lunedì 4 marzo 2013

LA DOCUMENTAZIONE SUCCESSIVA ALL'INFORMATIVA COMINFORM



Nel fascicolo proveniente dal SISMI quindi sono contenute due note scritte, nel 1972 e nel 1974, da
ufficiali del Centro di Firenze su incarico dell'allora comandante del Raggruppamento Centri; dal
loro testo emerge che Gelli avrebbe affermato, in data precedente il giugno 1971, di essere un
agente del SID. La confidenza fu fatta a più persone, alle quali Gelli forni anche una serie di
elementi di riscontro, risultati poi attendibili; tra questi il suo nome di copertura nel Servizio, che
era quello di Filippo. Nell'occasione le note aggiornavano il quadro delle conoscenze politiche del
Gelli e gettavano luce sull'ultimo periodo frusinate. Gelli si era infatti trasferito nel 1962 a
Frosinone come uomo di fiducia del commendator Pofferi, proprietario della Permaflex, che lo
aveva nominato direttore dello stabilimento locale. Risale a questo periodo l'episodio delle
commesse di materassi per le forze armate NATO, ottenute dal Pofferi grazie alla intermediazione
di Gelli, ma qualcosa d'altro avvenne poi a Frosinone perché Gelli è accusato nella nota del 1974 di
essersi appropriato di trecento milioni della Permaflex. Comunque alla fine del 1967 Licio Gelli
lasciò Frosinone per Arezzo, passando ai materassi della società Dormire, dove comincia il suo
rapporto con i fratelli Lebole. Per la prima volta nella nota si parla dell'appartenenza di Gelli a
logge massoniche.
Come è ammesso nella lettera di trasmissione (l° settembre 1981) le due note non partirono mai per
Roma ed il perché possiamo capirlo leggendone un brano significativo: «Dopo qualche giorno lo
stesso Comandante del... mise al corrente il Comandante di questo Centro che l'allora Comandante del
Reparto D era andato su tutte le furie per le indagini svolte sul conto di Gelli. Infatti qualche tempo dopo lo
stesso Comandante del Reparto D rimproverò personalmente il Comandante di questo Centro di aver
ubbidito al Comandante del... nello svolgere indagini su Gelli, persona, secondo lo stesso, influente e utile al
Servizio, minacciandolo, per altro, di restituirlo all'Arma territoriale».
L'interesse della vicenda sta nella a dir poco singolare disparità di trattamento che i Servizi di
informazione riservano a Gelli in sede periferica ed in sede centrale; ma questa incrinatura che si
intravvede nell'atteggiamento dei Servizi nei confronti di Gelli va letta unitamente ai dati che
analizzeremo relativamente al 1974, l'anno che il Commissario Crucianelli ha definito il momento
di difficoltà di Licio Gelli.
Il 1974 è infatti anche l'anno della prima relazione sul «gruppo Gelli» inviata alla magistratura
dall'allora direttore dell'Ispettorato per l'azione contro il terrorismo, Emilio Santillo; ad essa,
trasmessa nel dicembre del 1974 al giudice Tamburino, titolare dell'inchiesta sulla Rosa dei venti,
ne seguiranno altre due rispettivamente nel
dicembre del 1975 e nell'ottobre del 1976. La seconda fu trasmessa al giudice Zincani che indagava
su Ordine Nero, la terza ai giudici Pappalardo e Vigna, impegnati nell'inchiesta sull'omicidio del
giudice Occorsio.
Queste tre relazioni sono di fondamentale importanza nell'ambito della nostra storia poiché dalla
loro lettura si evince che Santillo aveva lavorato isolatamente e non aveva potuto accedere, nello
svolgere le sue indagini, al fascicolo, o ai fascicoli su Gelli in possesso dei Servizi. L'Ispettorato
infatti per ricollegarsi ai trascorsi fascisti del Venerabile ricorre come fonte soltanto alla citazione di
alcuni brani di documenti redatti dai massoni democratici. Santillo sostanzialmente centra, nelle
tre relazioni, i collegamenti tra Gelli e gli ambienti massonici legati al generale Ghinazzi
(comunione di Piazza del Gesù) con l'eversione nera, disegnando una aggiornata mappa della
«massoneria nera», e parla per la prima volta di finanziamenti massonici a gruppi dell'estrema
destra (golpe Borghese).
L'ispettore Santillo denota, nella sua attività investigativa, un crescente interesse per Licio Gelli,
per il quale sin dalla prima nota (1974) afferma «... la cui Loggia definita anche "Raggruppamento
Gelli" potrebbe significare che il gruppo aveva una destinazione di attività diversa da quella specifica della
massoneria».
Di notevole interesse è infine la terza nota (1976)) che verte completamente, con notizie
sufficientemente precise e puntuali, su Gelli e sulla Loggia P2 e nella quale è dato tra l'altro
leggere: «In occasione della recente campagna elettorale, egli avrebbe inviato ad alcuni "Fratelli", suoi
intimi, un documento propagandistico, decisamente antimarxista, con cui si invita la Democrazia Cristiana
ad uscire dalla grave crisi in cui versa il Paese, attuando un vasto piano di riforme: controllo radio-televisivo,
revisione della Costituzione, soppressione dell'immunità parlamentare, riforma dell'ordinamento giudiziario,
revisione delle competenze delle Forze dell'Ordine, sospensione, per due anni, dell'azione dei Sindacati e il
bloccaggio dei contratti di lavoro».
Non è difficile rinvenire in questa informazione gli estremi del piano di rinascita democratica, con
elementi che ci orientano a ritenere che il riferimento sia da riportarsi a tale documento o ad un
suo estratto o riassunto.
Nelle informative dei Servizi su Gelli, redatte in quegli stessi anni e negli anni successivi, non vi è
peraltro traccia delle relazioni Santillo e dovremo attendere il 1979 per sentire nuovamente parlare,
in un appunto redatto dalla questura di Arezzo, di finanziamenti massonici all'eversione.
Nel 1974 anche l'Ufficio I della Guardia di Finanza si interessò a Licio Gelli, predisponendo nella
primavera tre relazioni, alle quali non fu riservata una sorte migliore di quella toccata alle due note
del Centro SID di Firenze prima ricordate.
Le indagini sembra che furono avviate su richiesta dell'Ispettorato antiterrorismo di Santillo - in
relazione a quelle svolte su Lenzi Luigi di Quarrata (P2), sospetto di traffico di armi - e furono
affidate dal comandante dell'Ufficio I, colonnello Florio, al tenente colonnello Giuseppe
Serrentino, al maggiore Antonino De Salvo ed al capitano Luciano Rossi. Il più completo dei tre
rapporti è senza dubbio quello del maggiore De Salvo che riferisce delle nuove attività economiche
di Gelli e degli incarichi ricoperti in due società del gruppo Lebole nel settore dell'abbigliamento:
la GIOLE e la SOCAM. Circa la posizione politica di Gelli, la qualifica «spiccatamente destrorsa»,
dopo aver peraltro riferito che il Gelli «in Pistoia sino al 1956 era di orientamento comunista»; il
rapporto si dilunga sulle amicizie e sui rapporti politici e con le autorità civili e militari di colui che
indica come «un alto esponente della massoneria internazionale» ed afferma che proprio attraverso la
massoneria passerebbero i suoi rapporti con Peron e Campora (nel 1973 ha ricevuto la nomina a
console onorario d'Argentina). Il maggiore dà anche notizia dei rapporti di Gelli con i paesi arabi
ed avanza l'ipotesi che egli svolga funzioni di public relationman per i rapporti non palesi e non
ufficiali intrattenuti dall'Italia con Stati arabi, chiedendosi se ciò non sia in relazione al traffico di
armi. Questo filone di indagine non fu più ripreso da nessun apparato informativo, nonostante nel
rapporto si documenti in modo certo il contatto tra Licio Gelli e Luigi Lenzi. Il rapporto accennava
anche al sicuro possesso, da parte del Centro di Firenze, di un fascicolo personale intestato a Licio
Gelli, del quale non gli fu possibile prendere visione. Le indagini svolte su Licio Gelli non sembra
giovarono agli ufficiali che se ne erano occupati. Il maggiore De Salvo appare iscritto alla Loggia
P2; Luciano Rossi fini suicida dopo essere stato, come sembra, minacciato da Gelli; Serrentino
abbandonò il Servizio per infermità; quanto al colonnello Florio, dopo aver subito una vera e
propria persecuzione nell'Arma con l'arrivo di Giudice e Trisolini (su Giudice, a dire della
vedova, aveva raccolto uno scottante dossier), mori in un incidente d'auto.
Ai fini dell'analisi successiva quello che preme qui rilevare è che il 1974 è l'anno in cui certi settori
dei Servizi (Centro SID di Firenze, Ispettorato antiterrorismo, Ufficio I della Guardia di Finanza) si
sono attentamente interessati di questo «personaggio emergente». Il quadro complessivo che viene
fuori da una lettura combinata dei rapporti è ancora oggi pienamente valido e significativo, e tanto
più ci colpisce in quanto compilato nel 1974, l'anno che segna, come vedremo, l'apice del fenomeno
terroristico, di connotazione nera in Italia.
Continuando la lettura del fascicolo del SISMI, troviamo una nota datata 1977, quando in seguito
ad un articolo apparso su l'Unità il Servizio, solleccitato dal ministro della difesa, risponde di non
avere «sinora sviluppato specifiche attività di ricerca sulla massoneria» e con riferimento a Licio Gelli
afferma che «è risaputo che il noto Licio Gelli ha intrattenuto ed intrattiene rapporti con varie personalità
di rango elevato, sia in campo nazionale che in quello internazionale». Il Servizio è soltanto a conoscenza
che «il PCI ha recentemente deciso di ridimensionare la forza e l'influenza delle logge massoniche italiane,
ritenute "centri di potere" capaci di intralciare le attività politiche ed economiche del partito».
A tal fine avrebbe intrapreso una campagna di stampa che, accusando la massoneria di
«inquinamento fascista», tende solo a screditarla. Per concludere su questa nota, vale la pena di
soffermarsi su quanto il Servizio scrive in materia di sua stretta competenza e sull'ineffabile rinvio
all'ortodossia massonica per escludere la consistenza del reclutamento massonico di quattrocento
ufficiali dell'esercito1.
Nel 1978, infine, sotto la gestione del generale Santovito, il Servizio redige una relazione
sull'argomento, che verte peraltro non sulla Loggia P2 e su Licio Gelli, ma sulla massoneria in
generale. Il documento viene approntato per consentire al ministro della Difesa di documentarsi in
seguito alla presentazione di una interrogazione dell'onorevole Natta alla Camera dei deputati.
Dopo un lungo excursus storico, il documento afferma che è «opinione diffusa» ritenere che la
massoneria italiana, spinta da quella americana, si sia intromessa in note vicende politiche (si
citano la scissione di Palazzo Barberini, l'estromissione del PCI dal governo De Gasperi,
l'introduzione del PSI nell'area di governo, il divorzio, la scuola laica), ma bisogna riconoscere che
il suo peso in tali vicende è indiretto, ed è soltanto dovuto alla presenza di «fratelli» in Parlamento,
negli enti locali, nella dirigenza statale, nell'industria, nella finanza e così via. Su istigazione del
comunismo
internazionale, leggiamo nella pagina successiva, si tende a disgregare la massoneria, ma per
fortuna Gamberini, a partire dal 1974 (lapsus freudiano?) ha cominciato ad espellere falsi fratelli
antimassonici, affaristi e intrallazzatori.
Si sostiene quindi che di fronte all'alternativa del compromesso storico si è scatenata in seno al
Grande Oriente un'aspra lotta tra gruppi sostenuti da forze interne ed internazionali. I gruppi che
fanno capo a Salvini e a Gelli (recentemente giunti ad un accordo), in contrasto con il gruppo degli
ex di Piazza del Gesù, sostengono la linea dell'attuale governo Andreotti di coinvolgimento del
Pci, che porterà inevitabilmente o al compromesso storico o al totale rigetto del comunismo. Si
rileva quindi che l'azione mondiale della massoneria è ispirata dalla direttiva economico-politica
che viene dagli USA e dall'Inghilterra; si chiariscono i termini di questo collegamento USA-massoneria
italiana. L'intera azione sarebbe sostenuta dalla «Trilateral Commission», organismo
creato da David Rockfeller nel 1973, che potrebbe a sua volta essere una emanazione della
massoneria internazionale. Farebbero parte della Trilateral circa 180 uomini politici e militari
americani e una trentina di europei occidentali e giapponesi.
Si legge inoltre che «sui presunti collegamenti della massoneria con attività criminose contingenti è noto
soltanto che da tempo stanno indagando, in particolare, la magistratura fiorentina e quella romana e che in
genere le persone chiamate in causa hanno risposto alle denunce con l'inoltro di querele».
Quanto alla diffamatoria campagna del PCI promossa contro la massoneria, questa è anche
sostenuta dalle giovani leve socialiste, interessate a screditare il gruppo dei vecchi notabili del
partito, in genere ritenuti massoni. Infine, il documento conclude che «la massoneria, nell'ambito
delle Forze Armate, ha un'influenza modesta e non certo tale, nonostante la propaganda in contrario, da
riuscire a distorcere le leggi che regolano la progressione delle carriere e l'assegnazione degli incarichi».
Il documento esaminato costituisce un esempio probante di disinformazione mirata, in quanto è
sostanzialmente centrato su una serie di valutazioni politiche, concernenti il ruolo del partito
comunista, ma anche di altri partiti, mentre difetta in modo esemplare di informazioni e notizie
precise. Nulla si dice infatti di concreto sulla massoneria, per la quale ci si riporta ad informazioni
tanto più puntuali quanto più lontano nel tempo è il periodo al quale sono riferite; ma soprattutto
notiamo che esso è del tutto carente di notizie concernenti Licio Gelli e la Loggia massonica P2.
Non meno singolare uno degli ultimi prodotti della gestione del generale Santovito agli atti nel
fascicolo del SISMI; la data della declassificazione è quella del 3 aprile 1981 ed il documento va
1 «Al riguardo è da rilevare, oltretutto, che detta procedura sarebbe stata assolutamente non aderente ai metodi propri
del proselitismo massonico, che prevede la presentazione individuale degli elementi da iniziare, da parte di garanti, già
appartenenti all'organizzazione».
letto attentamente, ponendolo in relazione a quello appena illustrato, poiché assai istruttivo è il
combinato disposto dei due testi, che ci mostra un indubbio tentativo di continuità nella linea
tenuta dai Servizi di informazione, pur di fronte al precipitare degli eventi.
In questo secondo documento, che può essere compreso nel suo valore reale solo ponendo
attenzione alla circostanza che esso viene redatto dopo il sequestro di Castiglion Fibocchi, è dato
leggere che dopo i trascorsi contatti con la resistenza, «richiede molta attenzione l'ipotesi che il Gelli sia
stato posto "a dormire" (e non in senso massonico), abbia assunto una nuova veste, sia stato favorito per
penetrare i più delicati ambienti politici, economici, industriali, militari, della magistratura, del giornalismo
e professionali». Sempre sul Gelli il Servizio afferma che «solo l'esplosione del caso poteva richiamare
l'attenzione su un personaggio liberatosi da oltre un trentennio da un passato ambiguo e trasformatosi, da
abile attore, in un manager di interesse per le questioni economiche e politiche del Paese». Queste
conclusioni vengono dal Servizio ricondotte all'esame dei documenti in possesso, e da noi
analizzati sinora, ed in particolare dall'esame dell'informativa COMINFORM e dai trascorsi legami
del Gelli con il partito comunista, in ragione dei quali «sembra possibile ritenere verosimile quanto
sostenuto in rapporti dell'epoca, e cioè che il Gelli aveva avuto salva la vita in cambio di future prestazioni
per le quali fu sottoposto successivamente a verifiche».
Tutto quanto sinora detto si riporta all'assunto che «i documenti citati hanno esclusivo valore
informativo e non di prove».
Ma ai nostri occhi ciò che veramente ha valore di prova è che il Servizio per la prima volta
denuncia l'esistenza dell'informativa COMINFORM e delle notizie in essa contenute, elementi
questi sinora accuratamente celati e dei quali ci si era ben guardati dal fare menzione nei rapporti
precedenti, quale che fosse l'autorità richiedente. L'informativa consente così al Servizio di non
escludere «Che il Gelli possa essere divenuto un agente dell'Est nell'immediato dopoguerra in cambio della
salvezza, sia stato successivamente “congelato” secondo la metodologia più classica propria dei Servizi
segreti, sia stato fatto gradualmente penetrare in settori sensibili e tenuto alla mano per lo sfruttamento delle
occasioni più propizie». Sono tutte queste notizie e valutazioni certo verosimili, ma alla base delle
quali sta il difetto di origine di venire formulate solo dopo il sequestro di Castiglion Fibocchi, in un
documento che letto - in parallelo a quello precedentemente analizzato denuncia la sua
inequivocabile natura di uscita di sicurezza da una situazione che vedeva il Servizio ben più
pesantemente coinvolto nel fenomeno oggetto del rapporto, secondo l'analisi e le conclusioni alle
quali si perverrà nel paragrafo successivo.

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