L'analisi
della struttura associativa che abbiamo sviluppato ci consente di affrontare il
problema
delle
responsabilità degli affiliati in termini corretti, evitando di dare adito a
controproducenti
polemiche.
Partendo infatti dalla distinzione tra fine immediato e fine ultimo della
loggia ci
sembra
naturale concludere che tutti gli affiliati erano responsabili di
appartenere ad una
associazione che aveva il fine evidente di
interagire nella vita del paese in modo surrettizio.
Rispetto
al fine ultimo invece, cui tale inquinamento era diretto, si può affermare che
la media
degli
affiliati ne era sostanzialmente non avvertita, per lo meno quanto alla sua
concreta effettiva
natura di
pericolo grave per la società civile. Questa generale esenzione non va peraltro
estesa a
tutti
coloro per i quali è lecito presumere che l'elevato incarico ricoperto
(pubblico o privato che
fosse),
ovvero la natura delicata delle funzioni svolte non consentono errori di
valutazione così
macroscopici
o compromissioni di sorta nell'adempimento del proprio dovere.
Proseguendo
nell'analisi del problema va ricordato che, in sede di procedimento
disciplinare,
alcuni
ufficiali hanno addotto a giustificazione della loro adesione l'invito loro
rivolto da ufficiali
gerarchicamente
sopraordinati, i quali avrebbero fatto intendere, più o meno velatamente, che
l'ingresso
nell'organizzazione costituiva passaggio obbligato per lo sviluppo della
carriera. Se è di
palese
evidenza che un simile comportamento costituisce una aggravante per coloro che
hanno
esercitato
simili forme di pressione, lo spunto in esame si offre ad alcune considerazioni
di più
ampio
respiro.
Il modulo
di domanda per l'affiliazione alla Loggia P2 conteneva, oltre alle richieste di
informazione
che è dato attendersi in consimili occasioni, un'illuminante postilla: «...eventuali
ingiustizie subite nel corso della carriera:
...; ...danno conseguente: ... ; ... persone, istituzioni od ambienti a
cui si ritiene possano essere attribuiti:
...».
Questi
dati ci pongono di fronte all'esemplificazione palese del viziato rapporto
associativo che
sottostava
a questo organismo, al malsano intreccio di interessi che sin dal primo momento
il
Venerabile
Licio Gelli proponeva e gli affiliati accettavano, quale base della mutua
collaborazione
futura. La
sottoscrizione di questa domanda suona a disdoro per tutti coloro che vi hanno
apposto
la loro
firma, perché essi hanno così denunciato la loro sfiducia nell'ordinamento
quale fonte di
tutela e
garanzia dell'individuo, affidandosi a tal fine ad una organizzazione parallela
e
clandestina.
Soccorre qui naturale il richiamo alle
organizzazioni mafiose,
già proposto, e alla loro collaudata
tecnica di
porsi allo stesso tempo come fonte di illegalità e di protezione contro
l'illegalità da esse
stesse
creata, che costituisce il cardine di una sostanziale operazione tentata di
avocazione di
poteri
statuali, nella quale va individuata la maggior ragione di pericolo di tali
forme associative
per la
collettività. Analogamente la Loggia P2 sperimentava nei confronti di coloro
che venivano
individuati
come elementi utili per l'organizzazione, quando recalcitranti, forme di
pressione delle
quali sono
testimonianza, ad esempio, l'esperienza dell'onorevole Cicchitto, che ha denunciato di
essersi
iscritto dopo una persistente opera di pressione intimidatoria e le denunce
degli ufficiali
subalterni,
sopra ricordate.
La
valutazione della responsabilità degli iscritti va poi riportata, secondo
quanto ha osservato il
Commissario
Battaglia, al momento di appartenenza alla Loggia P2, distinguendo tra coloro
che
ad essa
appartenevano prima dell'ingresso di Licio Gelli nell'organizzazione e coloro
che ad essa
hanno
aderito durante il periodo della gestione gelliana, con particolare riferimento
alla seconda
fase
caratterizzata dalla sostanziale emancipazione dalle strutture massoniche che
funzionavano
oramai da
semplice copertura formale.
Contrariamente
a quanto sostenuto dagli iscritti in sede di esami testimoniali, lo studio
delle
vicende
del rapporto tra la loggia e le istituzioni massoniche che ad essa avevano dato
vita,
consente
di affermare che chi si affiliava alla Loggia P2 intendeva, soprattutto nel
secondo periodo
di
sviluppo, accedere piuttosto che alla massoneria, per l'appunto all'organizzazione
guidata da
Licio
Gelli.
In questo
senso, come abbiamo affermato che Gelli era un massone atipico, così è dato
osservare
che gli
affiliati alla Loggia P2 sono anch'essi massoni atipici tra i quali è dato
distinguere una varia
articolazione
di individui che va da veri e propri massoni ovvero da coloro che accedevano
alla
massoneria,
accettandone per altro le peculiarità organizzative della copertura - ed erano
questi
coloro che
appartengono alla loggia prima dell'arrivo di Licio Gelli – a coloro che
entrano nella
Loggia P2
sotto l’egida della gestione gelliana e che hanno un rapporto con l'istituzione
massonica
via via
più labile, secondo la rilevata progressiva emancipazione della loggia.
Questa
valutazione, che ci si ritiene in dovere di fornire sul comportamento degli
iscritti, attiene
alla
valutazione politica, propria come tale della Commissione ed alla quale la
Commissione è
doverosamente
tenuta, ed in nulla interferisce sulle deliberazioni che verranno prese in
proposito
dai
tribunali civili e militari, i quali sono tenuti, nella loro sovrana
prerogativa giudiziaria, ad
assumere
criteri di giudizio di diversa natura e di diverse conseguenze.
La
Commissione, giunta al termine dei suoi lavori, ritiene per altro doveroso
affermare, con
riferimento
all'elemento della posizione personale degli iscritti, che non ci si può
sottrarre
all'impressione,
ricavabile soprattutto dal contesto delle audizioni effettuate, che l'elemento
della
scarsa
affidabilità e la approssimativa deontologia di comportamento di molti
affiliati abbiano
giocato un
ruolo determinante nella creazione del sistema di potere gelliano. In questo
senso la
storia
della Loggia P2 è una storia di uomini sbagliati - una categoria del costume
l'ha definita il
Commissario
Mora – di uomini che non hanno risposto alla fiducia che in loro veniva riposta
dalla
società.
Durante le audizioni la Commissione ha riscontrato atteggiamenti negatori che
contestavano
emergenze istruttorie suffragate prima ancora che da innegabili riscontri
documentali,
dalla logica stessa dei fatti ed ha potuto constatare che tale atteggiamento
accomunava,
con sorprendente identità di tecniche e di forme, uomini che avrebbero dovuto
apparire
del tutto diversi tra loro per rango occupato nella società. Questo comune
porsi di fronte
alla
Commissione in posizioni di palese reticenza è del resto, vada detto in loro
danno, ulteriore
conferma
dell'ampiezza del fenomeno e della sua eccezionale gravità.
Una
precisazione finale è d'obbligo: la peculiarità della struttura associativa e
organizzativa della
Loggia P2
e la distinzione sulla consapevolezza dei fini - immediati e ultimi -
enunciata,
comportano
la ricostruzione di un modello funzionale che non consente di ritenere ciascun
componente
partecipe e responsabile di tutte le attività della loggia. Se è vero, infatti,
da un lato,
che la
compromissione degli affiliati con un organismo di accertata illecita natura è
complessivamente
certa, vero è anche, dall'altro, che tale compromissione varia tra il minimo
della
consapevolezza
del fine immediato (propria della media di base) ed il massimo della
programmazione
del fine ultimo eversivo, propria dei vertici.
Di più: il
tipo di organizzazione per settori verticali, operanti il più delle volte con
il sistema dei
compartimenti
stagni propri della Loggia P2, fa sì che l'attribuzione alla loggia di
determinate
attività
debba intendersi riferita non già all'intera associazione, sibbene solo al
settore competente
nella
relativa materia (così come, ad esempio, editoria, magistratura, commercio con
l'estero, forze
armate,
eccetera).
In
definitiva e per concludere, ogniqualvolta si voglia risalire a responsabilità
personali per attività
imputabili
alla loggia, occorrerà procedere innanzitutto alla individuazione del «settore»
dell'organizzazione
competente per materia e quindi all'individuazione dei singoli affiliati che di
quel
settore facevano parte.
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