Nel
fascicolo proveniente dal SISMI quindi sono contenute due note scritte, nel
1972 e nel 1974, da
ufficiali
del Centro di Firenze su incarico dell'allora comandante del Raggruppamento
Centri; dal
loro testo
emerge che Gelli avrebbe affermato, in data precedente
il giugno 1971, di essere un
agente del SID. La confidenza fu fatta a più persone, alle
quali Gelli forni anche una serie di
elementi
di riscontro, risultati poi attendibili; tra questi il suo nome di copertura
nel Servizio, che
era quello
di Filippo. Nell'occasione le note aggiornavano il quadro delle
conoscenze politiche del
Gelli e
gettavano luce sull'ultimo periodo frusinate. Gelli si era infatti trasferito
nel 1962 a
Frosinone
come uomo di fiducia del commendator Pofferi, proprietario della Permaflex, che lo
aveva
nominato direttore dello stabilimento locale. Risale a questo periodo
l'episodio delle
commesse
di materassi per le forze armate NATO, ottenute dal Pofferi grazie alla
intermediazione
di Gelli,
ma qualcosa d'altro avvenne poi a Frosinone perché Gelli è accusato nella nota
del 1974 di
essersi
appropriato di trecento milioni della Permaflex. Comunque alla fine del 1967
Licio Gelli
lasciò
Frosinone per Arezzo, passando ai materassi della società Dormire, dove
comincia il suo
rapporto
con i fratelli Lebole. Per la prima volta nella nota si parla
dell'appartenenza di Gelli a
logge
massoniche.
Come è
ammesso nella lettera di trasmissione (l° settembre 1981) le due note non
partirono mai per
Roma ed il
perché possiamo capirlo leggendone un brano significativo: «Dopo qualche giorno lo
stesso Comandante del... mise al corrente il
Comandante di questo Centro che l'allora Comandante del
Reparto D era andato su tutte le furie per
le indagini svolte sul conto di Gelli. Infatti qualche tempo dopo lo
stesso Comandante del Reparto D rimproverò
personalmente il Comandante di questo Centro di aver
ubbidito al Comandante del... nello svolgere
indagini su Gelli, persona, secondo lo stesso, influente e utile al
Servizio, minacciandolo, per altro, di
restituirlo all'Arma territoriale».
L'interesse
della vicenda sta nella a dir poco singolare disparità di trattamento che i
Servizi di
informazione
riservano a Gelli in sede periferica ed in sede centrale; ma questa incrinatura
che si
intravvede
nell'atteggiamento dei Servizi nei confronti di Gelli va letta unitamente ai
dati che
analizzeremo
relativamente al 1974, l'anno che il Commissario Crucianelli ha definito il
momento
di
difficoltà di Licio Gelli.
Il 1974 è
infatti anche l'anno della prima relazione sul «gruppo Gelli» inviata alla
magistratura
dall'allora
direttore dell'Ispettorato per l'azione contro il terrorismo, Emilio
Santillo; ad essa,
trasmessa
nel dicembre del 1974 al giudice Tamburino, titolare dell'inchiesta sulla Rosa dei venti,
ne
seguiranno altre due rispettivamente nel
dicembre
del 1975 e nell'ottobre del 1976. La seconda fu trasmessa al giudice Zincani
che indagava
su Ordine Nero,
la terza ai giudici Pappalardo e Vigna, impegnati nell'inchiesta sull'omicidio del
giudice Occorsio.
Queste tre
relazioni sono di fondamentale importanza nell'ambito della nostra storia
poiché dalla
loro
lettura si evince che Santillo aveva lavorato isolatamente e non aveva potuto
accedere, nello
svolgere
le sue indagini, al fascicolo, o ai fascicoli su Gelli in possesso dei Servizi.
L'Ispettorato
infatti
per ricollegarsi ai trascorsi fascisti del Venerabile ricorre come fonte
soltanto alla citazione di
alcuni
brani di documenti redatti dai massoni democratici. Santillo sostanzialmente
centra, nelle
tre
relazioni, i collegamenti tra Gelli e gli ambienti massonici legati al generale
Ghinazzi
(comunione
di Piazza del Gesù) con l'eversione nera, disegnando una aggiornata mappa della
«massoneria
nera», e parla per la prima volta di finanziamenti
massonici a gruppi dell'estrema
destra (golpe Borghese).
L'ispettore
Santillo denota, nella sua attività investigativa, un crescente interesse per
Licio Gelli,
per il
quale sin dalla prima nota (1974) afferma «... la cui
Loggia definita anche "Raggruppamento
Gelli" potrebbe significare che il
gruppo aveva una destinazione di attività diversa da quella specifica della
massoneria».
Di
notevole interesse è infine la terza nota (1976)) che verte completamente, con
notizie
sufficientemente
precise e puntuali, su Gelli e sulla Loggia P2 e nella quale è dato tra l'altro
leggere: «In occasione della recente campagna elettorale, egli avrebbe inviato ad
alcuni "Fratelli", suoi
intimi, un documento propagandistico,
decisamente antimarxista, con cui si invita la Democrazia Cristiana
ad uscire dalla grave crisi in cui versa il
Paese, attuando un vasto piano di riforme: controllo radio-televisivo,
revisione della Costituzione, soppressione
dell'immunità parlamentare, riforma dell'ordinamento giudiziario,
revisione delle competenze delle Forze
dell'Ordine, sospensione, per due anni, dell'azione dei Sindacati e il
bloccaggio dei contratti di lavoro».
Non è
difficile rinvenire in questa informazione gli estremi del piano di rinascita
democratica, con
elementi
che ci orientano a ritenere che il riferimento sia da riportarsi a tale
documento o ad un
suo
estratto o riassunto.
Nelle
informative dei Servizi su Gelli, redatte in quegli stessi anni e negli anni
successivi, non vi è
peraltro
traccia delle relazioni Santillo e dovremo attendere il 1979 per sentire
nuovamente parlare,
in un
appunto redatto dalla questura di Arezzo, di finanziamenti massonici
all'eversione.
Nel 1974
anche l'Ufficio I della Guardia di Finanza si interessò a Licio Gelli,
predisponendo nella
primavera
tre relazioni, alle quali non fu riservata una sorte migliore di quella toccata
alle due note
del Centro
SID di Firenze prima ricordate.
Le
indagini sembra che furono avviate su richiesta dell'Ispettorato antiterrorismo
di Santillo - in
relazione
a quelle svolte su Lenzi Luigi di Quarrata (P2), sospetto di traffico di armi - e
furono
affidate
dal comandante dell'Ufficio I, colonnello Florio, al tenente colonnello Giuseppe
Serrentino, al maggiore Antonino De Salvo ed al capitano Luciano Rossi. Il più completo dei tre
rapporti è
senza dubbio quello del maggiore De Salvo che riferisce delle nuove attività
economiche
di Gelli e
degli incarichi ricoperti in due società del gruppo Lebole nel settore
dell'abbigliamento:
la GIOLE e
la SOCAM. Circa la posizione politica di Gelli, la qualifica «spiccatamente destrorsa»,
dopo aver
peraltro riferito che il Gelli «in Pistoia sino al 1956 era di orientamento
comunista»; il
rapporto
si dilunga sulle amicizie e sui rapporti politici e con le autorità civili e
militari di colui che
indica
come «un alto esponente della massoneria internazionale» ed afferma che proprio attraverso la
massoneria
passerebbero i suoi rapporti con Peron e Campora (nel 1973 ha ricevuto la nomina a
console
onorario d'Argentina). Il maggiore dà anche notizia dei rapporti di Gelli con i
paesi arabi
ed avanza
l'ipotesi che egli svolga funzioni di public
relationman per i
rapporti non palesi e non
ufficiali
intrattenuti dall'Italia con Stati arabi, chiedendosi se ciò non sia in
relazione al traffico di
armi.
Questo filone di indagine non fu più ripreso da nessun apparato informativo,
nonostante nel
rapporto
si documenti in modo certo il contatto tra Licio Gelli e Luigi
Lenzi. Il
rapporto accennava
anche al
sicuro possesso, da parte del Centro di Firenze, di un fascicolo personale
intestato a Licio
Gelli, del
quale non gli fu possibile prendere visione. Le indagini svolte su Licio Gelli
non sembra
giovarono
agli ufficiali che se ne erano occupati. Il maggiore De Salvo appare iscritto alla Loggia
P2; Luciano
Rossi fini
suicida dopo essere stato, come sembra, minacciato da Gelli; Serrentino
abbandonò
il Servizio per infermità; quanto al colonnello Florio, dopo aver subito una vera e
propria
persecuzione nell'Arma con l'arrivo di Giudice e Trisolini (su Giudice, a dire della
vedova,
aveva raccolto uno scottante dossier), mori in un incidente d'auto.
Ai fini
dell'analisi successiva quello che preme qui rilevare è che il 1974 è l'anno in
cui certi settori
dei
Servizi (Centro SID di Firenze, Ispettorato antiterrorismo, Ufficio I della
Guardia di Finanza) si
sono
attentamente interessati di questo «personaggio emergente». Il quadro complessivo che viene
fuori da
una lettura combinata dei rapporti è ancora oggi pienamente valido e
significativo, e tanto
più ci
colpisce in quanto compilato nel 1974, l'anno che segna, come vedremo, l'apice
del fenomeno
terroristico,
di connotazione nera in Italia.
Continuando
la lettura del fascicolo del SISMI, troviamo una nota datata 1977, quando in
seguito
ad un
articolo apparso su l'Unità il Servizio, solleccitato dal ministro della difesa,
risponde di non
avere «sinora sviluppato specifiche attività di ricerca sulla massoneria» e con riferimento a Licio Gelli
afferma
che «è risaputo che il noto Licio Gelli ha intrattenuto ed
intrattiene rapporti con varie personalità
di rango elevato, sia in campo nazionale che
in quello internazionale».
Il Servizio è soltanto a conoscenza
che «il PCI ha recentemente deciso di ridimensionare la forza e l'influenza
delle logge massoniche italiane,
ritenute "centri di potere" capaci
di intralciare le attività politiche ed economiche del partito».
A tal fine
avrebbe intrapreso una campagna di stampa che, accusando la massoneria di
«inquinamento fascista»,
tende solo a screditarla. Per concludere su questa nota, vale la pena di
soffermarsi
su quanto il Servizio scrive in materia di sua stretta competenza e
sull'ineffabile rinvio
all'ortodossia
massonica per escludere la consistenza del reclutamento massonico di
quattrocento
ufficiali
dell'esercito1.
Nel 1978,
infine, sotto la gestione del generale Santovito, il Servizio redige una
relazione
sull'argomento,
che verte peraltro non sulla Loggia P2 e su Licio Gelli, ma sulla massoneria in
generale.
Il documento viene approntato per consentire al ministro della Difesa di
documentarsi in
seguito
alla presentazione di una interrogazione dell'onorevole Natta alla Camera dei
deputati.
Dopo un
lungo excursus storico, il documento afferma che è «opinione diffusa» ritenere
che la
massoneria
italiana, spinta da quella americana, si sia intromessa in note vicende
politiche (si
citano la
scissione di Palazzo Barberini, l'estromissione del PCI dal governo De Gasperi,
l'introduzione
del PSI nell'area di governo, il divorzio, la scuola laica), ma bisogna
riconoscere che
il suo
peso in tali vicende è indiretto, ed è soltanto dovuto alla presenza di
«fratelli» in Parlamento,
negli enti
locali, nella dirigenza statale, nell'industria, nella finanza e così via. Su
istigazione del
comunismo
internazionale,
leggiamo nella pagina successiva, si tende a disgregare la massoneria, ma per
fortuna
Gamberini, a partire dal 1974 (lapsus freudiano?) ha cominciato ad espellere
falsi fratelli
antimassonici,
affaristi e intrallazzatori.
Si
sostiene quindi che di fronte all'alternativa del compromesso storico si è
scatenata in seno al
Grande
Oriente un'aspra lotta tra gruppi sostenuti da forze interne ed internazionali.
I gruppi che
fanno capo
a Salvini e a Gelli (recentemente giunti ad un accordo), in contrasto con il
gruppo degli
ex di
Piazza del Gesù, sostengono la linea dell'attuale governo Andreotti di
coinvolgimento del
Pci, che
porterà inevitabilmente o al compromesso storico o al totale rigetto del
comunismo. Si
rileva
quindi che l'azione mondiale della massoneria è ispirata dalla direttiva
economico-politica
che viene
dagli USA e dall'Inghilterra; si chiariscono i termini di questo collegamento
USA-massoneria
italiana.
L'intera azione sarebbe sostenuta dalla «Trilateral Commission», organismo
creato da
David Rockfeller nel 1973, che potrebbe a sua volta essere una emanazione della
massoneria
internazionale. Farebbero parte della Trilateral circa 180 uomini politici e
militari
americani
e una trentina di europei occidentali e giapponesi.
Si legge
inoltre che «sui presunti collegamenti della massoneria
con attività criminose contingenti è noto
soltanto che da tempo stanno indagando, in
particolare, la magistratura fiorentina e quella romana e che in
genere le persone chiamate in causa hanno
risposto alle denunce con l'inoltro di querele».
Quanto
alla diffamatoria campagna del PCI promossa contro la massoneria, questa è
anche
sostenuta
dalle giovani leve socialiste, interessate a screditare il gruppo dei vecchi
notabili del
partito,
in genere ritenuti massoni. Infine, il documento conclude che «la massoneria, nell'ambito
delle Forze Armate, ha un'influenza modesta
e non certo tale, nonostante la propaganda in contrario, da
riuscire a distorcere le leggi che regolano
la progressione delle carriere e l'assegnazione degli incarichi».
Il documento
esaminato costituisce un esempio probante di disinformazione mirata, in quanto
è
sostanzialmente
centrato su una serie di valutazioni politiche, concernenti il ruolo del
partito
comunista,
ma anche di altri partiti, mentre difetta in modo esemplare di informazioni e
notizie
precise.
Nulla si dice infatti di concreto sulla massoneria, per la quale ci si riporta
ad informazioni
tanto più
puntuali quanto più lontano nel tempo è il periodo al quale sono riferite; ma
soprattutto
notiamo
che esso è del tutto carente di notizie concernenti Licio Gelli e la Loggia
massonica P2.
Non meno
singolare uno degli ultimi prodotti della gestione del generale Santovito agli
atti nel
fascicolo
del SISMI; la data della declassificazione è quella del 3 aprile 1981 ed il documento
va
1 «Al
riguardo è da rilevare, oltretutto, che detta procedura sarebbe stata
assolutamente non aderente ai metodi propri
del proselitismo massonico, che prevede la presentazione
individuale degli elementi da iniziare, da parte di garanti, già
appartenenti all'organizzazione».
letto
attentamente, ponendolo in relazione a quello appena illustrato, poiché assai
istruttivo è il
combinato
disposto dei due testi, che ci mostra un indubbio tentativo di continuità nella
linea
tenuta dai
Servizi di informazione, pur di fronte al precipitare degli eventi.
In questo
secondo documento, che può essere compreso nel suo valore reale solo ponendo
attenzione
alla circostanza che esso viene redatto dopo il sequestro di Castiglion
Fibocchi, è dato
leggere
che dopo i trascorsi contatti con la resistenza, «richiede molta
attenzione l'ipotesi che il Gelli sia
stato posto "a dormire" (e non in
senso massonico), abbia assunto una nuova veste, sia stato favorito per
penetrare i più delicati ambienti politici,
economici, industriali, militari, della magistratura, del giornalismo
e professionali». Sempre sul Gelli il Servizio afferma che
«solo l'esplosione del caso poteva richiamare
l'attenzione su un personaggio liberatosi da
oltre un trentennio da un passato ambiguo e trasformatosi, da
abile attore, in un manager di interesse per
le questioni economiche e politiche del Paese». Queste
conclusioni
vengono dal Servizio ricondotte all'esame dei documenti in possesso, e da noi
analizzati
sinora, ed in particolare dall'esame dell'informativa COMINFORM e dai trascorsi
legami
del Gelli
con il partito comunista, in ragione dei quali «sembra
possibile ritenere verosimile quanto
sostenuto in rapporti dell'epoca, e cioè che
il Gelli aveva avuto salva la vita in cambio di future prestazioni
per le quali fu sottoposto successivamente a
verifiche».
Tutto
quanto sinora detto si riporta all'assunto che «i documenti
citati hanno esclusivo valore
informativo e non di prove».
Ma ai
nostri occhi ciò che veramente ha valore di prova è che il Servizio per la
prima volta
denuncia
l'esistenza dell'informativa COMINFORM e delle notizie in essa contenute,
elementi
questi
sinora accuratamente celati e dei quali ci si era ben guardati dal fare
menzione nei rapporti
precedenti,
quale che fosse l'autorità richiedente. L'informativa consente così al Servizio
di non
escludere
«Che il Gelli possa essere divenuto un agente dell'Est
nell'immediato dopoguerra in cambio della
salvezza, sia stato successivamente
“congelato” secondo la metodologia più classica propria dei Servizi
segreti, sia stato fatto gradualmente
penetrare in settori sensibili e tenuto alla mano per lo sfruttamento delle
occasioni più propizie». Sono tutte queste notizie e valutazioni
certo verosimili, ma alla base delle
quali sta
il difetto di origine di venire formulate solo dopo il sequestro di Castiglion
Fibocchi, in un
documento
che letto - in parallelo a quello precedentemente analizzato denuncia la sua
inequivocabile
natura di uscita di sicurezza da una situazione che vedeva il Servizio ben più
pesantemente
coinvolto nel fenomeno oggetto del rapporto, secondo l'analisi e le conclusioni
alle
quali si
perverrà nel paragrafo successivo.
Nessun commento:
Posta un commento