Yara. La caccia colossale a ‘ignoto 1’
-R.C.- Poteva essere ovunque, emigrato o a due passi da Brembate, preoccupato o fiducioso per la spettacolare indagine biologica mai vista in Italia.
Una macchia rinvenuta sugli indumenti della piccola Yara Gambirasio avevano scatenato la caccia al suo assassino, che adesso potrebbe avere un volto e un nome, Massimo Giuseppe Bossetti.
Un intreccio tra scienza e certosina capacità investigativa, 18 mila campioni di dna passati al setaccio, catalogati per provenienza, età, caratteristiche personali. Solo il Ris dei carabinieri ha creduto nell’imprevedibile, nella possibilità di un risultato che portasse ad identificare ‘ignoto 1’, l’uomo che aveva firmato il delitto di Yara.
Tutto è partito dallo zelo e dalla competenza del medico legale, Cristina Cattaneo, a lungo china sugli arbusti di quel campo dove il corpo della ragazzina era stato ritrovato, alla ricerca di una traccia.
L’indagine arrancava faticosamente, il clamoroso arresto dell’operaio marocchino inseguito in mare, risultato estraneo e vittima di una traduzione approssimativa.
I cani molecolari che subito si erano indirizzati in quel cantiere, un unico elemento certo, quella macchia sui leggins di Yara.
Un indagine titanica, esagerata, un territorio troppo esteso per sperare di ottenere risultati.
Migliaia di persone convocate in caserma per fornire spontaneamente un po’ di saliva, da comparare con quella macchia.
Sino alla svolta, una compatibilità altissima risultò dalle tracce lasciate sul bollo della patente da un camionista, Giuseppe Guerinoni, ma non poteva essere lui l’assassino, era morto nel 1999.
Rivoltati i suoi tre figli, nessuno di loro aveva a che fare con l’omicidio.
Concreta si fece strada l’ipotesi che ve ne potesse essere un altro, illegittimo, ma avuto da chi? E dove?
Una mamma sapeva e taceva, per proteggersi e proteggere il figlio anche se si tratta di un assassino, anche se aveva ucciso una bambina, non le interessava la giustizia per Yara, solo la salvezza del figlio.
Una donna custode di un segreto mai rivelato a nessuno, neppure alla sua famiglia, quella ufficiale.
Ma i carabinieri avevano capito, avevano in mano il profilo genetico dell’omicida, e anche un altro elemento, sugli abiti di Yara erano state rinvenute tracce di materiale edile, compatibili con l’attività di muratore, il mestiere di Bossetti.
E la trappola è scattata, per prelevare all’uomo il Dna, gli investigatori sono ricorsi ad un espediente, hanno sottoposto Massimo Giuseppe Bossetti ad un controllo stradale con test dell’etilometro, e il cerchio si è chiuso: ‘Ignoto1’ finalmente in trappola.
Un uomo con una vita banalmente normale, il muratore biondo, come lo definiscono i compaesani. Massimo Giuseppe Bossetti, una moglie, figli, tutto famiglia e lavoro, a sette chilometri dal campo dove fu uccisa Yara.
Forse un po’ strano, eccessivamente severo, spesso lo sentivano urlare, sgridare i suoi figli, un padre duro, che non li faceva mai uscire a giocare con gli altri bambini, eppure tutti sono ancora increduli, “una persona così perbene”.
E lui, Bossetti, lascia la caserma dei carabinieri alle nove e mezzo di sera, sui sedili posteriori di una pattuglia, la testa china, ammanettato. Davanti al pm ha fatto scena muta, tranquillo, sorridente, nonostante le accuse terribili, omicidio aggravato, sequestro di persona. Violenza sessuale e occultamento di cadavere.
“State prendendo un abbaglio, mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.
A parlare per ‘ignoto 1’ una sola macchia di sangue sui leggins di una bambina, della piccola Yara.
http://www.articolotre.com/2014/06/yara-la-caccia-colossale-a-ignoto-1/
Nessun commento:
Posta un commento