Gli anni
che corrono dal 1975 al 1981 segnano il periodo cruciale nella storia della
Loggia P2 per le
vicende
che essa attraversa sia all'interno della massoneria che al di fuori di essa.
Per la
comprensione
di tali avvenimenti vanno premesse alcune considerazioni di ordine generale
senza
le quali
risulta difficile la lettura dell'ampia documentazione in possesso della
Commissione.
Si deve in
primo luogo ricordare che è proprio in questi anni che va posto il
culmine di
espansione della loggia; sono questi anni nei quali, sia in termini
quantitativi che in termini
qualitativi,
l'attività di proselitismo del Gelli perviene a dimensioni che trascendono di
gran lunga
la portata
ridotta della antica Loggia Propaganda, tradizionalmente conosciuta dal Grande
Oriente.
Salvo quanto in seguito si dirà sulla reale consistenza della associazione, il
numero degli
affiliati
arriva a rappresentare comunque una quota oscillante tra il 10 e il 20 per
cento dell'intero
organico
degli iscritti attivi al Grande Oriente. Ben si intende quindi come questo
fenomeno
trascenda
ampiamente la ristretta cerchia di «casi di coscienza» che, secondo
l'espressione del
Gamberini,
giustificava la creazione di una loggia riservata. Ancor più rilevanti sono i
risultati ai
quali si
perviene sotto il profilo qualitativo delle adesioni, tra le quali si
annoverano figure
eminenti
in campo nazionale nei settori della pubblica amministrazione, sia civile che
militare,
dell'economia,
dell'editoria ed infine del mondo politico.
Altra
considerazione, dalla quale non si può prescindere, è quella relativa al
graduale venire a
conoscenza
presso l'opinione pubblica dell'esistenza del personaggio Gelli e della sua
organizzazione,
che vengono posti all'attenzione, con connotati non rassicuranti, da parte di
organi di
stampa qualificati, i quali, pur nella approssimitività delle informazioni,
sottolineano la
pericolosità
del fenomeno ed il suo collegamento con attività illecite, di criminalità sia
comune che
politica.
Non va
infine scordato che sono questi gli anni contrassegnati da una fase politica di
estremo
interesse
che segue ai risultati elettorali del 1976 e dal nuovo ruolo che, in
conseguenza di essi,
assume il
partito comunista nel quadro politico nazionale: è quindi entro queste
coordinate di
riferimento,
sia interne che esterne alla massoneria, che vanno studiati lo sviluppo e
l'assetto della
Loggia P2
e le vicende di Licio Gelli.
Il punto
di partenza è costituito dalla Gran Loggia di Napoli del dicembre 1974 quando i
Maestri
Venerabili
del Grande Oriente votano quasi all'unanimità la «demolizione» della Loggia
Propaganda.
In esecuzione di tale deliberato il Gran Maestro Salvini decreta (30 dicembre
1974) la
abrogazione
dei «regolamenti particolari governanti attualmente la Risp.
Loggia P2 e le deleghe e norme
organizzative ed amministrative da essi
derivanti». Il
Salvini chiedeva altresì ai fratelli coperti se
intendessero
mantenere tale posizione, rivelando in tal modo che la vera finalità
dell'operazione
era quella
di mantenere in vita la Loggia P2, espellendone peraltro Licio Gelli.
Interviene
in tale momento la vicenda della Gran Loggia all'Hotel Hilton, sopra ricordata,
con gli
attacchi
portati al Salvini e poi ritirati e il nuovo accordo Gelli-Salvini, garantito
dal Gamberini; sta
di fatto
che subito dopo tali eventi, in data 12 maggio 1975, il Salvini decreta la
ricostituzione della
Loggia P2,
stabilendo, tra l'altro, che essa «non apparterrà per il momento, a nessun
Collegio
Circoscrizionale dei Maestri Venerabili e
sarà ispezionata dal Gran Maestro o da un suo Delegato». La
nuova
Loggia P2 ha un piè di lista ufficiale dal quale si rileva che di esso fanno
parte sette fratelli:
pochi
giorni dopo il Salvini, con procedura del tutto anomala, eleva il Gelli alla
carica di Maestro
Venerabile
della ricostituita loggia. Le minute, sia del decreto di ricostituzione, sia
della lettera di
nomina,
come già accennato, firmati dal Salvini, sono di pugno del sempre presente
Gamberini,
nume
tutelare della vita massonica di Licio Gelli.
Al tirar
delle somme si constata quindi che questa prima fase si apre con la presa di
posizione di
Maestri
Venerabili che votano la eliminazione dal corpo massonico della Loggia
Propaganda per
chiudersi
con una sua ristrutturazione il cui effetto sostanziale è quello di rendere
ancora più
riservata
l'organizzazione che ha adesso un pié di lista ufficiale, mentre come precisa
il Gelli
scrivendo
al Gran Maestro «rimane inteso che detta loggia avrà
giurisdizione nazionale ed i fratelli, per la
loro personale situazione, non dovranno
essere immessi nella anagrafe del Grande Oriente».
A questa
prima ristrutturazione doveva seguirne nel giro di un anno una ancor più
radicale.
Accadeva
infatti nel frattempo che il Gelli e la Loggia Propaganda venivano a trovarsi
al centro di
campagne
di stampa di ampia risonanza che mettevano gli ambienti della loggia in
contatto con
eventi di
malavita, quali i sequestri di persona, e con ambienti dichiaratamente di
destra. Si
vedano al
proposito sia le disavventure giudiziarie dell'avvocato Minghelli, compreso nel citato
piè di
lista ufficiale, arrestato per riciclaggio di denaro proveniente dai sequestri,
sia gli articoli
apparsi su
l'Unità e su altri quotidiani che ponevano in relazione Gelli e Saccucci
e la lettera di
smentita
che Gelli invia al quotidiano nel maggio del 1976, dopo essersi fatto
rilasciare da Italio
Carobbi un terzo certificato di benemerenza partigiana. Gelli e
la sua loggia costituiscono sempre
più un
peso non facilmente tollerabile per una organizzazione come il Grande Oriente,
mentre nel
contempo
possono ormai dirsi ben lontani i tempi dell'assoluta ignoranza e disattenzione
presso
l'opinione
pubblica nei confronti della massoneria e nelle sue vicende organizzative
interne. E’ lo
stesso Gelli
a chiedere allora l'inusitato provvedimento, non contemplato dagli statuti e
dalla
pratica
massonica, della sospensione dei lavori della Loggia P2: la domanda viene
accolta (26
luglio
1976) con la concessione della «sospensione dei lavori a tempo indeterminato».
Ma la
cautela
della Gran Maestranza del Grande Oriente va oltre provvedendo ad una più
radicale,
sterilizzazione
amministrativa della ingombrante figura del Gelli al quale viene comminata la
sospensione
dall'attività massonica per tre anni.
Nell'autunno
del 1976 viene infatti incardinato un procedimento massonico a carico di Gelli
e di
vari altri
personaggi per i fatti relativi alla Gran Loggia di Roma tenuta un anno e mezzo
prima.
Questa
vicenda giudiziaria massonica merita una attenzione particolare, infatti è
doveroso
ricordare
che i processi massonici a carico di Gelli erano due: oltre a quello già
citato, era stato
instaurato
presso il Tribunale del Collegio Circoscrizionale Lazio-Abruzzo un processo
massonico
per le
ormai pubblicamente note e sospettate collusioni tra Loggia P2, eversione nera
e anonima
sequestri.
L'azione del Grande Oriente in tale congiuntura fu quella di avocare presso la
Corte
centrale -
superando le vive resistenze dell'organo periferico che gli atti ampiamente
documentano
- questo
processo di ben più grave contenuto e di unificarlo a quello relativo alle
offese al Gran
Maestro; a
questo contesto procedimentale vennero altresì annessi i processi relativi ai
cosiddetti
«massoni
democratici», anche in questo caso espropriandone il Collegio Circoscrizionale,
dopo
una
contrastata ulteriore procedura di avocazione.
Il
risultato finale di questa complessa operazione fu il seguente:
a) il
primo processo a carico di Gelli, relativo a sole vicende massoniche, si
concluse con la
censura
solenne per le offese al Gran Maestro;
b) l'altro
processo, relativo a situazioni di grave rilievo esterno, scomparve, perché di
esso non vi
è traccia
nella sentenza;
c) il
processo a carico del gruppo dei «massoni democratici», anch'esso avocato, si concluse
con
l'espulsione
dall'Ordine di Siniscalchi, Bricchi, eccetera.
Il senso
dell'operazione appare chiaro quando si consideri che il processo che portò
alla censura di
Gelli fu
incardinato dopo più di un anno dall'episodio che ne costituiva il presupposto
–
concludendosi
poi nel giro di due soli mesi - evidentemente all'esclusivo scopo di creare in
sede
centrale
il presupposto processuale per le avocazioni del grave e più compromettente
processo a
carico di
Gelli, instaurato in sede circoscrizionale, e del processo, sempre in tale sede
avviato, a
carico dei
cosiddetti «massoni democratici».
L'esito
della sentenza conferma l'interpretazione proposta, quando si consideri che
Gelli venne
subito
dopo graziato dal Salvini, con un provvedimento interno al quale non venne
peraltro data
pubblicità
alcuna.
Non si può
non sottolineare a tale proposito che questa sottile strategia giudiziaria è
imputabile in
modo
esclusivo alla sede centrale del Grande Oriente e che fu attuata solo superando
le vivaci
resistenze
della sede circoscrizionale, con palesi violazioni degli statuti massonici. Ma
il risultato
ancor più
rilevante è che la sospensione del Gelli comportava, come abbiamo detto, la
sospensione
per tre
anni, poneva cioè una certa distanza di sicurezza tra il Venerabile ed il
Grande Oriente, ma
solo
nell'apparenza delle cose perché noi sappiamo che nella sostanza l'intreccio
Salvini-Gelli-
Gamberini
continuava come sempre ad operare, pur tra i noti contrasti, nella stessa
immutata
direzione
di sostegno e di incentivazione dell'operazione piduista. A stretto rigore di
ortodossia
statutaria
si dovrebbe comunque fermare la storia massonica della Loggia P2 al termine del
1976.
E’ a tale
artificiosa situazione procedurale che evidentemente si fa riferimento quando
si afferma
che la
Loggia Propaganda 2 altro non è che un gruppo privato del Gelli da questi
organizzato
all'insaputa
del Grande Oriente, attivata valendosi abusivamente delle insegne di questo:
tale
assunto
sarebbe comunque valido limitatamente al periodo di sospensione citato, che
decorre dal
luglio
1976, ma in realtà anche in tale più circoscritta accezione questa tesi non può
essere
accettata.
Ostano
infatti a tale interpretazione alcune circostanze che risultano provate da atti
in possesso
della
Commissione.
1) In
primo luogo il 20 marzo 1979 il Gelli scrive al nuovo Gran Maestro, Ennio
Battelli, quanto
segue: «In relazione a quanto concordato in data 14 febbraio 1975 con il Tuo
illustre predecessore, mi pregio
confermare che i nominativi al VERTICE del
R.S.A.A.1 non appariranno "nel piè di lista" del R.L.
Propaganda 2 (P2) all'ORIENTE di ROMA.
Resta ben inteso che della R.L. continuerà
ad avere giurisdizione nazionale ed i Fratelli non potranno essere
immessi nell'anagrafe del G.O., mentre le
capitazioni saranno da me pagate».
Si noti in
tale documento il richiamo alla lettera del 14 febbraio 1975 sopra citata, che
denota una
continuità
mai interrotta di rapporti tra il Grande Oriente e la Loggia P2 e denuncia in
maniera
inequivocabile
la natura fittizia e strumentale del piè di lista ufficiale.
2)
Altrettanto esplicito è il significato della seguente lettera inviata da Lino
Salvini a Licio Gelli in
data 15
aprile 1977: «Ti delego ai rapporti con i FFr.
inaffiliati, ossia a quei FFr. che non risultano iscritti
ai ruoli, né delle Logge come membri attivi
né del Grande Oriente come membri non affiliati.
Sono dunque i FFr., nella tradizione
massonica italiana chiamati Massoni a memoria, quelli di cui dovrai
curare i contatti, ai fini di perfezionarne
la vocazione e la preparazione massonica.
Per effetto dì tale delega, risponderai
soltanto a me per quanto farai a tale scopo, promuovendo e sollecitando
quelle realtà che Tu stesso reputerai di
interesse e di utilità per la Massoneria.
Sono sicuro che Tu svolgerai questo
importante ruolo con l'animo intrepido che hai rivelato di fronte ai
proditori attacchi dei traditori della
Istituzione».
3) In
terzo luogo è provato che sia il Salvini che il Battelli non cessarono di
consegnare al Gelli
tessere in
bianco per procedere ad iniziazioni in assoluta autonomia.
4) Queste
iniziazioni erano per lo più celebrate dal Gamberini nella sua qualità di
passato Gran
Maestro,
la quale, d'altronde, lo abilitava a partecipare ai lavori della giunta
direttiva del Grande
Oriente.
5) Nel 1980
il Gelli invia al Grande Oriente la somma di lire 4 milioni quale versamento
delle
quote
degli iscritti per il triennio precedente.
6) Si
aggiunga infine a tali elementi, la normativa predisposta nell'autunno del
1981, con la quale si
fissavano
da parte del Grande Oriente le modalità per il reinserimento degli iscritti
alla Loggia P2
nel
circuito ordinario della vita massonica.
1 Rito
Scozzese Antico ed Accettato.
Ma al di
là dei riferimenti testuali e documentali, pur inequivocabili, da inquadrare
peraltro nella
assoluta
disinvoltura con la quale il Grande Oriente gestiva le procedure, quello che va
realisticamente
considerato è che non appare assolutamente credibile sostenere che l'attività
massiccia
di proselitismo portata avanti in questi anni dal Gelli - che coinvolgeva
alcune centinaia
di
persone, per lo più di rango le cultura di livello superiore - sia potuta
avvenire frodando allo
stesso
tempo ed in pari misura il Grande Oriente e gli iniziandi. Né appare
dignitosamente
sostenibile
che tutto ciò si sia verificato senza che il primo venisse mai a conoscenza del
fenomeno
ed i
secondi non venissero mai a sospettare della supposta frode perpetrata a loro
danno,
consistente
nell'affiliazione abusiva ad un ente totalmente all'oscuro di tale procedura.
Sembra
invece più ragionevole ritenere che la sospensione decretata nel 1976
rappresentò una più
sofisticata
forma di copertura, alla quale fu giocoforza ricorrere perché Gelli e la sua
loggia
costituivano
un ingombro non più tollerabile per l'istituzione. Si pervenne così al duplice
risultato
di
salvaguardare nella forma la posizione del Grande Oriente, consentendo nel
contempo al Gelli
di
continuare ad operare in una posizione di segretezza che lo poneva al di fuori
di ogni controllo
proveniente
non solo dall'esterno dell'organizzazione ma altresì da elementi interni. A tal
proposito
si ricordi che non ultimo vantaggio acquisito era quello di avere eliminato
dall'organizzazione
il gruppo dei cosiddetti «massoni democratici», avversari di lunga data del
Gelli e
dei suoi protettori.
La
situazione che si delinea al termine del lungo processo sin qui ricostruito è
pertanto
contrassegnata
da due connotati fondamentali:
1) Gelli
ha acquisito nella seconda metà degli anni settanta il controllo completo ed
incontrastato della Loggia Propaganda Due, espropriandone il naturale titolare e cioè
il Gran
Maestro;
2) la
Loggia Propaganda Due non può nemmeno eufemisticamente definirsi riservata e
coperta:
si tratta ormai di una associazione segreta, tale segretezza sussistendo non solo nei
confronti
dell'ordinamento
generale e della società civile ma altresì rispetto alla organizzazione che ad
essa
aveva dato
vita.
Rileviamo
inoltre che le due ristrutturazioni seguite alla «demolizione», votata dalla
Gran Loggia
nel 1974,
furono strettamente interdipendenti alle vicende personali di Licio Gelli tanto
nella loro
genesi,
quanto nel loro risultato finale, secondo quella logica di identificazione tra
la Loggia
Propaganda
e Licio Gelli che, sin dall'ingresso di questi in massoneria, fu dai massimi
dirigenti di
Giustiniani
programmata e perseguita secondo una non smentita linea di comportamenti.
Furono
infatti i
responsabili della comunione che, manovrando statuti e procedure interne,
crearono una
situazione
nella quale le insegne della massoneria venivano a fungere da schermo o, se si
preferisce,
da pretesto ad un organismo avente natura e finalità affatto peculiari. Ma sia
ben chiaro
che tali
anomalie altro non furono se non il frutto di processi interni alla istituzione
che a questa
organizzazione
aveva dato origine, che aveva consentito si evolvesse verso l'assetto finale,
guidandone
con accorta regia lo sviluppo, che ne aveva infine tutelata la forma
particolare di
organizzazione
raggiunta.
Concludendo la ricostruzione di queste vicende
la Commissione può pertanto affermare che la
Loggia P2 può a buon diritto essere definita
una loggia massonica, secondo la terminologia
adottata dalla legge di scioglimento votata
dal Parlamento, per la primaria considerazione che
la sua forma degenerativa rispetto alla
comunione di appartenenza fu dalla stessa, nella
espressione dei suoi vertici elettivi,
consapevolmente voluta e realizzata.
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