lunedì 4 marzo 2013

ANALISI DEI DOCUMENTI



Si è ritenuto di fornire una illustrazione analitica dei documenti in possesso della Commissione su
questa materia, in primo luogo perché questo è argomento assolutamente centrale per la
comprensione del personaggio Gelli e della sua invero resistibile ascesa e per la spiegazione
dell'accumulazione di potere che ha finito per confluire in capo ad un personaggio che molti
affiliati, in sede di audizione, si sono trovati concordi a definire modesto e di mediocre cultura,
non avvertendo forse come una simile affermazione finisse, in ultima analisi, per tornare a loro
personale disdoro.
Una esposizione sistematica e dettagliata dei documenti si è inoltre resa necessaria perché essi
sono suscettibili di analisi e possono fornire elementi conoscitivi non solo e non tanto per quello
che ci dicono esplicitamente ma altresì per quanto in essi non viene detto, ovvero per quanto è
implicitamente contenuto: per le omissioni come, se non forse più, per le azioni informative;
poiché questa è, quant'altra mai, materia nella quale la rappresentazione documentaria e cartolare
degli eventi e dei fenomeni risponde a sue proprie peculiari modalità e prerogative.
Partendo da questo assunto metodologico possiamo in prima approssimazione distinguere le fonti
informative su Licio Gelli in due gruppi: quelle provenienti dai Servizi di informazione
propriamente detti - e quindi nell'ordine SIFAR, SID e infine SISMI e SISDE – e quelle provenienti
da organi informativi pubblici di diversa natura: Guardia di Finanza e Ispettorato generale
antiterrorismo.
Dedicando la nostra attenzione al primo gruppo - premessa la considerazione che il materiale
pervenuto alla Commissione offre garanzia di riflettere con genuinità quanto esistente sul conto di
Gelli negli archivi dei Servizi, essendo l'invio stato operato sotto la nuova gestione immune da
influenze piduiste - conviene innanzitutto farne un rilievo in termini quantitativi constatando
come da esso risulti una consistente attività informativa dedicata al personaggio sino al 1950,
alla quale si contrappone una carenza di produzione documentale nella fase successiva, tale da
consentire di affermare tranquillamente che dopo il 1950 il fascicolo Gelli diventa praticamente
inesistente, salvo poche eccezioni.
La cesura tra questi due così diversi atteggiamenti dei Servizi nei confronti di Licio Gelli è segnata
dall'informativa COMINFORM che cade per l'appunto nel 1950 e che segna praticamente l'inizio
della fine, si consenta il bisticcio, del fascicolo Gelli, dato questo che non può che colpire
l'attenzione dell'osservatore in quanto non solo l'informativa costituisce il documento di gran
lunga più esauriente sul personaggio, acquisito agli archivi del Servizio, ma perché proprio in
ragione della gravità delle informazioni e valutazioni in essa contenute, lungi dal segnare la
cessazione delle segnalazioni e delle note dedicate all'interessato, avrebbe dovuto inaugurare, a
rigor di logica, una stagione di più ampia documentazione.
Rileviamo quindi una prima contraddizione, che caratterizza l'atteggiamento dei Servizi nei
confronti di Licio Gelli, che possiamo indicare nella circostanza che essi cessano praticamente di
occuparsi di lui proprio quando dovrebbero iniziare, avendolo schedato negli archivi quale
«pericolosissimo» elemento sovversivo, probabile agente dei paesi dell'Est. E’ questa una
contraddizione che nasce dall'interno stesso della documentazione fornita dai Servizi, alla quale
corrisponde la contraddizione rilevabile altresì da un approccio esterno al problema, prescindendo
cioè dal fascicolo in esame, quando si rilevi che la mancata attività informativa sul Gelli da parte
dei Servizi contrasta altresì con il peso che il personaggio viene via via acquistando, nel frattempo,
sino a giungere a livello di pubblica notorietà, per argomenti e motivi tali da non poter non
interessare un apparato informativo primariamente indirizzato, per ragioni di istituto, alla tutela
della sicurezza dello Stato. La contraddittorietà di questo atteggiamento viene denunciata in fatto
dalla circostanza che altri organismi informativi quali la Guardia di Finanza e l'Ispettorato per
l'antiterrorismo, palesemente non collegati con i Servizi di informazione, pervengono
autonomamente a valutare, nel 1974, il Gelli elemento degno di essere preso sotto osservazione per
le sue molteplici attività - prima fra tutte, quella di possibile contatto con ambienti eversivi di
destra - sul rilievo delle quali attorno al 1974-197-5 ormai anche la stampa è in grado di fornire
notizie e valutazioni.
La giustapposizione, sempre in soli termini quantitativi, tra l'assenza di produzione di documenti
da parte dei Servizi segreti e l'attività investigativa degli altri organismi informativi ci fornisce
quindi un secondo punto di riferimento degno di attenta considerazione.
Passando adesso ad una analisi che, abbandonando l'approccio quantitativo, entri nel merito dei
documenti al nostro studio, estremamente significativo è il confronto tra la nota dei Servizi del
1977 e la relazione Santovito del 1978 da un canto e le informative Santillo, in particolare quella del
1976, dall'altro.
Si impone infatti all'attenzione come dato di tutta evidenza come i primi due documenti - che
nascono per impulso esterno, la richiesta cioè del Ministero della difesa - sottovalutino,
minimizzandola (nota del 1977), la Loggia P2 per incentrare l'analisi sulla massoneria in generale,
secondo un'ottica che consente di sviluppare su tale generico argomento un ampio discorso a metà
tra l'analisi sociologica e l'interpretazione politica; ci troviamo insomma di fronte ad un documento
invero singolare quando si consideri che, per la sua provenienza da un servizio informativo, ci si
dovrebbero in esso attendere informazioni (che mancano) piuttosto che valutazioni (che
abbondano), proprie come tali più dell'autorità politica ricevente che dell'organo tecnico mittente.
Ben altro discorso invece per le note dell'Ispettorato antiterrorismo; il questo Santillo -
confermando le doti di investigatore che tutti gli riconoscevano, ma che non gli valsero la nomina
al SISDE, naturale successore dell'IGAT, alla cui guida fu preferito il generale Grassini, iscritto alla
Loggia P2 - centrando il cuore del problema fornisce una serie di documenti che, in luogo di
fumose considerazioni sulla massoneria rilevabili anche da pubblicazioni in commercio, danno
precise informazioni su Licio Gelli e sulla Loggia Propaganda 2.
Colpisce in particolare la nota del 1976 (ultima della serie) nella quale è dato riscontrare, accanto
ad inesattezze anche vistose sulla massoneria (si confonde l'Ordine con il Rito scozzese), notizie
precise e dettagliate sulla Loggia P2, che segnano una mirata attenzione investigativa in netto e
stridente contrasto con la invero singolare disattenzione dei Servizi nei confronti di Licio Gelli e
della sua organizzazione.
Riepilogando le argomentazioni svolte, possiamo quindi affermare come dato di tutta evidenza
l'esistenza di una sorta di cordone sanitario informativo posto dai Servizi a tutela ed a
salvaguardia del Gelli e di quanto lo riguarda secondo una linea non smentita di continuità, che
non interessa soltanto il periodo dell'apogeo della carriera gelliana - epoca nella quale sarebbe
spiegabile facendo ricorso all'argomento dell'influenza da lui acquisita nel Servizio e fuori di esso -
ma che rimonta al 1950, quando il Gelli è personaggio di ben minore caratura, tale comunque da
non potergli certamente addebitare azioni di pressione deviante sui Servizi. Una continuità di
atteggiamento dunque che accompagna il Gelli durante lo sviluppo della sua carriera, senza
apprezzabili scarti che ne contrassegnino i progressi invero sorprendenti.
Tra le varie spiegazioni possibili di tale costante atteggiamento scartata quella della Inefficienza
dei Servizi perché palesemente non proponibile - non rimane altra conclusione che quella di
riconoscere che il Gelli è egli stesso persona di appartenenza ai Servizi, poiché solo ricorrendo a
tale ipotesi trova logica spiegazione la copertura di questi assicurata al Gelli in modo sia passivo,
non assumendo informazioni sull'individuo, sia attivo, non fornendone all'autorità politica che ne
fa richiesta.
L'assunto al quale si è pervenuti fornisce spiegazione ad alcuni dei problemi in esame, ma non
ancora alla natura dell'informativa COMINFORM, inserita nel fascicolo Gelli nel 1950. La presenza
di questo singolare documento mentre infatti ci fornisce una indicazione orientata in una direzione
- marcando vistosamente la successiva carenza di attività informativa, secondo la contraddizione
dianzi sottolineata - per altro verso sembra porsi in contrasto con la stessa conclusione alla quale
essa pur avvia, poiché fornisce comunque un segno di attenzione investigativa da parte dei Servizi
nei confronti del Gelli ed è da essi inserita nel suo fascicolo. D'altro canto non è difficile riconoscere
che il documento per la quantità e la qualità delle notizie raccolte non può non suscitare l'interesse
anche polemico di chi si accinga allo studio del fenomeno Gelli. Non è mancato ad esempio nella
Commissione chi, riportandosi all'informativa, ha elaborato una chiave di lettura del personaggio
Gelli in termini antitetici a quelli della pubblicistica corrente: non si può infatti non riconoscere
che le notizie sul Gelli fornite dal redattore del documento sono in stridente contrasto con il
passato dell'uomo come con le successive, dichiarate e mai smentite professioni di fede
anticomunista.
Per una soluzione del problema è necessario, anche in tal caso, fissare quali siano i punti di sicuro
affidamento: a tal fine dobbiamo rilevare che dato certo e non controvertibile è che il Gelli, sul
finire della seconda guerra mondiale, non si peritò di stabilire contatti di collaborazione e di intesa
con la parte che si andava delineando come inevitabilmente vincitrice. Mentre ancora indossava la
divisa tedesca, o meglio proprio valendosi di essa, Licio Gelli si metteva a disposizione del CLN ed
in particolare della componente comunista di esso, conducendo una difficile partita in costante
equivoco equilibrio tra le due parti che ci consente di valutare appieno la sottigliezza del
personaggio e che ci offre il dato di inequivocabile certezza che Licio Gelli operò in modo tale da
contrarre presso i comunisti pistoiesi un credito di sicura portata e di non piccolo momento, se
ancora nel 1976 Italo Carobbi, richiestone, si riteneva in dovere di rinnovare l’attestato di
benemerenza partigiana.
La posizione di questo dato ci consente di affermare con buona certezza che alla base
dell'informativa risiede un nucleo di verità non controvertibile; in altri termini l'informativa,
riportata al momento nel quale fu redatta, è indubbiamente un documento attendibile.
Il Gelli, infatti, negli anni politicamente turbinosi del dopoguerra, proseguì nella sua attività di
doppio gioco che gli consentiva di mantenere i piedi in due o più staffe in attesa che si delineasse
la soluzione vincente; fu probabilmente dopo le elezioni del 1948 che egli comprese come fosse
intervenuto il momento di una scelta di campo, se non definitiva, per lo meno meno equivoca.
L'informativa, fermando sulla carta una volta per tutte la sua attività di collaboratore con la parte
perdente avversaria e non segnando per converso alcuna conseguente attività da parte di chi è in
possesso di tale conoscenza, denuncia al di là di ogni equivocabile dubbio il momento nel quale il
Gelli entra nell'orbita dei Servizi segreti italiani. L'informativa come tale poteva infatti avere,
secondo logica, due esiti soltanto: o accertamenti che ne dimostrassero l'infondatezza, con la
conseguente chiusura del fascicolo, o riscontri sulla sua attendibilità con i relativi esiti di giustizia
per una spia al servizio di un paese straniero. Vediamo invece che da essa scaturisce una terza,
inaspettata soluzione, essa viene cioè semplicemente accantonata, il che, nel caso di specie, vuol
dire tesaurizzata perché l'organo che ne è in possesso ha deciso di gestire in proprio il personaggio.
Seguendo tale assunto vengono infatti a dipanarsi anche le residue contraddizioni che dianzi
sottolineavamo, poiché si perviene ad una linea ricostruttiva che consente di dare logica
spiegazione a tutti gli aspetti dei problema riconducendo ad una visione unitaria dati e documenti
che sembrano porsi in contrasto reciproco.
Appare infatti chiaro perché l'informativa, pur vera nella sostanza, non ha alcun esito: i Servizi
segreti al momento dell'acquisizione del Gelli, ben conoscendo l'individuo, accludono agli atti un
documento che rappresenta per loro una sorta di polizza di assicurazione per il futuro; (lo
inchiodano in altri termini in una posizione che, per la sua radicale opposizione al ruolo che gli
viene assegnato in pubblico, costituisce l'unica efficace garanzia di controllo di un personaggio la
cui abilità essi sono i primi a valutare adeguatamente, ed i cui precedenti non rassicurano sulla
fedeltà alle scelte di campo adottate.
Quello che accade nel 1950 è dunque la scissione dei due aspetti del personaggio Gelli: il Gelli
nero, di solidi trascorsi fascisti, rimane quello pubblicamente noto e, a quei trascorsi viene
riallacciata senza soluzione di continuità l'iconografia ufficiale del personaggio; da questa, viene
estratto il secondo volto del Gelli, il Gelli rosso, fermato in un documento custodito negli archivi, e
di esso viene fatta sparire accuratamente ogni traccia. Il collegamento tra i due è patrimonio
conoscitivo detenuto da chi è in possesso dell'informativa ed assicura il controllo del personaggio.
La soluzione prospettata è l'unica tra quelle in astratto ipotizzabili che fornisca adeguata
spiegazione alle contraddizioni che abbiamo messo in evidenza nel corso dell'analisi sui
documenti sinora condotta. Secondo la linea interpretativa proposta appare chiaro perché i Servizi
organizzino quello che abbiamo definito un cordone sanitario informativo attorno alla figura di
Licio Gelli ed al contempo trova adeguata spiegazione la presenza di un documento, in questo
contesto, quale l'informativa: un documento che ad un primo livello di analisi sembra al tempo
stesso denunciare e smentire l'inerzia del Servizio nei confronti di Gelli. Per superare tale
ambivalenza è necessario infatti porsi in un'ottica che centri l'attenzione, prima ancora che sul suo
oggetto, al quale essa capziosamente ci avvia, sulla sua funzione; un'ottica che non si lasci
fuorviare, privilegiando quanto nell'informativa viene detto in termini espliciti, per tralasciare così
quanto essa implicitamente rappresenta per la sua presenza nel fascicolo di Licio Gelli.
Diversamente operando si finisce inevitabilmente sul terreno della polemica, di evidente
significato politico immediato, se Gelli sia o meno attribuibile a Servizi segreti di paesi dell'Est -
tema questo da non considerare certamente risolto - per ignorare che prima ancora Gelli è
comunque sotto il controllo diretto dei Servizi che dovrebbero operare tale verifica.
Nell'ambito di queste argomentazioni viene allora a chiarirsi secondo una luce significativa il
disguido che interviene tra periferia e vertice dei Servizi quando il comandante di un centro ebbe a
vedersi minacciato l'esonero dal servizio per le incaute iniziative prese sul Gelli, che ormai -
d'altronde siamo negli anni settanta - è personaggio di ben altra levatura rispetto agli esordi.
L'ignoranza della sede periferica sulla qualità di Gelli come elemento del Servizio dimostra che la
sua posizione, e la pratica relativa, non è mai stata quella di un qualsiasi agente ma quella di
persona che sin dall'ingresso nell'orbita del Servizio ha interessato il vertice della gerarchia, per la
qualità delle operazioni alle quali applicarlo.
Per usare le parole della reprimenda del capo del reparto D al comandante del centro periferico, il
Gelli era insomma «persona influente e utile al Servizio».
Viene da ultimo a trovare spiegazione, secondo l'analisi proposta, la difformità di atteggiamento
che contrassegna l'attività investigativa della Guardia di Finanza e dell'ispettore Santillo da un
canto e quella dei Servizi, sottolineata in precedenza; ed è a tal fine facile adesso osservare come il
risveglio di interesse nei confronti di Licio Gelli cada nello stesso torno di tempo, il 1974, sia al di
fuori che all'interno di alcuni ambienti dei Servizi, e come in entrambi i casi scatti il meccanismo di
copertura e di disinformazione posto a protezione del Gelli; così pure è palese la diversità di
posizione di Gelli davanti a questi e a quelli, dato che verso Santillo e la Guardia di Finanza egli
può attuare, in presenza di iniziative investigative a lui sgradite, interventi repressivi dall'esterno
(l'insabbiamento avocazione dei rapporti e la punizione dei loro autori) propri di chi controlla
quegli apparati senza esserne condizionato, mentre rispetto ai Servizi nei quali in qualche modo è
incardinato non vi è necessità di pervenire ad analoghi risultati di censura e persecuzione.
Abbiamo visto il destino riservato agli ufficiali della Finanza che intrapresero indagini su Gelli;
quanto all'ispettore Santillo, che non poteva essere liquidato con una reprimenda in via gerarchica
come il comandante capocentro dei Servizi sopra ricordato, suscita a questo punto più di un
motivo di seria riflessione la sua mancata ascesa alla guida del SISDE, cui si accennava innanzi.
Vediamo adesso di sottoporre la tesi esposta a verifica, muovendo alla ricerca di ulteriori elementi
in un contesto di documentazione che non può dirsi abbondante, come del resto è logico attendersi
in, materia così riservata.
Dopo le considerazioni svolte sulla protezione accordata a Gelli dai Servizi non può non destare
meraviglia che questo comportamento venga rovesciato radicalmente quando non solo il silenzio
su Gelli viene rotto ma addirittura l'informativa COMINFORM finisce in mano al giornalista
Pecorelli che, data la sua professione, inizia a fame un sapiente uso con il dosaggio delle notizie in
essa contenute; dosaggio parziale che non viene portato a compimento perché il Pecorelli viene,
come noto, assassinato pochi giorni prima della preannunciata pubblicazione integrale del
contenuto del documento. Documento che invero non poteva non avere effetti devastanti per il
capo riconosciuto di una organizzazione a carattere segreto con accentuata colorazione politica
anticomunista, perché essa in sostanza conteneva due informazioni che certo non avrebbero fatto
piacere ai sodali di un capo che si veniva a sapere era
a) un delatore,
b) un ex agente dei Servizi dei paesi dell'Est.
E’ certo che il giornalista Pecorelli aveva accumulato nel corso della sua carriera più di un
motivo per temere della propria incolumità, ma questa è valutazione che spetta comunque al
magistrato responsabile dell'inchiesta ancora in corso. Quanto compete alla Commissione
osservare è che l'informativa COMINFORM appare presente in questa situazione con connotati tali
che non consentono di svilirne oltre un certo limite il contenuto. Il punto centrale è infatti non
tanto quello di stabilire se essa si ponga in rapporto di causa ed effetto con la morte del
divulgatore finale del documento, quanto piuttosto - e soprattutto - quello di sottolineare che di
essa viene fatto concretamente uso. Noti infatti come sono i legami tra l'agenzia OP ed ambienti
dei Servizi segreti che il Pecorelli stesso denunciava, dichiarando nei Servizi la fonte del
documento - al fine di suffragarne l’autenticità, attesa l'importanza dell'argomento - il suo apparire
tra le carte del Pecorelli denuncia in primo luogo come nella carriera di Licio Gelli sia intervenuto
un momento nel quale l'informativa viene in fatto utilizzata, viene cioè chiamata ad adempiere alla
funzione per la quale era stata inserita nel fascicolo che i Servizi avevano sull'uomo e che noi
abbiamo definito come quella di una polizza di assicurazione.
La vicenda Pecorelli, quale che sia l'esito istruttorio che essa avrà, ha, ai nostri fini, il valore di
riconfermare l'informativa nella sua funzione, sulla quale si era in precedenza insistito in via di
ipotesi; ma se questo è vero è allora giocoforza ammettere che essa viene confermata altresì nel suo
contenuto, nella sua attendibilità, poiché è di palese evidenza che la funzione non avrebbe potuto
essere adempiuta al momento dell'utilizzo se il contenuto fosse stato destituito di ogni
fondamento. Ed è altresì provato che chi aveva conservato per quasi trenta anni l'informativa negli
archivi poteva gestire il documento, poiché essa era lo strumento attraverso il quale gestire la
persona, come durante quei trenta anni era accaduto.
Si vuole infine ricordare, nel quadro di riferimento che siamo venuti tracciando, un altro episodio
che sembra inquadrarsi in modo univoco nell'esposizione sinora condotta. Citiamo, in proposito la
risposta che il direttore del SID, ammiraglio Casardi, firmò in data 4 luglio 1977, rispondendo ai
giudici di Bologna che indagavano sulla strage dell'Italicus. Essa va trascritta per esteso: «Il SID
non dispone di notizie particolari sulla loggia P2 di Palazzo Giustiniani... non si dispone di notizie sul conto
di Licio Gelli per quanto concerne la sua appartenenza alla Loggia P2 oltre quanto diffusamente riportato
dalla stampa».
Non può non risaltare agli occhi, se non altro per questioni di stile, l'incredibile rinvio che un capo
dei Servizi segreti fa alle notizie apparse sulla stampa, alla quale egli non ha vergogna di riportare
il proprio patrimonio di conoscenze. Per valutare del resto il tasso di segretezza di queste notizie si
pensi che siamo, a parte ogni considerazione, a due anni di distanza dalla delibera di demolizione
della Loggia P2, decisa dalla Gran Loggia di Napoli, quando i Maestri Venerabili delle logge di
Palazzo Giustiniani avevano ritenuto Licio Gelli e la sua loggia un peso troppo compromettente
per la comunione. Come già detto, l'ipotesi della inefficienza sarebbe troppo macroscopica per
venire nemmeno presa in considerazione.
Ma il vero punto di interesse è che nel rispondere in tal modo il direttore dei Servizi negava al
giudice inquirente la conoscenza delle notizie contenute nell'informativa, che, come sappiamo, era
agli atti. Ciò avveniva non solo e non tanto per proteggere il Gelli, ma per la più sottile ragione che
il patrimonio di conoscenze contenuto dal documento veniva considerato dai Servizi come lo
strumento in loro mano per controllare l'individuo: in quanto tale essi non potevano che essere gli
unici arbitri sul come e sul quando farne uso, cosa che, per l'appunto, si sarebbe verificata dopo
poco più di un anno.
I riscontri forniti e la linea di argomentazione che su di essi abbiamo incentrato, testimoniano in
modo chiaro l'esistenza di una barriera protettiva posta dei Servizi a tutela di Gelli e della loggia
P2 che scatta puntuale di fronte a qualsiasi autorità politica e giudiziaria, che chieda, nell'esercizio
delle sue funzioni, ragguagli e delucidazioni su questi argomenti. Abbiamo individuato la ragione
profonda di questo comportamento nell'appartenenza di Licio Gelli all'ambiente dei Servizi
segreti, ed abbiamo datato questa milizia al 1950, anno di compilazione dell'informativa
COMINFORM. Le conseguenze di tale affermazione sono che la ragione vera dei cordone sanitario
informativo va cercata non nel presunto controllo che Gelli eserciterebbe nei Servizi segreti, ma
nell'opposta ragione del controllo che essi hanno del personaggio.
Le conclusioni che abbiamo esposto sono di tenore tale che l'estensore di queste note avverte per
primo l'esigenza di procedere con la massima cautela possibile in questa materia, per la quale
peraltro, si deve riconosce, è del tutto illusorio sperare di raggiungere dimostrazioni che poggino
su prove inconfutabili. Si è così argomentato sulla base dei documenti proponendo una linea
interpretativa che essi riconduca a logica e coerenza, pronti a verificare tale assunto con altre
possibili ricostruzioni posto che, secondo l'assunto metodologico seguito, consentano di fornire
altra spiegazione coerente ed unitaria dei fenomeni.
La soluzione proposta ci consente di risalire un anello della catena, rispondendo ad una serie di
quesiti, per aprirne nel contempo altri di forse maggiore portata.
Affermare che Licio Gelli è uomo dei Servizi segreti sin dagli esordi della sua carriera significa
chiederci se questa sua situazione sia rapportabile all'organizzazione in quanto tale o a suoi settori,
perché è certo che in questi ambienti l'apparato ha una sua variegata realtà interna che l'apparenza
monolitica rilevabile dall'esterno non farebbe sospettare. Significa altresì chiedersi se ed in qual
modo il personaggio Gelli si muova nel contesto dei rapporti internazionali che i Servizi segreti
intrecciano, secondo una logica naturale, nell'ambito di alleanze omogenee se non anche,
sostengono alcuni, talora in via trasversale rispetto agli stessi contesti politici di appartenenza.
Vogliamo qui dire che l'ambiguità dell'operazione gelliana non può dirsi risolta dal dato
conclusivo al quale si è pervenuti, il quale, ponendo la figura di Gelli sotto nuova luce, nel
contempo ne arricchisse il chiaroscuro, aprendo interrogativi ai quali non si ritiene si possa dare
risposta in senso univoco, per lo meno allo stato degli atti. Poiché è evidente che il cordone
sanitario informativo di cui si è discusso opera adesso in nostro danno e non ci consente di
acclarare a quali ultimi mandanti, e di quale parte, si possa risalire.
Quello che con tutta onestà si può dire è che in materia di così difficile trattazione e di fronte ad un
personaggio di così sfuggente profilo ogni ipotesi è in astratto formulabile e nessuna conclusione
può palesemente dichiararsi assurda. Questo è anche quanto può essere affermato, sulla scorta
degli atti in nostro possesso, sulla vexata quaestio della veridicità o meno delle notizie che
l'informativa COMINFORM ci consegna su Licio Gelli, anche per il periodo successivo alla sua
redazione, pur se tale problema va adesso studiato nel quadro delle gravi conclusioni alle quali
siamo pervenuti.

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