEMBRE 2008. Donna eccezionale che negli anni della Resistenza, “animata da profondi ideali di libertà e democrazia, con generosità, abnegazione e spirito di solidarietà, offrì il proprio sostegno come staffetta partigiana al servizio della 82^ Brigata Osella – Battaglione Ranzini”.


Un servizio pericoloso il suo, ma molto importante durante la lotta di Liberazione. Maria Giovanna era un volto storico della Resistenza novarese e una donna ancora in grado di portare il ricordo di quegli anni di dolore. Oltre al lavoro in campagna come mondariso e la dedizione alla cura della famiglia, negli anni bui del fascismo aveva deciso di impegnarsi direttamente nella vita civile per contribuire a ridare dignità all’Italia dopo un tragico ventennio di dittatura.
Anche il tempo, però, ha dovuto faticare per oltre un secolo, 110 anni e 7 mesi, prima di riuscire a convincere questa grande donna che era giunto il momento del meritato riposo; e Maria Giovanna, in modo dolce, tranquillo e sereno, si è lasciata accompagnare nel “Cielo degli Eroi”, in quel cielo dove erano ad attenderLa tutti “i suoi ragazzi” , suo marito Paolo e la sua amatissima figlia Leonilde .
Voglio qui ricordare uno degli ultimi atti di amore di Maria Giovanna, che sta a dimostrare quanto era grande la sua “statura morale” di donna e di partigiana:
Domenica 24 aprile 2011, giorno di Pasqua, passo a trovarLa per porgere gli auguri e per una chiacchierata. Ad un certo punto la Giovanna non parla più, la vedo pensierosa; preoccupato, chiedo se ci fosse qualcosa che non andava. Lei mi ha risposto che andava tutto bene e mi dice: “Domani è il 25 aprile, chissà se qualcuno si è ricordato di portare un mazzo di fiori ai miei ragazzi… dopo tutto quello che hanno fatto…” Mi è venuto il magone! L’ho tranquillizzata: “Non si preoccupi Giovanna, al monumento ho fatto deporre  una corona di alloro”. Rincuorata, mi dice a frasi spezzettate, come se rivivesse quel terribile periodo: “Grazie nè… ma ne abbiamo passate…  poveri ragazzi… non meritavano di morire… che brüta roba la guèra (che brutta cosa la guerra)…spéruma in ben (speriamo in bene)… speriamo che nessuno si dimentichi di tutti i sacrifici che abbiamo fatto…”.
Arrivederci Maria Giovanna, il Tuo splendido esempio non sarà dimenticato!
Ai suoi adorati nipoti Valeria e Giancarlo, che l’hanno sempre accudita e curata, giunga il nostro ringraziamento e il nostro abbraccio più affettuoso e partecipe.
Carlo Migliavacca

…DAI RACCONTI DELLA STAFFETTA PARTIGIANA
MARIA GIOVANNA GIUDICE
[…] Il mio compito era quello di fare da mangiare e lo portavo ai partigiani…nei boschi; portavo anche qualche bottiglia di vino e tutto quello che potevo mettere insieme.
Mio marito Pavlìn, Paolo Piatti, era quello che andava a portare i “biglietti” di notte. Io avevo paura che venisse catturato dai fascisti e allora gli ho detto: “Dalli a me, dalli a me, Pavlìn”; nascondevo i biglietti nel grembiule e andavo. Siccome avevo una sorella che abitava fuori dal paese di Cavaglio, loro non pensavano che io facevo la staffetta perchè erano convinti che andavo a trovare mia sorella.
[…] Ricordo che quando andavo a portare i “bigliettini” partivo dopo la mezzanotte per non essere vista; con il passare del tempo i fascisti sapevano del mio impegno, ma non sono mai riusciti a prendermi. Il loro desiderio era quello di farmela pagare, in un modo o nell’altro…
[…] Un’altra volta, ricordo che i fascisti sono venuti nel solaio dove c’era mio marito e gli hanno fatto bere l’olio di ricino; un bicchiere d’olio gli hanno dato! Perchè mio marito  “era un uomo serio,  si fidavano tutti di lui e i fascisti ne avevano paura”.
[…] Ne hanno ammazzati tanti a Cavaglio d’Agogna. Che io ricordo, ne hanno ammazzati sette; uno, povero ragazzo, l’hanno ammazzato là…in una chiesetta…stava mangiando una mela…aveva ancora un pezzo di mela in bocca…ma quel ragazzo non era di Cavaglio…hanno ammazzato anche alcuni partigiani di Novara.
[…] “Mamma mia! Quante paure e quante tremarelle che abbiamo preso!…Però, quanti ragazzi giovani hanno ammazzato”.    


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