Massimo Ciancimino e la truffa dell’acciaio
L’anno scorso Massimo Ciancimino era in carcere accusato di essere ideatore e capo di un’associazione a delinquere, un arresto richiesto dalla DDA di Bologna che subito perse la competenza in quanto lo stesso gip che aveva disposto l'ordinanza di custodia cautelare si rese conto di quanto fosse inesistente l'aggravante dell'art.7 che veniva contestata.
Intanto Massimo dovette fare oltre due mesi di custodia cautelare, privato della libertà.
Un arresto ad orologeria disposto il giorno dopo l'inizio del processo sulla trattativa, la bagarre mediatica per delegittimare il lavoro della procura di Palermo tramite la delegittimazione del loro teste principale.
Oggi, un anno dopo, il tutto si è sgonfiato.
Grazie al lavoro di due pm competenti e laici nei loro giudizi e nel loro lavoro, il dott. Proto e la dott.ssa Cavallo della procura di Ferrara.
Il ruolo di Massimo Ciancimino come ideatore e capo si è completamente sgonfiato. E' emersa la verità: ha conosciuto quelle persone dopo mesi che già costituito la società che operava la frode fiscale e che lo avevano truffato facendosi prestare 550.000 euro che poi non sono mai stati restituiti.
Il tutto è seguito nel tentativo di recuperare quei soldi che non erano pochi.
Il figlio di don Vito ha ammesso le sue reali responsabilità, cioè di aver continuato a lavorare con loro nel tentativo di recuperare almeno parte dei suoi soldi anche dopo aver capito il giochetto che facevano, cosa che avvenne un bel po' di tempo dopo.
Oggi Massimo Ciancimino ha reso dichiarazioni spontanee in cui ha sottolineato come la sua estraneità quantomeno al momento dell'ideazione della truffa fosse ormai ammessa da tutti oltre che provato documentalmente e poi ha spiegato perché si trovò ad accettare di aiutare queste persone (di cui conosceva una persona per essere amico del padre di una sua ex fidanzata) facendogli ottenere un finanziamento tramite suoi amici, in quanto aveva bisogno di lavorare e infatti gli fu fatto un regolare contratto con quella società di cui mai fece parte.
Tante le incongruenze dell’inchiesta, dal trasferimento a Bologna, all'anomalia del tempismo degli arresti dell'anno scorso su una richiesta cautelare del 2011 su fatti ormai così remoti da renderla improponibile.
Così come il tempismo con l'inizio del processo trattativa non è sfuggito.
L'udienza è terminata con la decisione del gup di accogliere le eccezioni di incompetenza territoriale per quanto riguarda la posizione di buona parte degli imputati, per cui la competenza cambia nuovamente (stavolta però in modo fondato) passando a Reggio Emilia.
Probabilmente un processo destinato a morire per prescrizione dei reati, ma la responsabilità è di chi per colpire Massimo Ciancimino e l'indagine sulla trattativa, ha fatto sì che l'indagine sull'acciaio seguisse questo iter anomalo, strappandolo alla procura di Ferrara per passarlo a Bologna e tenere tutto in sospeso per tre anni.
Il gup ha inoltre disposto la revoca della misura dell'obbligo di dimoraper Massimo.
Insomma una vittoria. Ma quale vittoria? Una sconfitta di una giustizia che si è potuta parzialmente affermare solo dopo tanto tempo, una vicenda che dimostra come anche una parte della magistratura si presti a cercare di fermare chi cerca di far luce sulle verità difficili di questo Paese e sugli intoccabili e che dimostra come quel sistema sia forte e in grado di colpire chi gli si oppone.
Una vittoria amara e dimezzata per Massimo che non è come non è mai un semplice imputato, ma un cittadino che anche da imputato si ritrova dalla parte dei magistrati onesti e della giustizia e della verità pure quando lo accusano.
Salvatore Borsellino, senza esitazioni, tuonò contro l'arresto ad orologeria del teste chiave del processo trattativa e si disse preoccupato per la sua incolumità.
http://www.articolotre.com/2014/06/massimo-ciancimino-e-la-truffa-dellacciaio/
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