Un primo
approccio per una disamina dei collegamenti e della influenza della P2 nel
mondo degli
affari va
effettuato, tenendo presente, al momento del ritrovamento delle «liste», la
elevata
consistenza numerica, sessantasette, degli
iscritti appartenenti al ministero del Tesoro, a banche
e ad ambienti finanziari in senso stretto.
In
particolare, per quanto riguarda il ministero del Tesoro (dodici iscritti),
l’esame delle funzioni
espletate
dalle persone che compaiono negli elenchi rinvenuti a Castiglion Fibocchi
permette di
identificare
la natura e l'importanza dei collegamenti instaurati, finalizzati ad assicurare
contatti
con
dirigenti situati in punti chiave della amministrazione, sì da far conseguire
al gruppo stabili
agganci
con ambienti di rilevante influenza sia nell'ambito nazionale sia, soprattutto,
in quello
internazionale.
Sotto quest'ultimo profilo, in effetti, assume estrema rilevanza l'inclusione
nelle
liste dì
alti dirigenti del ministero del Tesoro e di altri personaggi situati in
delicati istituti come la
SACE
(organismo che dà sostanzialmente sostegno finanziario nell'assicurazione degli
interventi
commerciali)
e come la, Banca d'Italia, aventi funzioni decisive in tema di rapporti
finanziari con
l'estero.
A
completare il quadro concorrevano, inoltre, i contatti emergenti con esponenti
di numerose
banche
pubbliche e private per alcune delle quali le presenze erano particolarmente
significative
per
qualità e rappresentatività, come per la Banca nazionale del lavoro (quattro
membri del
Consiglio
di amministrazione, il direttore generale, tre direttori centrali di cui uno
segretario del
Consiglio),
il Monte dei Paschi di Siena (il Provveditore), la Banca Toscana (il direttore
centrale),
l'Istituto
centrale delle casse rurali ed artigiane (il presidente ed il direttore
generale), l'Interbanca
(il
presidente e due membri del Consiglio), il Banco di Roma (due amministratori
delegati e due
membri del
Consiglio di amministrazione) ed il Banco Ambrosiano (il presidente ed un
consigliere
di
amministrazione).
Le
indagini effettuate solo da alcuni degli istituti citati si sono in genere
limitate al mero riscontro
dell'appartenenza
o meno alla Loggia massonica P2 e non hanno consentito di acquisire elementi
di rilievo
in ordine all'attività svolta da ciascuno dei cennati esponenti ed al segno di
interferenza
che la
loro appartenenza alla loggia può aver rappresentato nella ordinata gestione
degli affari.
Solo il
Collegio sindacale del Monte dei Paschi di Siena risulta aver condotto una
inchiesta attenta
e
dettagliata per valutare gli effetti dei collegamenti piduisti sull'operatività
aziendale. L'inchiesta
si è
conclusa ponendo in evidenza «casi di possibile trattamento di favore,
casi di perdite avute o temute
dall’Istituto (frequenti i casi di
trasferimento di posizioni a contenzioso con perdite già previste e/o
definite)».
L'attività
della Commissione appena si è delineato il quadro operativo della Loggia P2 si
è quindi
concentrata
sull'esame del disegno complessivo e sull'azione svolta da alcuni gruppi, non
solo
finanziari,
fin dagli inizi degli anni settanta, collegandosi con le risultanze della
Commissione
d'inchiesta
sul caso, Sindona che ha messo chiaramente in evidenza come gli interventi
operati a
favore del
banchiere siciliano si erano sviluppati nell'ambito di solidarietà ed accordi,
che
esistevano
nel mondo finanziario e bancario tra alcuni esponenti di primo piano e che
contribuivano
ad agevolare l'attuazione di operazioni speculative, finalizzate ad estendere
il
potere di
determinati gruppi economici.
Quali
fossero la matrice, il metodo, l'obiettivo di tali gruppi non appare sempre con
chiarezza, ma
indubbiamente
la loro azione non può essere ristretta ad un fenomeno di mera criminalità
economica
o ad accordi diretti ad accrescere la ricchezza dei singoli. In effetti «intorno alla
mobilitazione in difesa di Sindona accade
qualcosa di più di una semplice accanita gestione di interessi da
proteggere magari con l'omertà e l'uso della
forza: si rafforza e si espande il potere del sistema P2 che collega
ed unifica tanti personaggi operanti in
diverse collocazioni»1.
Il momento
più significativo a livello documentale di tali azioni è collegato alla
presentazione di
affidavit a favore di Sìndona (rilasciati negli ultimi mesi del
1976), quando Gelli ed altri personaggi
(Francesco
Bellantonio, Carmelo
Spagnuolo, Edgardo
Sogno, Flavio
Orlandi, John
Mc Caffery,
Stefano Gullo, Philip Guarino, Anna Bonomi) si espongono in modo chiaro e scoperto per
effettuare
uno sforzo ritenuto decisivo per il salvataggio di Michele Sìndona.
Alcuni dei
firmatari, oltre al Bellantonio, sono in termini di intrinseca dimestichezza
con Licio
Gelli; ciò
vale sia per Carmelo Spagnuolo, sia per Philip Guarino che, secondo una
corrispondenza
in
possesso della Commissione, ha con Gelli un rapporto di mutua ed operante
amicizia. Appare
dagli atti
il ruolo centrale assunto da Licio Gelli che è il regista attivo di questa
operazione, segno
concreto
di un non effimero legame tra i due personaggi, che prosegue sino al sequestro
di
Castiglion
Fibocchi nel quale Michele Sindona, come abbiamo visto nel capitolo secondo,
gioca un
ruolo non
secondario.
I contatti
ed i legami tra questi ambienti si intrecciano in un contesto che assume, a
motivazione
delle
malversazioni e delle attività economiche fraudolente poste in essere, finalità
politiche di
ordine più
elevato. Così ad esempio le dichiarazioni di John Me Caffery senior (già capo
del
controspionaggio
inglese in Italia e membro dei
Consiglio
di amministrazione della Banca privata italiana) quando dichiara che esisteva
un più
nobile
collegamento tra i gruppi che «condividevano le sane idee occidentali nel
tentativo di opporsi alla
diffusione del comunismo in Europa» e di conseguenza erano orientati a
favorire l'ascesa di
personaggi
aventi la medesima ideologia, da situare nei punti chiave dei settori economici
per
influenzare,
per questa via, l'andamento politico generale.
Quando si
pensi ai corposi collegamenti tra tali settori ed ambienti di malavita comune a
livello
internazionale,
non si può non rilevare che l'identificazione delle «sane idee occidentali»
con questi
ambienti
risulta quanto meno problematica e che il sistema capitalista occidentali,
quando
fisiologicamente
funzionante, dispone di ben altri strumenti per garantire la propria autonomia.
E’
comunque avendo riguardo a questi ambienti che deve essere vista e spiegata
l'ascesa di
Sindona e
l'azione da questi esplicata per acquisire sia la finanziaria La Centrale sia,
unitamente al
generale Sory Smith - già capo del gruppo consultivo di
assistenza militare USA in Italia - la
proprietà
del Roine Daily American.
Nella
stessa prospettiva va quindi collocato il mutamento operativo che si determinò
allor quando
il
fallimento dell'offerta pubblica di acquisto per il controllo della Bastogi
(13.9.1971/8.11.1971)
fece
emergere una resistenza a queste operazioni di infiltrazione più estesa di
quanto fosse stato
possibile
immaginare e rese necessaria una loro più accurata preparazione. Quando
Sindona, in
conseguenza
di tali eventi trasferisce la sua attività nei paesi al di là dell'Atlantico,
in Italia cresce e
si afferma
Roberto Calvi, nominato direttore generale del Banco Ambrosiano nel 1971, che
ne
acquisisce
l'eredità, oltre che la tutela condizionante di Gelli e Ortolani.
La nuova
strategia prende il via con il trasferimento (1972) della quota di controllo de
La Centrale
alla
Compendium S.A. Holding, finanziaria del Banco Ambrosiano, che nel 1976 muterà
nome in
Banco
Ambrosiano Holding - Lussemburgo. Si viene così a realizzare tra Calvi e
Sindona un
modulo
operativo che, all'estero, era gestito unitamente a Sindona e che in Italia era
articolato in
diversi
comparti (bancari, assicurativi, finanziari) sempre più complessi ed
intrecciati man mano
che si
accresceva la fiducia in Calvi dei più importanti gruppi economici.
Per
quest'ultimo aspetto un ruolo di rilevante importanza è stato svolto da Umberto
Ortolani il cui
ingresso
nella Loggia P2 rappresentò l’acquisizione all'organizzazione di un elemento
dotato di
una vasta
rete di relazioni personali di grande prestigio, sia nel mondo politico che
negli ambienti
della
curia vaticana e di quella competenza nel campo finanziario che si rivelerà
necessaria nella
seconda
fase di sviluppo delle attività gelliane e della Loggia Propaganda.
1 Cfr.
Relazione della Commissione di inchiesta Sindona.
In effetti
proprio mentre Sindona viene estromesso definitivamente dall'Italia, e poi
arrestato, si
estende e
si rafforza la rete P2 nel settore degli affari e Calvi diventa il principale
braccio operativo
nel
settore finanziario per tutte le necessità previste dai programmi della loggia.
Il gruppo
Ambrosiano
assume così una struttura particolarmente funzionale per far da tramite ad ogni
tipo
di
transazione, articolandosi in Italia ed all'estero in una serie di società
bancarie e finanziarie i cui
principali
affari erano ordinati e seguiti da un univoco centro, ma parcellizzati in
diversi segmenti
operativi
in modo da impedire spesso agli stessi esecutori materiali la percezione del
quadro
complessivo.
Non è
ancora disponibile (e forse non lo sarà mai) una visione completa delle
operazioni poste in
essere da
tale struttura ma possono comunque essere identificate due grandi linee
direttrici di
intervento
che attengono, da un lato, alla necessità di conservare saldamente il controllo
dello
strumento
così predisposto e, dall'altro, all'utilizzo, per ben precisi fini, dello
strumento stesso.
Per quanto
riguarda il primo aspetto, il dissesto del Banco Ambrosiano ha messo
chiaramente in
evidenza le
coperture, gli accordi, gli interventi effettuati per mantenere e rafforzare le
posizioni
di comando
in questa banca. La rilevante quantità di azioni Ambrosiano risultate in Italia
ed
all'estero
di pertinenza del Banco stesso, è la testimonianza di un'attenta acquisizione
che
consentiva
di spostare dall'Italia all'estero, e viceversa, ingenti disponibilità,
mascherando tali
movimenti
come operazioni di compravendita di titoli per le quali ignoti intermediari
fruivano di
consistenti
provvigioni. L'azione così sviluppata permetteva anche di conseguire l'effetto
non
secondario
di coinvolgere in traffici illeciti numerosi operatori che, una volta
intervenuti a fare da
schermo a
tali irregolari transazioni, si ponevano nelle condizioni idonee per essere
ricattati ed
utilizzati.
L'esempio
tipico di intrecci di transazioni improntate a tali finalità è costituito dagli
interventi
effettuati
per l'acquisizione della maggioranza delle azioni del Credito Varesino, un
istituto di
credito
che il gruppo Bonomi aveva ceduto parte in Italia a La
Centrale e
parte all'estero alla CIMAFIN (società appartenente al gruppo Sindona) che a
sua volta
le avrebbe
poi cedute a finanziarie gestite dalla Banca del Gottardo, controllata
dall'Ambrosiano.
Tutte
queste operazioni vengono seguite da vicino dalla Loggia P2, poiché presso
Gelli viene poi
rinvenuta
copia dell'accordo stipulato all'estero tra il gruppo Bonomi e la CIMAFIN con
la
descrizione
di tutti i passaggi effettuati tramite apposite società strumento (Zitropo e la
Pacchetti),
nonché dei
collegamenti esistenti fra Calvi e Sindona e dei movimenti finanziari
verificatisi nella
circostanza.
In questo
contesto i massimi esponenti della loggia, come si evince dalla documentazione
rinvenuta
a Castiglion Fibocchi, potevano svolgere un ruolo di mediazione tra i diversi
interessi e
di
composizione degli eventuali contrasti (esemplari appaiono i documenti
concernenti i patti
stipulati
tra Calvi, il gruppo Bonomi ed il gruppo Pesenti), indirizzando nel contempo
gli
interventi
finanziari degli operatori che dovevano fornire i mezzi per «permettere ad uomini di buona
fede e ben selezionati di conquistare della
Rizzoli le posizioni chiave necessarie»2 per il controllo delle
formazioni
politiche in cui ognuno militava.
L'azione
di Gelli ed Ortolani, quindi, di pari passo con il potenziamento della
struttura
strumentale
rappresentata dal gruppo Ambrosiano, acquista connotazioni più precise e,
all'estero,
favorisce
l'espansione di istituzioni finanziarie collegate alla loggia nei paesi del
Sudamerica
caratterizzati
da regimi a spiccato orientamento conservatore, mentre in Italia viene
pilotato, con
Gelli in
posizione centrale, il tentativo di salvataggio di Sindona, evitando peraltro
il
coinvolgimento
in questa operazione della struttura Ambrosiano. Scelta questa che costituisce
il
segno più
evidente di come gli ambienti che gravitano intorno alla loggia, già collegati
con il
finanziere
siciliano, ritenessero la struttura costituita intorno all'Ambrosiano destinata
ad altre
finalità.
In effetti era in pieno sviluppo l'operazione più importante, sia per valenza
politica, sia
per
coinvolgimento di vari gruppi, che la Loggia P2 avesse posto in essere:
l'acquisizione e la
gestione
del gruppo Rizzoli, di cui viene effettuata un'analisi a parte. Il ruolo di
Calvi, in tale
2 Così
il piano di rinascita democratica.
vicenda,
appare infatti fondamentale poiché, a fronte del deteriorarsi della situazione
generale e
del
progressivo ridimensionamento del sostegno creditizio fornito a quel gruppo da
altre banche,
il gruppo
Ambrosiano risulta infine assumere il ruolo di unico ed insostituibile
appoggio.
Non vanno
peraltro trascurati anche altri interventi con identici fini, anche se di
portata minore,
che la
Loggia P2 pone in essere sia tramite il Banco Ambrosiano, sia tramite altre
banche ove
alcuni
operatori (Genghini, Fabbri, Berlusconi, ecc.), trovano appoggi e finanziamenti al di là di
ogni
merito creditizio. Molti degli istituti bancari, ai cui vertici risultavano
essere personaggi
inclusi
nelle liste P2, non hanno effettuato in merito opportune indagini, ma
l'esistenza di una
vasta rete
di sostegno creditizio per le operazioni interessanti la loggia risulta provata
dalla già
citata
inchiesta portata a termine dal Collegio sindacale dei Monte dei Paschi di
Siena. Ovviamente
i
cointeressati a questa rete di collegamenti e complicità al momento opportuno
dovranno offrire
adeguato
aiuto, come risulta evidente dai movimenti finanziari che l'ENI (dove alcuni
iscritti
avevano
posizioni di assoluto dominio operativo) effettua a partire dal 1978 tramite la
sua
struttura
estera (Tradinvest, Hidrocarbons, ecc.), per evitare che gli accertamenti
ispettivi presso il
Banco
Ambrosiano rivelassero gli oscuri e significativi travasi di fondi avvenuti
dall'Italia verso
l'estero.
Sono dello
stesso segno, del resto, i misteriosi passaggi concernenti una parte dei titoli
Credito
Varesino,
a cui abbiamo già accennato, per evidenziare accordi che hanno visto una
partecipazione
corale di alcuni protagonisti P2. Si fa qui riferimento all'intervento della
Bafisud
Corporation
S.A. di Panama (finanziaria legata al Banco Financeiro Sudamericano di
Montevideo,
facente
capo alla famiglia Ortolani), che acquista, con un finanziamento
dell'Ambrosiano Group
Commercial,
n. 4.500.000 azioni del Credito Varesino di proprietà de La Centrale,
consentendole
di
realizzare 26,6 miliardi di lire ed un'utile di oltre 10 miliardi rispetto
all'esborso a suo tempo
sostenuto
per l'acquisto.
Tutta
l'operazione viene effettuata tramite il Banco Ambrosiano in Italia - dove i
titoli rimangono
in
deposito - e quando gli stessi verranno rivenduti (1982) procureranno a
misteriosi beneficiari
utili
all'estero per circa 45 miliardi.
La
sostanziale strumentalità del gruppo Ambrosiano risulta infine evidente
allorquando Gelli ed
Ortolani
sono costretti ad abbandonare le scene della finanza italiana: Calvi,
eccessivamente
compromesso,
viene abbandonato dai suoi protettori ed il gruppo è avviato al tracollo.
Nel
contesto della nuova tattica adottata dalla Loggia P2 a partire dalla seconda
metà degli anni
Settanta,
un posto di rilievo occupa l'operazione di infiltrazione e di controllo del
gruppo Rizzoli,
emblematica
delle modalità operative della loggia.
In
presenza di una impresa che il presidente della Montedison, Eugenio
Cefis, aveva
coinvolto
nell'acquisizione
della società editoriale del Corriere della Sera - nel quadro delle lotte di potere
sviluppatesi
in quegli anni tra diversi gruppi politici ed economici - la Loggia P2
intravede la
possibilità
di mettere in atto una operazione che la nuova situazione politica rendeva
opportuna e
che
s'inquadra nelle previsioni del piano di rinascita democratica a proposito della stampa. E’
infatti
disponibile una struttura da utilizzare per il «coordinamento
di tutta la stampa provinciale e
locale» ... «in modo da controllare la pubblica opinione
media nel vivo del paese»;
e le condizioni sono
ideali in
quanto il gruppo Rizzoli:
a) è
gestito come azienda a carattere familiare, con esponenti non sempre
all'altezza del loro
ruolo
imprenditoriale;
b) risulta
proprietario di un quotidiano di grandi tradizioni ma appesantito da una
difficile
situazione
finanziaria;
c) si
trova sotto la morsa dei finanziamenti - tra i quali, di particolare rilievo
alcuni concessi dalla
Banca
Commerciale Italiana alla cui guida era Gaetano Stammati (iscritto alla Loggia
P2) - che
erano
stati necessari per l'acquisto dell'editoriale del Corriere della
Sera; acquisto
che risultava
per certi
versi ancora, solo formale in quanto erano saldamente nelle mani dei finanziatori
i
pacchetti
di controllo delle società figuranti proprietarie della testata.
La P2,
quindi, verso la fine del 1975 si serve di Calvi per coinvolgere il gruppo
Rizzoli anche in
operazioni
di sostegno dell'assetto proprietario del Banco Ambrosiano e da quel momento
utilizza
per le
proprie finalità il gruppo editoriale indirizzandone le scelte operative e le
iniziative
imprenditoriali
mediante una manovra di condizionamento finanziario destinata a diventare
sempre più
soffocante e senza uscita in relazione al crescere dei debiti e dei costi.
Si
sviluppano così le operazioni Savoia, Globo Assicurazioni, Rizzoli Finanziaria,
Banca
Mercantile,
Finrex e molte transazioni finanziarie dai risvolti oscuri, in merito alle
quali sono in
corso
indagini, a cura dell'autorità giudiziaria, per accertare i definitivi
beneficiari di «premi» e
«tangenti»
distribuiti, attraverso il gruppo Rizzoli, sotto la regia Gelli ed Ortolani.
Nello
stesso tempo vengono effettuati interventi di sostegno o di acquisizione di
numerose testate
a
carattere locale (Il Mattino, Sport Sud, Il Piccolo, L'Eco di Padova, Il Giornale di Sicilia, Alto Adige,
L'Adige, Il Lavoro) nell'ambito di un processo di collegamento con il Corriere della Sera,
teso a
costituire
un compatto mezzo di pressione, destinato a raggiungere il maggior numero di
lettori
ed
influenzare così, in senso moderato e centrista, l'opinione pubblica.
Nel
progetto della loggia le imprese Rizzoli assolvono quindi una duplice funzione:
da un lato
sono
utilizzate quali strumenti operativi per fare da sponda ad operazioni
finanziarie condotte
nell'interesse
di affiliati unitamente ad esborsi corruttivi; dall'altro rappresentano il polo
aggregativo
di un sempre maggior numero di testate che, facendo perno sul Corriere della Sera,
si
sviluppa
con interventi partecipativi in imprese editrici di quotidiani a carattere
locale.
I mezzi
finanziari per entrambi tali funzioni non mancano, in quanto la rilevante
presenza nel
mondo
delle banche consente di non lesinare gli appoggi per superare ogni problema
contingente
e per
consolidare la posizione di comando all'interno del gruppo Rizzoli.
Un
passaggio significativo a tale riguardo è costituito dall'intervento operato
nel 1977 per far
fronte
all'impegno assunto nei confronti del gruppo Agnelli all'atto dell'acquisto del
Corriere della
Sera, nonché per rimborsare alla Montedison e alla Banca
Commerciale Italiana (alla cui guida non
erano più
rispettivamente Eugenio Cefis e Gaetano Stammati) gran parte dei fondi che a suo
tempo
erano stati messi a disposizione per la stessa finalità.
La
Commissione ha in proposito effettuato una approfondita operazione di polizia
giudiziaria,
condotta
con la collaborazione del nucleo operativo della Guardia di Finanza di Milano,
volta ad
accertare
la reale situazione proprietaria della Rizzoli e la natura della presenza in
essa della
Loggia P2.
E’ stata così accertata una convergenza di interventi che, sotto la regia di
Gelli e di
Ortolani,
coinvolgono il banchiere Calvi, le banche dei gruppo Pesenti ed altre istituzioni,
per la
realizzazione
di un meccanismo teso a stabilizzare il completo controllo del gruppo,
mantenendo
fermo lo
schermo costituito dagli esponenti della famiglia Rizzoli.
La
struttura estera del Banco Ambrosiano fornisce infatti gli ingenti capitali (11,8
milioni di
dollari)
necessari per rimborsare una parte dei finanziamenti concessi dalla Banca
Commerciale
Italiana,
mentre in Italia si realizza quel collegamento Banco Ambrosiano-IOR, destinato
a fornire
alla
Rizzoli Editore i fondi per completare l'operazione Corriere della
Sera.
Le banche
del gruppo Ambrosiano concedono infatti un finanziamento per 22,5 miliardi di
lire alla
Rizzoli
Editore che utilizza i fondi ricevuti per estinguere il predetto debito nei
confronti del
gruppo
Agnelli. Le banche finanziatrici, a fronte del loro intervento, acquisicono in
pegno sia il 51
per cento
del capitale della «Rizzoli», sia l'intero pacchetto azionario della società
(Viburnum
S.p.A.)
proprietaria di un terzo della «Editoriale del Corriere della Sera S.a.s.».
Nello
stesso tempo si realizza l'aumento di capitale della Rizzoli editore S.p.A. con
il quale
vengono
resi disponibili fondi per 20,4 miliardi di lire, utilizzati per rimborsare in
gran parte i
finanziamenti
erogati dal gruppo Ambrosiano.
Giusta la
ricostruzione effettuata, a seguito degli accertamenti posti in atto dalla
Commissione,
tutta
l'operazione di aumento di capitale si concretizza:
a) con
fondi provenienti dall'Istituto Opere di Religione (IOR) che utilizza a tal
fine disponibilità
esistenti
a suo nome presso diverse banche;
b) con
l'intestazione meramente formale ad Andrea Rizzoli di tali nuove azioni nel
libro soci della
Rizzoli
Editore S.p.A.; in realtà le azioni stesse erano state già girate a favore
dello IOR ed al
momento
della seconda operazione di ricapitalizzazione della Rizzoli (1981) una delle
condizioni
previste sarà proprio la lacerazione dei titoli che riportavano le tracce di
questo
passaggio
di proprietà;
c) con il
deposito di tali azioni presso una commissionaria di borsa (Giammei & C.
S.p.A. di
Roma)
avente palesemente funzioni fiduciarie;
d) con un
impegno - formalmente assunto da una banca (Credito Commerciale S.p.A.)
appartenente
all'epoca al gruppo Pesenti - di trasferire ad appartenenti alla famiglia
Rizzoli le
dette
azioni al realizzarsi di determinate condizioni. Tra queste le più
significative risultavano
essere
l'impossibilità di procedere a tale trasferimento prima del luglio 1980 e la
variabilità del
prezzo da
corrispondere per il riscatto.
Dalla
disamina della complessa articolazione degli accordi viene così in evidenza la
funzione
meramente
di facciata della famiglia Rizzoli che, da un punto di vista regolamentare,
viene sancita
con la
previsione, per ogni decisione assunta nell'ambito del Consiglio di
amministrazione
della Rizzoli, di un diritto di veto a favore dei consiglieri entrati dopo
l'attuazione
dell'aumento di capitale. Utilizzando Calvi come supporto bancaria e sfruttando
bene
l'influenza
esercitata su Angelo Rizzoli e Bruno Tassan Din, Gelli ed Ortolani (quest'ultimo
entra
nel 1978
nel consiglio di amministrazione della Rizzoli) cominciano quindi dal 1977 a
gestire il
gruppo
editoriale.
Per quanto
riguarda più specificamente il Corriere della Sera, diventa più stretto il controllo con la
nomina a
direttore del dottor Di Bella, voluta esplicitamente da Gelli ed Ortolani in
sostituzione
del
dimissionario Ottone. Si sviluppa da questo momento un sottile e continuo
condizionamento
della
linea seguita dal quotidiano come posto in evidenza dal Comitato di redazione e
di fabbrica
che,
attraverso una esamina degli articoli pubblicati in quegli anni, ha
sottolineato come possa
essere
difficilmente contestabile un'influenza esplicata con l'emarginazione di
giornalisti scomodi,
con
servizi agiografici ben mirati e con l'attribuzione di scelti incarichi a
persone appartenenti alla
loggia.
L'ampia
analisi effettuata in proposito dal comitato evidenzia una linea di tendenza
che si
sviluppa
con una pressione continua la quale, pur contrastata sempre dalla
professionalità dei
giornalisti,
riesce spesso ad orientare alcuni servizi per dare spazio a persone di «area» o
per
lanciare
oscuri messaggi o per evitare inchieste approfondite su alcune vicende, come
risulterà
evidente
per i servizi concernenti i paesi sudamericani. In America Latina, del resto,
con il
sostegno
finanziario di Calvi e con l'intervento di Ortolani e di Gelli (quest'ultimo
formalmente
rappresentante
del gruppo Rizzoli presso le autorità governative dei paesi esteri) la Loggia
P2
stava
estendendo la propria rete d'influenza, acquisendo dal gruppo editoriale Avril,
e con
l'appoggio
dei generali in carica in Argentina, una catena di giornali a larga diffusione.
Per quanto
riguarda più specificatamente la linea seguita dal gruppo in ordine alle
vicende
politiche
italiane, l'attenzione va riportata con particolare rilievo al 1979,
allorquando uomini della
loggia
tentano di utilizzare le tangenti connesse con il contratto di
fornitura di petrolio tra l'ENI e
la Petromin per acquisire adeguati mezzi finanziari
destinati a colmare il deficit della gestione del
gruppo
Rizzoli.
In ordine
alla cennata vicenda sono ancora in corso le indagini a cura di una apposita
Commissione
parlamentare, ma è indubbio che Gelli ed Ortolani erano perfettamente a
conoscenza
di tutti i risvolti della transazione. A Castiglion Fibocchi è stata infatti
rinvenuta copia
del
contratto stipulato tra l'AGIP e la Petromin, la richiesta avanzata dall'AGIP
al ministero del
Commercio
Estero per ottenere l'autorizzazione a pagare la tangente alla Sophilau, il
diario
predisposto
dal ministro Stammati per puntualizzare fino al 21 agosto 1979 gli sviluppi
della
vicenda
nonché un appunto su tutte le circostanze rilevate, predisposto sotto forma di
un articolo
da
pubblicare. Ortolani, del resto, il 14 luglio 1979 aveva prospettato al
segretario amministrativo
del PSI, senatore
Formica - il quale
denunciò il fatto ai ministri competenti - la possibilità di
erogazione
di fondi, in connessione degli acquisti di petrolio da parte dell'ENI, per
interventi nel
settore dei
mass-media. Segno evidente dell'interessamento della loggia alla vicenda fu poi
l’attacco
a fondo condotto contro il ministro per le Partecipazioni statali Siro
Lombardini, per il
quale il Corriere della Sera arrivò
a chiedere le dimissioni, con un fondo in prima pagina che si
distingueva
per la violenza dei toni, oltre che per la richiesta in sé, certo non usuale
rispetto alla
misurata
prudenza propria della testata milanese.
L'insuccesso
del tentativo, anche per la ferma opposizione di alcuni esponenti socialisti,
determina
la ricerca
di nuove soluzioni, mentre lo schermo Rizzoli viene utilizzato per patti con
altri gruppi
(accordo
Rizzoli-Caracciolo) o per tentativi di acquisizione di altre testate (giornali
del gruppo
Monti) con
l'intervento di Francesco Cosentino.
Questa
situazione induce ad un tentativo impostato alla finalità di allentare la
dipendenza del
gruppo
editoriale da una sola banca che non può fronteggiare, senza pericolosi
contraccolpi, oneri
così
elevati ed evidenti.
Sin dai
primi mesi del 1980 Gelli, Ortolani e Tassan Din cominciano quindi a studiare
le varie
possibilità
per reperire nuovi fondi sotto forma di partecipazione al capitale, senza
comunque far
perdere
alla loggia il controllo del gruppo. I vari progetti che vengono via via studiati
ruotano
sempre,
come ampiamente rilevabile dalla documentazione rinvenuta presso Gelli, intorno
a
questi
principi fondamentali e si concretizzano, nel giugno del 1980, per essere
formalmente
esposti in
una «convenzione» firmata da Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din, Roberto Calvi,
Umberto
Ortolani e Licio Gelli.
E’ questo
il documento più rappresentativo dell'intera vicenda che consente la
identificazione
delle
finalità del progetto e dei diversi ruoli svolti da ciascuno dei protagonisti.
Il documento
ritrovato
tra le carte di Castiglion Fibocchi consta di otto cartelle, ognuna siglata dai
protagonisti
dell'operazione.
La Commissione, attesa l'importanza, ha verificato tramite apposita perizia,
che
ha dato
esito positivo, l'autenticità delle sigle, riconosciute peraltro anche da
Rizzoli e Tassan Din.
Alla base
di tutta la costruzione finanziaria viene innanzitutto posta la necessità che
solo il più
vulnerabile
dei rappresentanti di facciata (i componenti della famiglia Rizzoli) partecipi
alla fase
operativa.
Ad Angelo Rizzoli è quindi fatto carico, con adeguato compenso, di concentrare
a suo
nome tutti
i diritti concernenti la parte di azioni dell'azienda capo-gruppo (20 per cento
del
capitale)
che, pur soggetta a vincoli e condizionamenti attuati tramite l'interposizione
fittizia di
banche
estere, figurava ancora di pertinenza della famiglia Rizzoli.
Il
successivo passaggio prevede poi la suddivisione del capitale azionario in
quattro pacchetti di
cui due
assorbenti ciascuno il 40 per cento del totale, mentre il residuo capitale era
ripartito in altre
due quote
diseguali (10,2 per cento e 9,8 per cento). Per ognuna delle suddette parti
erano stabilite
diverse
modalità di gestione con l'intervento di Angelo Rizzoli per una di esse (40 per
cento) e con
l'interposizione
di società-schermo per le altre tre. A questa fase avrebbe forse dovuto far
seguito,
almeno
secondo quanto si può evincere dalla qualifica di intermediarie attribuita alle
società-schenno,
un
ulteriore passaggio di azioni incentrato sulla successiva cessione di una parte
del
capitale
(49,8 per cento), mentre la quota di maggioranza (50,2 per cento) rimaneva di
pertinenza
di una
struttura che legava tra loro stabilmente (almeno per dieci anni) sia la quota
intestata ad
Angelo
Rizzoli che il pacchetto di azioni pari al 10,2 per cento del capitale: in
questa struttura
pertanto
la quota del 10,2 per cento veniva ad assumere valore determinante ai fini del
controllo
della
società.
La
schematica rappresentazione degli accordi stilati tra gli esponenti della
loggia relativamente
all'assetto
della proprietà del gruppo Rizzoli - articolato su interventi finanziari
comportanti in
Italia ed
all'estero complesse trasformazioni di ragioni creditorie in proprietà
azionarie e che
prevedevano
la erogazione di una «tangente» (in contanti e/o in azioni) pari a lire 180
miliardi –
consente
comunque di far risaltare la funzione della loggia, che si pone come elemento
centrale e
determinante
per ogni singolo passaggio della operazione.
Non
risulta infatti tanto rilevante l'azione svolta dai vari protagonisti, ma si
afferma ed emerge
piuttosto
in tutto il suo ruolo l'Istituzione, così indicata nel documento, in
rappresentanza della
quale
alcuni dei partecipanti firmano il «pattone». E’ l'Istituzione la sola arbitra
dell'attuazione
delle
varie fasi operative «tenuto conto delle alte finalità del
progetto», è
l'Istituzione che sceglie le
società
intermediarie, è l'Istituzione che, con la interposizione fittizia di apposita
società,
acquisisce
la proprietà della quota cardine, pari al 10,2% del capitale, che domina anche
la parte
(40%)
figurante a nome di Angelo Rizzoli.
Questa
vicenda segna forse il punto più alto toccato dalla loggia che ritiene
opportuna una
adeguata
pubblicizzazione del ruolo assunto e dell'importanza raggiunta: ed in questa
ottica
possono
essere valutati i proclami, le valutazioni, agli avvertimenti che Gelli esprime
nella
intervista
rilascia il 5 ottobre 1980 al Corriere della Sera («Il fascino discreto del potere nascosto») che
viene
adeguatamente divulgata a cura dei «fratelli» operanti nel settore della carta
stampata,
suscitando
nuove adesioni e qualche preoccupazione.
Da un
punto di vista operativo, il progetto delineato procede con l'intervento di
Calvi, che dalla
struttura
estera del Banco Ambrosiano attinge gli strumenti finanziari necessari per la
realizzazione
di una prima parte degli accordi. La conclusione viene per altro affrettata a
seguito
del
sequestro di Castiglion Fìbocchi: risulta infatti incompiuta l'opera di
consolidamento al nome
di Angelo
Rizzoli di tutta quella parte del capitale (20%) su cui altri membri della
famiglia
vantavano
ancora qualche diritto. In buona sostanza, però, la esiguità (3,5%) dei titoli
non ancora
sotto il
pieno ed incontrollato dominio della loggia convince i protagonisti a passare
alla fase
successiva,
che vede l'affidamento in Italia ad una società del gruppo Ambrosiano (La
Centrale
Finanziaria
S.p.A.), del ruolo di intestataria di un pacchetto azionario pari al 40% del
capitale
azionario,
mentre ad un'altra società appositamente creata (Fincoriz S.a.s. di Bruno
Tassan Din)
risultano
destinate le azioni di spettanza dell'Istituzione (10,2%).
Gli
accordi formali resi pubblici nella circostanza prevedevano un onere a carico
de La Centrale,
correlato
alla quantità di fondi necessari per portare a termine il complesso dell'intera
operazione,
per la
parte di azioni circolanti in Italia (aumento di capitale, rimborso di
precedenti prestiti,
spese,
ecc.). Alla fine, infatti, La Centrale si troverà ad aver erogato per l'intera
operazione di
aumento di
capitale la somma di L. 177 miliardi che per L. 35 miliardi perverranno
all'Istituto
Opere di
Religione a fronte dell'80% del capitale a suo tempo ceduto (al netto di un
fondo spese di
L. 4
miliardi) e per la parte residua saranno versati alla Rizzoli, venendo a
coprire le quote di
pertinenza
de La Centrale stessa (L. 61,2 miliardi per il 40%), di Angelo Rizzoli (L. 61,2
miliardi
per il
40%) e della Fincoriz (L. 15,2 miliardi per il 10,2%).
Agli oneri
sostenuti in Italia dal gruppo Ambrosiano tramite La Centrale vanno peraltro
aggiunti
quelli
accollati alle banche estere del gruppo le quali, al momento del dissesto,
risulteranno aver
erogato,
sia in relazione a ristrutturazione di crediti precedenti, sia per esborsi a
favore di Gelli,
Ortolani e
Tassan Din, fondi per $ 184 milioni in connessione alle complessive operazioni
di
aumento di
capitale. Quest'ultimo credito - che risulterà poi formalmente di pertinenza
del Banco
Ambrosiano
Andino nei confronti di una società (Bellatrix S.a.), assistita da una «lettera
di
patronage»
rilasciata dallo IOR - apparirà garantito da una parte (3,5%) delle azioni
Rizzoli
Editore
circolanti all'estero.
Il
delicato meccanismo così messo in piedi riceve comunque duri colpi con
l'arresto di Calvi e con
l'opposizione
del ministro del tesoro Andreatta, che ostacola la realizzazione dell'intervento de La
Centrale e
ne condiziona l'operato, impedendo la conclusione della terza fase (ingresso di
nuovi
soci) ed
avviando così tutta la struttura all'inevitabile, successivo dissesto.
L'intreccio
di ambienti finanziari (e non) e lo sviluppo di operazioni che abbiamo
delineato,
sollecitano
riflessioni di più generale portata in ordine ai meccanismi sui quali si
innestano
operazioni
finanziarie sui capitali di tipo prettamente speculativo e sul loro
collegamento a centri
di potere
non solo economico. Sono problemi questi la cui analisi approfondita trascende
l'ambito
di
interessi del presente lavoro; quello peraltro che appare certo è che sarebbe
ipocrita chiedersi
quali
collegamenti e di quale natura esistano tra situazioni quali la Loggia P2 e
vicende finanziarie
come
quelle studiate, ignorando o fingendo di ignorare che il legame tra le due
tipologie non può
restringersi
a contatti accidentali ed interessati tra ambienti al margine della legalità,
ma nasce
sotto il
segno della intrinseca e reciproca necessità.
La seconda
osservazione che emerge dalla precedente narrativa è quella che è a metà degli
anni
settanta
che sembra verificarsi la saldatura concreta ed in termini operativi del gruppo
Gelli-Calvi-
Ortolani.
Gelli che si è battuto per aiutare Sindona, il cui tramonto è ormai
inarrestabile, eredita
nella sua
orbita di influenza il Calvi con una scelta, ed una scansione di tempi e di
avvenimenti
che lascia
pensare più ad una successione programmata che ad una semplice coincidenza. Che
tutto
questo avvenga contemporaneamente alla formulazione del piano di rinascita democratica è
argomento
di riflessione che verrà sviluppato diffusamente nel capitolo quarto, relativo
al
progetto
politico della Loggia P2, ma che è quanto mai opportuno sottolineare già in
questa sede.
L'esame
delle vicende finanziarie e lo studio della loro articolazione ci mostrano
inoltre la
convergenza
attraverso la Loggia P2, di gruppi ed ambienti disparati, portatori di
interessi anche
non
omogenei. L'eterogeneità di tali situazioni è del resto ben rappresentata dalla
composita
articolazione
del personale iscritto alla loggia, della quale le liste di Castiglion Fibocchi
sono
evidente
esempio. E’ dato infatti rilevare come la Loggia P2 annoveri tra i suoi
iscritti persone di
varia
provenienza, spesso anche collocate su versanti apparentemente opposti; sono
così
contemporaneamente
nella loggia, come ha notato il Commissario Covatta, coppie di nemici
celebri,
come il generale Miceli e il generale Maletti e, per restare nel campo degli affari,
Mazzanti e Di Donna, notoriamente avversari nell'ultimo periodo di presenza
all'ENI.
Soccorre a
questo proposito il rilievo contenuto nel piano dì
rinascita democratica sulla
eterogeneità
dei componenti della loggia, prevista come elemento connotativo
dell'organizzazione.
Un dato
questo che ci mostra la funzione strumentale della loggia presso chi
dell'operazione aveva
il
controllo generale, e cioè il suo Venerabile Maestro, che appunto dalla
eterogeneità dei
componenti
traeva uno dei non secondari motivi del suo potere, in quella logica di
contatti
verticali
tra la base ed il vertice che, come abbiamo visto, è caratteristica strutturale
della Loggia
P2.
La loggia
stessa in questa prospettiva ci appare come una sorta di camera di
compensazione, della
quale sono
testimonianza eloquente gli accordi finanziari di vario tipo trovati tra le
carte di
Castiglion
Fibocchi; si comprende allora il valore che poteva assumere nel mondo
finanziario un
centro di
mediazione di interessi diversi così costituito e così protetto e risalta
appieno il ruolo che
in tale
contesto veniva assegnato al Venerabile Maestro della loggia.
Emblematica
in tale senso è la gestione del gruppo Rizzoli nella quale non solo questo
articolato
stato di
cose trova significativa ed esemplare applicazione, ma che altresì ci consente
di pervenire
ad alcune
importanti conclusioni in ordine al rilievo politico assunto dalla loggia ed
all'ampiezza
di respiro
dei suoi progetti e delle sue ambizioni. L'analisi dell'assetto proprietario
del Corriere
della Sera ci conduce a risultati conoscitivi che
fugano ogni dubbio residuo sulla proponibilità di
tesi di
taglio riduttivo, quando si voglia comprendere e valutare nel suo significato
reale un
fenomeno
quale quello costituito dalla Loggia P2 e dalle attività che in essa e tramite
essa
venivano
progettate e gestite da gruppi e forze anche disparate, ma unificate dalla
convergenza di
interessi
su situazioni determinate.
Il dato
dell'acquisizione del Corriere della Sera nell'orbita di influenza della Loggia
Propaganda
denuncia
una inequivocabile connotazione di rilevanza politica e letto in parallelo al
dato
precedentemente
enucleato sull'ambiguo rapporto che lega Gelli agli ambienti dei Servizi
segreti
lascia
intravedere le linee generali di un allarmante disegno generale di penetrazione
e
condizionamento
della vita nazionale. Se le ombre e le zone di ambiguità sono ancora molte, e
solo
in parte
sarà possibile far luce, quello che emerge con nitida chiarezza all’attenzione
dell'osservatore,
è che un siffatto fenomeno assurge a questione di rilievo politico primario,
come
altrimenti
non potrebbe essere, per il coinvolgimento di attività e funzioni non solo
pubbliche in
senso
stretto, ma altresì rilevanti per l'interesse della collettività, secondo la
precisazione contenuta
nell'articolo
1 della legge istitutiva di questa Commissione.
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