Lo scorso 31 gennaio, riferimmo in un post, al quale rimandiamo per chi voglia approfondire i precedenti, del clima rovente che s’era creato alla procura di Bari a seguito di una serie di iniziative giudiziarie molto contrastate. Una prima vicenda era quella che riguardava il procuratore Laudati, messo sotto pressione per essersi rifiutato all’atto del suo insediamento a Bari di incriminare Berlusconi a scatola chiusa, senza prima aver letto gli atti e senza aver escusso tutti i testi nel procedimento Lavitola-escort. Alla fine è stato incastrato in una torbida storia di controllo incrociato tra lui ed un sostituto, che a sua volta controllava i pm che sostenevano l’accusa contro Vendola nel processo per abuso d’ufficio per aver taroccato un concorso per il posto di primario in un ospedale barese.
L’assoluzione di Vendola a porte chiuse (!) da parte del gup Susanna De Felice suscitò un vespaio di polemiche perché a sentenza appena emessa, i due pm Desirèe Digeronimo e Francesco Bretone inviarono un esposto al capo del loro ufficio e al procuratore generale di Bari denunciando l’amicizia tra il giudice De Felice e Patrizia Vendola, sorella del leader di Sel. Tra l’altro, i due pm scrissero che “dopo l’assoluzione che ha smentito in toto l’impianto accusatorio, siamo stati contattati da amici e colleghi che ci hanno chiesto come fosse stato possibile che a giudicare il governatore fosse stata un’amica della sorella”. In particolare, dopo il proscioglimento di Vendola il pm Bretone avrebbe ricevuto un sms da un collega magistrato, in cui veniva ribadita l’amicizia tra la sorella di Vendola e il gup De Felice, sottolineando quanto fosse scontato il proscioglimento del governatore pugliese proprio per questo motivo. Questa amicizia, sempre negata dai vari protagonisti, cioè il gup, Vendola e la sorella del governatore Patrizia, in effetti fu immortalata da una foto di qualche anno fa apparsa su Panorama che ritraeva questi soggetti a cena in una trattoria pugliese. Già che ci siamo, va riferito che l’ex compagno della sorella di Vendola è stato rinviato a giudizio per aver “rubato” la foto in oggetto dal pc di Patrizia, mentre lui sostiene che ce l’aveva sul proprio telefonino. Siamo sicuri che troveranno il modo per condannarlo e rovinargli l’esistenza, si accettano scommesse. La stessa Patrizia Vendola, interrogata dal procuratore Cataldo Motta dopo la denuncia di Desirèe Digeronimo, avrebbe negato di intrattenere rapporti di amicizia con il giudice De Felice.
E dire che era stato proprio Vendola, nell’agosto 2009, ad accusare Desirée Digeronimo di coltivare amicizie “sospette”, senza peraltro spingersi oltre. In una lettera aperta riportata su molti giornali, il governatore di Puglia arrivò ad accusare: “La prima anomalia è che lei (Desirèe Digeronimo n.d.r.) non abbia sentito il dovere di astenersi, per la ovvia e nota considerazione che la sua rete di amici e parenti le impedisce di svolgere con obiettività questa specifica inchiesta”. Quali amici? Non si sa. Fatto sta che Vendola non trovò di meglio che bollare le indagini della Digeronimo come “una campagna che mira a colpire la mia persona”, condendo il tutto con la solita retorica: “Ho l’impressione di assistere ad un paradossale capovolgimento logico per il quale i briganti prendono il posto dei galantuomini e viceversa”.
L’assoluzione di Vendola a porte chiuse (!) da parte del gup Susanna De Felice suscitò un vespaio di polemiche perché a sentenza appena emessa, i due pm Desirèe Digeronimo e Francesco Bretone inviarono un esposto al capo del loro ufficio e al procuratore generale di Bari denunciando l’amicizia tra il giudice De Felice e Patrizia Vendola, sorella del leader di Sel. Tra l’altro, i due pm scrissero che “dopo l’assoluzione che ha smentito in toto l’impianto accusatorio, siamo stati contattati da amici e colleghi che ci hanno chiesto come fosse stato possibile che a giudicare il governatore fosse stata un’amica della sorella”. In particolare, dopo il proscioglimento di Vendola il pm Bretone avrebbe ricevuto un sms da un collega magistrato, in cui veniva ribadita l’amicizia tra la sorella di Vendola e il gup De Felice, sottolineando quanto fosse scontato il proscioglimento del governatore pugliese proprio per questo motivo. Questa amicizia, sempre negata dai vari protagonisti, cioè il gup, Vendola e la sorella del governatore Patrizia, in effetti fu immortalata da una foto di qualche anno fa apparsa su Panorama che ritraeva questi soggetti a cena in una trattoria pugliese. Già che ci siamo, va riferito che l’ex compagno della sorella di Vendola è stato rinviato a giudizio per aver “rubato” la foto in oggetto dal pc di Patrizia, mentre lui sostiene che ce l’aveva sul proprio telefonino. Siamo sicuri che troveranno il modo per condannarlo e rovinargli l’esistenza, si accettano scommesse. La stessa Patrizia Vendola, interrogata dal procuratore Cataldo Motta dopo la denuncia di Desirèe Digeronimo, avrebbe negato di intrattenere rapporti di amicizia con il giudice De Felice.
E dire che era stato proprio Vendola, nell’agosto 2009, ad accusare Desirée Digeronimo di coltivare amicizie “sospette”, senza peraltro spingersi oltre. In una lettera aperta riportata su molti giornali, il governatore di Puglia arrivò ad accusare: “La prima anomalia è che lei (Desirèe Digeronimo n.d.r.) non abbia sentito il dovere di astenersi, per la ovvia e nota considerazione che la sua rete di amici e parenti le impedisce di svolgere con obiettività questa specifica inchiesta”. Quali amici? Non si sa. Fatto sta che Vendola non trovò di meglio che bollare le indagini della Digeronimo come “una campagna che mira a colpire la mia persona”, condendo il tutto con la solita retorica: “Ho l’impressione di assistere ad un paradossale capovolgimento logico per il quale i briganti prendono il posto dei galantuomini e viceversa”.
Ma torniamo alla denuncia di Degironimo e Bretone. In seguito alla denuncia di Desirèe Degironimo al quotidiano Repubblica, a causa di due articoli pubblicati tra settembre e ottobre 2011 che alludevano a una presunta intercettazione diretta tra Digeronimo e un altro pm, Giuseppe Scelsi, notizia falsa per la quale la stessa Digeronimo ha chiesto 259.000 euro di danni, Motta interrogò il pm Susanna De Felice e Patrizia Vendola. Dopo i dovuti e rigorosi accertamenti (chissà stavolta in quale ameno locale pugliese si sono riuniti tutti a cena per effettuare questi accertamenti, ndr) è emerso che sì, è vero, Patrizia Vendola e il gup Susanna De Felice si sono incontrate in più occasioni ogni anno, nel corso degli anni scorsi, però si conclude che tra loro non c’era alcuna amicizia, solo una frequentazione occasionale. C’era da dubitarne? Da 7 anni almeno, due, che poi sono tre visto che anche il governatore partecipava contento a questi raduni conviviali, si ritrovano dieci volte l’anno a cena (si badi bene, in pubblico, perché poi chissà quante volte in privato, ndr), ma si conoscono solo di vista, non sono amici e non stanno tra loro in confidenza.
Prendiamo atto che questa torbidissima vicenda è molto più del cacio sui maccheroni per Vendola, Tedesco ed i vertici del PD nazionale più volte tirati in ballo, perché mentre si conducono procedimenti disciplinari contro Laudati e Digeronimo, nessuno si occupa più della Sanitopoli pugliese o della questione di una presunta maxitangente del Miulli e si sta pigramente ad aspettare la prescrizione dei reati, come fatto con Penati. Le giustificate rimostranze per iscritto della pm Digeronimo non sono state prese bene negli ambienti giudiziari ed hanno sortito l’effetto esattamente opposto a quello di veder rispettata la propria dignità professionale, di essere tutelata nel proprio lavoro di pubblico ministero, e nella veste di magistrato, di ottenere giustizia per le pressioni, le intimidazioni e le false accuse rivoltole per screditarla e metterla in difficoltà. Dopo essersi opposto con tutte le sue forze all’ingiusto provvedimento, alla fine Laudati s’è dovuto rassegnare a chiederlo lui per evitare di fornire al CSM il pretesto per aprire un fascicolo sul suo conto, che Dio solo sa dove avrebbe potuto condurre. Due giorni fa anche Desirèe Digeronimo ha fatto buon viso a cattiva sorte chiedendo al CSM di essere trasferita, qualcuno dice a Roma, ma manca la conferma in merito alla destinazione. La notizia è trapelata a conclusione di un processo per mafia dove la Digeronimo era impegnata come pm dell’antimafia barese, ruolo che ha lasciato a marzo per scadenza del mandato. Così, dopo 15 anni di duro lavoro nella direzione antimafia di Bari la Digeronimo si è anche lei rassegnata ad andarsene perché ritiene, e chi può darle torto, che non ci siano più le condizioni per continuare a svolgere serenamente il suo lavoro nel Palazzo di Giustizia nella città di San Nicola. A suo carico era stata aperta una procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale, per la quale il 9 luglio è stata fissata la sua audizione. Una procedura che, con ogni probabilità, sarà sospesa. Gli organi superiori della giustizia sono sempre pronti a perdonare i figlioli prodighi e ad accogliere con affetto chi si allinea e rinuncia alle sue manifestazioni di protesta, ma sanno anche essere duri e spietati con chi non abbassa la testa e si ribella. Però prima di trasferirsi senza altri danni collaterali, la Digeronimo dovrà dare fuoco alla corposa memoria difensiva al vetriolo che ha preparato per rintuzzare ogni accusa. Una raccolta di documenti, allegati, foto e controdeduzioni con cui il magistrato smonta una dopo l’altra le accuse mosse a suo carico, alcune sollevate contro di lei dalle infamanti dichiarazioni rese al CSM da suoi colleghi baresi collaborazionisti. A Palazzo dei Marescialli, la procedura disciplinare era stata motivata con “improprie commistioni tra i suoi rapporti personali e la funzione svolta”. Un’accusa che il pm respinge, contestando puntualmente le presunte prove, tra le quali addirittura sue intercettazioni illegali che sarebbero state fatte contro di lei in modo abusivo in quanto non autorizzate – e causa di procedimento penale in cui la stessa Digeronimo si è costituita parte civile nel processo che vede Antonio Laudati imputato con l’accusa di abuso d’ufficio – , e dimostrando l’infondatezza degli addebiti che le vengono rivolti. Una difesa nella quale lei non ripone più troppe speranze di veder esaminata con le dovute obbiettività ed attenzione, ora che ha perso ogni fiducia nell’organo giudicante tanto da convincersi a chiedere di andare via da Bari dove ritiene, evidentemente, che per lei l’aria s’è fatta pesante, molto pesante. Vedremo gli sviluppi. Nel frattempo lanciamo un annuncio: “AAA, cercasi pm disposti ad occuparsi dei fascicoli aperti sul governatore pugliese Vendola al fine di un suo eventuale rinvio a giudizio ed a sostenere l’accusa in eventuali procedimenti penali a suo carico”. Alla luce dei precedenti in merito, dubitiamo che qualcuno si farà avanti. Ma se spuntasse qualcuno, siamo certi che la prima cosa che chiederà sarà la lista delle trattorie ed il calendario delle cene tra conoscenti, ma solo di vista, nel corso delle quali ci si occuperà delle questioni giudiziarie dello Zar di tutte le Puglie tra una burrata ed un piatto di orecchiette, un polipetto alla brace ed un bicchiere di Locorotondo doc ben gelato.
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