Una veduta del Muse – Foto:panorama.it
Adesso che Renzo Piano è stato nominato senatore a vita da Napolitano forse occorrerà guardare con nuovi occhi anche alle sue opere architettoniche sparse qua e là per il mondo. Piano ha arricchito metropoli e piccole città non risparmiandosi in inventiva e in innovazione.
Quest’estate è stata inaugurata una delle ultime opere di Piano, il Museo della Scienza di Trento,conosciuto come MuSe. L’avvenieristico museo è stato accolto con toni trionfali che hanno superato i confini della provincia autonoma di Trento. Così scrive il sito greenreport.it: “Una struttura incredibile ‘contenuta’ ai piedi delle montagne e a sua volta contenitore di ecosistemi che sfidano le leggi dello spazio e del tempo: dal ghiacciaio delle Alpi alla serra tropicale, dentro il Muse non ci sono solo sale espositive e mostre ma ambienti immersivi e laboratori creati con l’idea di trasformare la stessa fruizione della scienza.
Del Muse ne hanno parlato tutti, e a ragione. Lungo i 5 ettari coinvolti nel progetto urbanistico che lega la nascita del Museo a nuovi insediamenti di carattere residenziale e commerciale – sui quali, a livello locale non mancano gli inevitabili dubbi di speculazione edilizia – , si snodano anche gli oltre 12.000 mq del museo vero e proprio. Con le sue forme appuntite, in sintonia con la silouhette dei monti, i suoi vetri, le sue scale e i pannelli fotovoltaici; 4 piani e due interrati, un “Fab-lab” con un’irrinunciabile stampante 3D e un’offerta didattica per ogni età”.
Il nuovo Museo di scienze naturali è in effetti ricco di “stratificazioni” simili a un variegato sedimento geologico. Si trova un po’ di tutto in una sintesi felice (che a qualcuno potrebbe però anche non piacere) tra marketing e divulgazione scientifica. Nel MuSe assistiamo al trionfo della vita. Cangiante, brulicante, caleidoscopica. In esso la vita “esplode” in tutte le sue forme. Scheletri di balene, calchi di dinosauri e di rettili preistorici, animali volanti, tartarughe carnivore, piante esotiche. E poi la vita al microscopio, la storia dell’evoluzione umana e dei nostri progenitori, dai primati risalendo fino agli organismi unicellulari. Andando a ritroso ecco immergersi nelle ere geologiche, quando si sono formate le Dolomiti, quando è nato l’ambiente alpino, quando la Terra si è costituita nell’aspetto che ci è famigliare.
Il museo ha poi ricevuto un’importante certificazione di sostenibilità ambientale che senza dubbio segna lo sforzo di ridurre al minimo le emissioni, di utilizzare energie rinnovabili e di essere al centro di una riqualificazione urbana della stessa città di Trento. Accanto al museo sorge il quartiere delle “Albere”, nuovissimo e ancora disabitato, che accoglie il visitatore con un misto di stupore e di inquietudine. Tutto sembra perfetto: l’erba verdissima del parco che raggiunge l’Adige, le strade pedonali, i “portici” che si snodano tra colonne di legno, vetri, pannelli fotovoltaici. La rosea pietra di Trento rende soffusa la luce estiva, dando a quella porzione di paesaggio urbano quasi un’aura da sogno. Basta girare lo sguardo però che ruspe, gru, camion danno il segno di un’opera in movimento, perennemente in fase di sviluppo, in attesa di sempre nuovi cambiamenti. Da sud, per raggiungere la quiete descritta in precedenza bisogna passare sotto i cavi dell’alta tensione posti ad un’altezza così esigua che sembra di poterli toccare con un dito. Bisogna respirare sabbia e polvere. Là sorgerà l’auditorium, è necessario aspettare. Il nuovo quartiere nasce dove un tempo c’era una grande fabbrica della Michelin e doveva essere un’operazione congiunta tra pubblico e privato: ora però, a causa della crisi, gli appartamenti lussuosi del quartiere stentano a essere venduti e tornano al pettine antichi nodi irrisolti che poi sono le stessi che incontriamo in queste grandi operazioni urbanistiche in giro per l’Italia.
In Trentinoperlomeno le opere si completano. E hanno grande successo visti i primi numeri del Muse. Una delle intenzioni principali del museo è quella di presentarsi come un’istituzione culturale in continuo mutamento, dove si investe sull’innovazione e sulle nuove tecnologie, sulla sostenibilità e sull’armonia. Questo è il punto forte di attrazione del Muse. Un museo della scienza, se gestito con competenza e fantasia, può avere più successo di un museo dedicato alla storia o all’arte. La rete trentina dei castelli fatica a reggere il calo dei visitatori, mentre per il Mart – il museo di arte contemporanea di Rovereto – attraversa un momento di crisi. Il problema è strutturale, insito nella mentalità e nella cultura contemporanea. Se tralasciamo le gettonatissime mostre sui “soliti” impressionisti o su qualche genio famoso (allestimenti molto costosi) l’arte non paga, o almeno non ha la stessa attrattiva della scienza. Essa, insieme con la tecnologia, è la vera religione del nostro tempo. Il Muse è un nuovo tempio di questo culto. Vogliamo la vita, la celebriamo quasi in maniera idolatrica. La scienza, insieme con la finanza, è la protagonista della globalizzazione. È un linguaggio che unifica, è una via che promette la salvezza dell’umanità. La scienza conta e attira. Il Muse, concentrato sulle scienze naturali, non dovrà dimenticare le altre branche, dalla fisica alla medicina. E magari dialogare con altri saperi umanistici. Se lo saprà fare la sua nascita sarà per davvero un grande investimento di futuro.
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