Cinque fumate nere a Camera e Senato. Vota solo M5S che debutta tra cravatte, no-Tav e apriscatole. Parlamentari si siedono in alto a Montecitorio 'per controllare'
Foto ricordo dei deputati del M5S
Silvia Giordano del Movimento 5 Stelle alla Camera
I deputati del M5S salutano in aula alla Camera
Debutto del M5S alla Camera
I deputati del M5S alla Camera
L'arrivo a Montecitorio di Roberto Fico, candidato alla presidenza della Camera M5S
Un apriscatole sui banchi dell'Aula di Palazzo Madama (da Twitter)
Federica Daga, del M5S, mentre beve da una bottiglia alla Camera
Marta Grande del Movimento 5 Stelle alla Camera
L'arrivo in bici di Alessandro di Battista, deputato 'cittadino' del M5S
L'arrivo a Montecitorio di Roberto Fico
La senatrice del Movimento 5 Stelle Enza Blundo
Banchi con deputati del M5S alla Camera
Roberto Fico alla Camera
Roberto Fico alla Camera durante la seduta di insediamento del parlamento della XVII legislatura
Il presidente di turno di Palazzo Madama Emilio Colombo
Ingresso alla Camera
Seduta alla Camera in frame da Sky
Ingresso alla Camera
Roberto Fico
Vito Crimi
Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi
Roberta Lombardi capogruppo alla Camera del Movimento Cinque Stelle arriva in Senato per il vertice tra il Movimento e il Pd
Bersani e Grillo
Pier Luigi Bersani
Beppe Grillo
La direzione del Pd
Renzi, ospite della trasmissione Ballarò
Roberta Lombardi e Vito Crimi
Grilo in macchina dopo la riunione con gli eletti del M5S
E' il Quirinale, in queste ore di convulse trattative e di fumate nere, il vero crocevia politico dove trovare una soluzione al problema della governabilità. Dall'esito delle votazioni a Camera e Senato per l'elezione dei due presidenti, infatti, dipenderà tutto lo sviluppo strategico dei successivi appuntamenti, vale a dire la formazione del nuovo governo e l'elezione del successore di Giorgio Napolitano.
La scelta dei gruppi principali di votare scheda bianca, senza nemmeno presentare il proprio candidato di bandiera, ha trasmesso l'immagine concreta delle sabbie mobili proprio mentre i grillini facevano la cosa più semplice agli occhi dell' opinione pubblica: votare i loro uomini. Ancora una volta, sul piano della comunicazione, una sconfitta: soprattutto per il Pd, il partito a cui spetta il compito di fare il primo passo.
Ciò spiega l'allarme del Colle, in un momento in cui anche in Europa si denuncia il rischio di un rigetto sociale del progetto comunitario a causa della grave crisi economica (parole di François Hollande). Non sono momenti in cui le Camere possono essere abbandonate a se stesse senza un governo (il "Parlamento governante" nella testa dei 5 stelle) e nemmeno si può perdere tempo in estenuanti balletti spesso destinati all'insuccesso. Pierluigi Bersani si trova di fronte ad un bivio: votare il candidato di Grillo alla presidenza della Camera senza nessuna garanzia in cambio, tanto per tentare di trasmettergli il senso del peso politico che pesa sulle spalle del Movimento, come gli suggerisce Nichi Vendola; oppure dare la presidenza di uno dei due rami del Parlamento ai centristi di Mario Monti, il che significherebbe avviare quel percorso di larghe intese sempre ostinatamente scartato a priori.
Nel primo caso il segretario del Pd potrebbe far valere la buona volontà di rinnovamento del suo partito, sebbene sia molto dubbio che il leader 5 stelle rinunci all'idea di una "nuova storia che ha inizio" per salvare un Paese che - dice ai media tedeschi - è ormai "un cumulo di macerie". Nel secondo dovrebbe acconciarsi a subire una strategia che non è la sua, ma che si va facendo strada nel Pd e che sembra anche più gradita al capo dello Stato: il governo di scopo varato dal Presidente e la cui guida potrebbe essere affidata proprio al nuovo presidente del Senato. Per questo compito i montiani hanno messo in campo nuovamente la candidatura del Professore: ma ci sono difficoltà di ordine istituzionale (chi guiderebbe il governo attuale mentre Monti sale alla seconda carica dello Stato?) e anche politico perché il Pdl e soprattutto la Lega (contattata dagli sherpa democrat) avrebbero molte difficoltà a votare il premier uscente, sia pure "turandosi il naso".
Questo è il motivo per cui sembrano avanzare altre candidature del Pd alla guida del Senato: in particolare quella di Anna Finocchiaro, una donna che ha sempre coltivato buoni rapporti con il centrodestra, certamente una novità, per tentare il varo di un nuovo esecutivo del Presidente. S'intende però che, come avvertono i berlusconiani e anche i centristi, tutto dovrebbe essere subordinato ad un'intesa più ampia per approvare alcune riforme urgenti (legge elettorale, costi della politica, immissione di liquidità nel sistema) e poi tornare al voto. Non proprio una Grosse Koalition, dunque, ma larghe intese che permetterebbero a Grillo di scorrazzare per la prateria dell'insoddisfazione e prepararsi per il secondo round. Del resto si tratta di un uomo che ammette di essere inquietato dalla parola governo e che preferisce risolvere tutto on line, sebbene spesso non si sappia chi c'é dietro le tante identità della rete. E' una partita complessa. Il governo di scopo è una strada che non consente a Bersani di avere nemmeno un mandato esplorativo e che al momento divide in due o addirittura in tre fazioni i democratici. Stile vecchia Repubblica. Ma presuppone anche almeno un'intesa implicita con Silvio Berlusconi il quale ha in piedi un'esplosiva partita giudiziaria e chiede che al Colle salga un personaggio di garanzia. La cui figura non è per la destra quel Romano Prodi a cui pensa lo staff bersaniano.
(ANSA)
Nessun commento:
Posta un commento