Il ddl del Movimento 5 Stelle anti-Pd e Pdl
di Donato De Sena - Mentre il centrosinistra depositava la proposta di legge per escludere i grillini dalle elezioni Politiche, in Parlamento compariva anche il piano per stravolgere i vecchi partiti riformando i criteri di incandidabilità. Un'idea niente male, tra l'altro
Limite di due legislature al mandato di parlamentare. Incandidabilità dei condannati. Introduzione delle preferenze. Il piano del Movimento 5 Stelleper rivoluzionare la composizione di Camera e Senato e, di fatto, impedire in futuro l’ingresso in Parlamento di quasi tutti i principali esponenti di Pd e Pdlesiste davvero ed è stato depositato lo scorso 10 aprile presso gli uffici di Palazzo Madama da tutti i 53 senatori del partito di Beppe Grillo. Il disegno di legge, atto n. 452 del Senato, di cui è primo firmatario il capogruppo Vito Crimi, e denominato “Riforma dei criteri di candidabilità”, riprende una vecchia proposta di iniziativa popolare del 2007 e lascia poco adito a dubbi sull’intenzione dei grillini di travolgere i vecchi partiti.Annunci Google
“NO AL PARLAMENTO DI CORROTTI E DELINQUENTI” – I senatori del M5S scoprono le loro carte senza troppi giri di parole. “Il Parlamento – spiegano nella relazione che accompagna gli articoli – è lo specchio della società. E la società deve potersi specchiare senza macchie nel Parlamento. Se la nostra fosse una società di corrotti e delinquenti, allora sarebbe giusto che anche in Parlamento sedessero corrotti e delinquenti. Ma se la nostra è, come noi crediamo, una società pulita, fatta di gente onesta, che si ispira ai valori della democrazia, della libertà, dell’eguaglianza, della solidarietà, allora anche il Parlamento deve rispecchiare questi valori, facendo pulizia al proprio interno.
DUE MANDATI E STOP AI CONDANNATI – La “pulizia” a 5 Stelle per innescare un “cambio di rotta” rispetto al passato e lanciare alla società un “messaggio importante” di rottura rispetto al “modello di politico corrotto e delinquente”, viene subito sancita all’articolo 1 (di modifica al decreto legislativo n. 235 del 31 dicembre 2012), che recita:
Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore: a) coloro che hanno ricoperto per due volte l’ufficio di membro del Parlamento; b) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per delitto non colposo ovvero a pena detentiva superiore a mesi dieci e giorni venti di reclusione per delitto colposo.
L’articolo 3 chiarisce poi la durata dell’espulsione dal mondo della casta:
L’incandidabilità alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento europeo spettante all’Italia, derivante da sentenza definitiva di condanna per i delitti indicati all’articolo 1, decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza stessa ed è perpetua.
“RABBIA, FRUSTRAZIONE, ABBATTIMENTO, VERGOGNA” – Insomma, mentre il Pd pensa di depositare una proposta per escludere dalle competizioni elettorali i movimenti (come il 5 Stelle) che non rispondono ai requisiti dell’articolo 49 della Costituzione, limitando la partecipazione alla competizione ai partiti “qualificati come associazioni dotate di personalità giuridica”, i grillini presentano un progetto per eliminare in un battibaleno Enrico Letta, Anna Finocchiaro, Luigi Zanda, Pier Luigi Bersani, Silvio Berlusconi, Renato Schifani, Renato Brunetta, Pier Ferdinando Casini e tutti i big della politica nazionale che occupano un seggio senza interruzione dal 2001 (o data precedente). Tutto in linea con le invettive di Grillo:
Questo disegno di legge risponde ad un sentimento assai diffuso tra i cittadini italiani, ad un senso di rabbia e frustrazione, ma anche di avvilimento e vergogna, per quanto è malato il sistema politico nazionale. Le scandalose vicende coinvolgenti tanto i singoli personaggi politici quanto gli stessi partiti, che sono balzate agli onori della cronaca negli ultimi anni e che hanno coinvolto, trasversalmente, entrambi i poli dell’attuale schieramento politico, dimostrano come molti, troppi politici abbiano occupato le istituzioni con l’intendimento di esercitare un potere personale o di parte, e non di svolgere un servizio alla collettività, come invece dovrebbe essere. E ciò, purtroppo, accade anche in Parlamento.
IL RITORNO ALLE PREFERENZE – La possibilità di indicare il nome del candidato al Parlamento dovrebbe per impedire l’elezione di persone che dimostrano “fedeltà al partito ma non anche agli elettori e alle istituzioni” e per concedere agli stessi elettori la possbilità di giudicare l’operato dei politici. L’articolo 4 del ddl chiede modifiche al decreto del presidente della Repubblica n. 361 del 30 marzo 1957 per stabilire che:
Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista e di un voto per l’espressione della preferenza tra i candidati compresi nella lista votata. Il voto di lista si esprime tracciando, con la matita, un segno, comunque apposto, sul rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta. Il voto di preferenza si esprime indicando, nell’apposita riga a fianco del contrassegno della lista votata, il candidato prescelto.
COSA SUCCEDEREBBE – Se il ddl del M5S diventasse legge nel solo Pdl insieme a Berlusconi, Brunetta e Schifani risulterebbero incandidabili anche il segretario di partito e vicepremier Angelino Alfano, gli ex ministri Mara Carfagna e Michela Vittoria Brambilla, l’ex capogruppo Fabrizio Cicchitto, i ministri Gaetano Quagliariello, Nunzia Di Girolamo, Beatrice Lorenzin e Maurizio Lupi e gran parte di deputati e senatori eletti a febbraio. Nel Pd insieme a Letta e Bersani andrebbero a casa il ministro Dario Franceschini e Rosy Bindi. Stesso destino di Nichi Vendola e Gennaro Migliore di Sel, dell’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, dei leghisti Umberto Bossi e Roberto Maroni. Non potrebbero poi ritornare in Aula Romano Prodi ed Emma Bonino, come pure Gianfranco Fini e Antonio Di Pietro. Non c’è che dire: una rivoluzione.
IL DDL ANTI-M5S – Il testo di legge del Pd “anti-M5S”, già presentato nella precedente legislatura, intende imporre per legge alle formazioni Politiche che intendono partecipare alle elezioni per il rinnovo del Parlamento l’indicazione degli “organismi dirigenti, le loro competenze e le modalità della loro elezione e la durata degli incarichi, che sono conferiti a tempo determinato”, delle procedure “per l’approvazione degli atti che impegnano il partito”, del metodo utilizzato per “le decisioni che caratterizzano la vita di un partito: le alleanze elettorali, la scelta di uno schieramento e così via”. Il mancato acquisto della personalità giuridica – secondo il ddl Finocchiaro-Zanda – preclude l’accesso ai finanziamenti pubblici e la partecipazioni alle competizioni.
(Fonte foto: LaPresse)
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