(Lezione 7 di un corso tenuto a
Bologna sulla parapsicologia dalla prof. Viviana Vivarelli)
Pensiero logico e analogico
- Fenomeni ESP e PK – Sensitivo e medium – La psicometria – La
medium a incorporazione Leonore Eveline PIPER - La seduta
medianica di Prodi e il sequestro di Moro – Croiset e i bambini scomparsi –
L’archeologo Mario Signorelli e le scoperte etrusche - Gustav Pagentescher
con la sensitiva Maria Reyes – I manoscritti di Glastonbury -
Stephan Ossowiecki - Clarence Wolsey Weiant e la testa
colossale- Carlos Castaneda – L’allucinazione della bara aperta – Il generale
James Scott
Elliot
Che cosa ha a che fare una
scienza seria e razionale come l’archeologia con una disciplina non scientifica
e arbitraria come la parapsicologia? Nulla, apparentemente. Non si può pensare a
nessuna scienza più aderente alla materia dell’archeologia, nessuna più
materialista e logica. La parapsicologia trova, invece, il suo quadro di
riferimento in un uso analogico della mente, essenzialmente irrazionale,
sbalzato fuori dalle coordinate conosciute.
Il paragnosta Croiset
considerava il pensiero analogico come una via di conoscenza che va oltre
la razionalità, sfociano nella sensitività, nella postvisione, nella
premonizione e nel pensiero telepatico.
Il pensiero analogico, o pensiero
dell’emisfero destro, è una via mentale che procede per affinità formali, di
senso, o simboliche (come avviene per il sogno o altri fenomeni dell’inconscio),
stabilendo legami e sintonie che trascendono quelle categorie tradizionali della
mente razionale, dello spazio, tempo e causa, che isolano in precise definizioni
ogni ente. Si può trovare l’applicazione di questo pensiero non razionale in
molti campi della conoscenza o dell’espressione umana, come l’arte, i miti, le
favole, i sistemi religiosi, le visioni estatiche, i sistemi astrologici, i
sogni, le illuminazioni, gli atti sincronici, le patologie mentali ecc., ma
principalmente nella magia. Ritroviamo oggi un pensiero basato sulle analogie
nei sistemi conoscitivi olistici orientali, come nelle terapie alternative o
nelle tecniche olistiche.
Possiamo dire che il pensiero
analogico o magico ha caratterizzato tutte le civiltà antiche ed è solo da pochi
secoli che noi occidentali abbiamo dato la prevalenza alla mente razionale,
emarginando l’altra mente, che pure ci è stata data per natura come un’altra via
di conoscenza e percezione, dunque altrettanto o più stimabile dell’altra, e che
è stata in grado per millenni di costruire sistemi conoscitivi funzionali e
introdursi in visione dell’universo molto diverse da quelle che abbiamo oggi in
Occidente.
La nostra mente è stata creata
per produrre due tipi di pensiero opposti: un pensiero qualitativo e uno
quantitativo. Il pensiero qualitativo è analogico, crea corrispondenze tra parti
dell’essere, guardandole come vibrazioni di una stessa energia, o
qualità, cerca relazioni tra qualità.
Il pensiero razionale o logico
distingue in base a misure, mette insieme enti misurabili, creando insiemi più
grandi, procede dal particolari agli insiemi di particolari.
Oggi la scienza segue una visione
quantitativa delle cose, guardandole come numeri o misure, e cerca relazioni tra
quantità, per es. in psicologia se si studia lo svezzamento del neonato,
stabilisce relazioni matematiche tra il numero dei bambini svezzati a una certa
età e un’altra e il numero delle madri che sono state allattate e a loro volta
hanno allattato, si mettono numeri contro numeri, per cui certe discipline
psicologiche sembrano piuttosto rami di statistica.
La specifica scienza occidentale
‘quantizza’ il reale e cerca di connetterlo mediante algoritmi e funzioni
matematiche.
La conoscenza analogica guarda
invece al Tutto come un oceano dove correnti simili formano un’unica corrente,
indipendentemente dallo spazio, dal tempo e dalla causa. Esse sono Uno, solo
perché si somigliano, hanno la stessa vibrazione, la vibrazione è una qualità
dell’onda, esattamente come nell’etere due trasmissioni sulla stessa banda di
frequenza possono apparire su video distanti, esistere dunque come
manifestazione contemporanea in due luoghi diversi della Terra. Se avessimo
video temporali, potremmo avere in sintonia anche tempi diversi, cioè vedere
anche film del futuro come vediamo vecchi film del passato. Il qui e ora dipende
solo dall’atto di sintonizzazione che attualizza qualcosa che di per sé potrebbe
essere ovunque e da nessuna parte.
L’archeologo dunque è uno che,
pur studiando civiltà antiche, situa la sua ricerca nella propria,
e, pur andando alla scoperta dell’immateriale, si basa su reperti essenzialmente
materiali, vuole rintracciare l’anima di un popolo estinto ma secondo dati
percettibili, misurabili e quantificabili, quali un’anima non può mai contenere.
Il sensitivo, all’opposto, ha antenne che lo sbalzano in un tempo non tempo dove
esistono tutti i tempi e si può comunicare con tutti gli spazi, è per eccellenza
il viaggiatore interspaziale e intertemporale ma non può presentare le sue
scoperte in forma scientificamente attendibile. Non le può oggettivare e rendere
percettibili e misurabili, non le può riprodurre a comando.
Non è possibile immaginare due
tipologie umane più distanti, per paradigmi, sistemi di ricerca, finalità,
conclusioni. Per cui ipotizzare un archeologo paranormale è come cercare un
ossimoro, una contraddizione vivente.
Ma la cosa strana è che
l’archeologo è già in sé è una contraddizione epistemologica, perché egli
pretende di essere un viaggiatore del tempo che non esce dal proprio tempo, uno
che vuole scoprire l’essenza di una civiltà antica totalmente diversa dalla sua
senza uscire dai canoni mentali e culturali della propria. E’ peggio di un
traduttore infedele, è come l’etologo che disdegna di immergersi nello stagno e
pur tuttavia pretende di spiegare agli altri come si vive ‘dentro’ lo
stagno.
Ripetiamo ora la distinzione, in
parapsicologia, dei fenomeni ESP da quelli PK.
‘Extra sensorialy perceptions’,
sono le percezioni extra sensoriali, per es. visualizzare un tumore o vedere il
campo aurico.
PK indica fenomeni di kinesis
ovvero di movimento indotto nell’ambiente dalla mente o dall’energia di un
soggetto, per es. l’induzione della mano che fa variare il movimento dell’ago di
una bussola.
Distinguiamo ancora il sensitivo
dal medium, il sensitivo può essere colui che ha allargato la
propria banda sensoriale, per es. vede negli infrarossi o sente negli
infrasuoni. Il medium è più propriamente il mezzo che si fa tramite o ponte tra
due livelli dell’essere, per es. il soggetto è attraversato da comunicazioni
spiritiche, di defunti o di entità. Così si può essere sensitivi ma non medium ,
anche se a volte le due caratteristiche si uniscono.
Potremmo dire che ogni uomo ha
delle facoltà che trascendono la percezione ordinaria, sia nel campo delle ESP
che del PK, ma non tutti riescono ad attivarle. Dunque è possibile che uno
abbia, per es., la facoltà della chiaroveggenza che comprende la telepatia come
la precognizione o la postcognizione, ma non è detto che possa praticarla con la
volontà. Accade a volte che alcune facoltà si attivino improvvisamente per un
dato tempo e che di colpo scompaiano. Ci sono casi di sensitivi che hanno
attivato certe facoltà per alcuni anni e poi le hanno perdute per sempre.
Possiamo associare queste improvvise aperture a eventi di tipo traumatico
(pericolo di morte, perdita di persone care, menopausa, stati depressivi,
malattie organiche ecc.), più difficile sembra trovare la causa
della fine di fenomeni ESP.
Le condizioni che ostacolano la
chiaroveggenza potrebbero essere:
- l’attaccamento alla materia
dentro di noi (prevalenza della fisicità o della sensorialità ordinaria, in
quanto ci si espande solo sul piano grossolano dell’essere)
- l’attaccamento alla materia fuori
di noi (radicamento al mondo fenomenico, quindi conoscenza che si volge solo al
mondo materiale come unico mondo possibile qui e ora, e azione che
guarda solo alle variazioni di esso e in esso)
- l’attaccamento all’intelletto o
uso dell’emisfero sinistro (strumento mentale prevalente: la
razionalità o logica)
- l’attaccamento possessivo alla
nostra persona come distinta dagli altri e migliore o superiore, difesa del
nostro essere psichico (egoicità o presunzione)
- lo squilibrio o mancanza di
armonia tra i nostri piani o livelli, in particolare tra materia,
anima e spirito
- lo squilibrio o
mancanza di armonia tra i membri del gruppo di lavoro (cattivi rapporti
interpersonali, invidia, gelosia, competizione, meschinità, tradimento...) o
divergenza nelle finalità o nei metodi di lavoro o, più profondamente,
divergenza tra le posizioni evolutive interne
- mancanza nel singolo o nel gruppo
di un fine coerente universale disinteressato (per es. aiuto a chi soffre o
evoluzione spirituale)
Fissati questi punti, vediamo ora
come delle tecniche parapsicologiche possono essere di aiuto per una ricerca
scientifica e poi le vedremo applicate all’archeologia.
La parapsicologia nasce negli
anni ’30 con RHINE (la rigorosa scuola americana) alla Duke University. Studia
fenomeni ESP, soprattutto 4 fenomeni principali: telepatia, retrocognizione (o
visione di eventi passati), precognizione (o visione di eventi futuri) e
psicometria. Quello che ci interessa oggi è la psicometria nei suoi collegamenti
con l’archeologia.
Il termine PSICOMETRIA è
stato coniato nel 1840 dal medico americano Buchanan che la faceva
rientrare nella retrocognizione.
Un soggetto si mette di fronte a
un oggetto e ne riceve delle informazioni, come se quell’oggetto potesse
influenzare la sua mente e comunicare con essa, dicendo qualcosa di se, del suo
ambiente o delle persone che lo hanno contattato. In quel caso l’oggetto si dice
‘testimone’ o ‘induttore’ perché induce certi effetti nella mente. L’interazione
che si determina tra soggetto e oggetto può essere labile o passeggera o anche
molto intensa. Nel grado massimo, l’interazione può produrre uno stato
modificato di coscienza del sensitivo così forte che egli entra in trance e
parla con una voce diversa raccontando in prima persona i fatti ci sui l’oggetto
è memoria storica.
Esperimenti in tal senso furono
fatti con la medium americana Leonore Eveline PIPER, una medium a
incorporazione che cioè incorporava personalità defunte. Sembrava che certi
oggetti contenessero un campo di informazioni che attivava l’incorporazione,
l’oggetto permetteva alla medium di comunicare con entità immateriali. La Piper
chiedeva, per es., a un genitore che voleva comunicare col figlio defunto di
prendere un suo oggetto e di porselo accanto pensando intensamente al figlio.
Dopo di che ‘incorporava’ lo spirito del figlio morto.
Ci sono soggetti che in
collegamento con oggetti vedono immagini, ma possono avere anche emozioni, o
sentire voci.
Per quanto ci sia in genere
scetticismo verso questi test, l’uso di sensitivi o di test medianici è stato
praticato da tutte le polizie del mondo, specialmente nella ricerca di soggetti
scomparsi, anche se di questo si parla con molta reticenza o per niente, il che
prova che qualche riscontro di verità è facile da trovare.
Anche per il rapimento di
Moro la polizia italiana utilizzò una sensitiva che parlò di Gradoli e
Gradoli era effettivamente il nome della via dove Moro era nascosto e che fu
confuso con il paese di Gradoli. In realtà la polizia andò in Via Gradoli
proprio dove Moro era tenuto prigioniero, suonò, i sequestratori non aprirono e
tutto finì lì.
Sempre in collegamento col
rapimento Moro citiamo il famoso episodio della seduta medianica di
Prodi. Nei
giorni del sequestro Moro, il 2 aprile 1978, Prodi era in una casa di campagna
di amici e racconta: "Era un giorno di pioggia, facevamo il gioco
del piattino, ed era la prima volta che facevo cose del genere. Uscirono
Bolsena, Viterbo e Gradoli. Nessuno ci ha badato: poi in un atlante abbiamo
visto che esiste il paese di Gradoli. Abbiamo chiesto se qualcuno sapeva
qualcosa e visto che nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio dovere di
riferire la cosa agli inquirenti.” Prodi va dunque a Roma e ne parla con Umberto
Cavina, capo ufficio stampa dell'on. Zaccagnini. Per quanto ciò possa sembrare
strano, viene ritenuto attendibile e il 6 Aprile la questura di Viterbo,
su ordine del Viminale, organizza un bliz nel borgo medievale di Gradoli, mentre
fu trascurata l'altra indicazione, che la stessa moglie dell'onorevole Moro
aveva fornito, relativa all'esistenza a Roma di una via Gradoli. Un intero paese
fu perquisito ma non si trovò niente. Il 18 aprile i vigili del fuoco, a
causa di una perdita d'acqua, scoprono a Roma, in via Gradoli 96, proprio là
dove diceva la Signora Moro, un covo delle BR appena abbandonato, che si
rivelerà essere la "base operativa del capo della colonna romana delle BR, Mario
Moretti, che aveva preso parte non solo all'organizzazione ma anche all'agguato
di via Fani. Di fronte ad eventi simili, ad una sequenza così ravvicinata
(2,6,18 aprile) viene spontaneo porsi la domanda che l'onorevole Pellegrino pose
ad Alberto Clò, allora ministro dell'Industria del governo Prodi, nel 1998:
"aver fatto uscire il nome di Gradoli paese, aver determinato
l'irruzione militare nello stesso, con il clamore che ciò poteva
suscitare, poteva anche essere un modo per segnalare ai brigatisti
che le forze di sicurezza si stavano avvicinando a quel luogo (cioè a via
Gradoli a Roma, ndr)?". Certo i punti oscuri in questa vicenda sono
tanti. Già il 18 marzo, solo due giorni dopo il rapimento Moro, due poliziotti
si erano recati in via Gradoli 96 per una soffiata, ma trovando la porta
chiusa se ne erano inspiegabilmente andati. L'abbandono del covo di
via Gradoli era avvenuto proprio dopo che si era saputo dell'irruzione nel paese
medievale di Gradoli, quasi quest'ultima avesse destato l’allarme.
Risulta anche molto strano che chi aveva dato tanta importanza alla rivelazione
di Prodi su Gradoli, dopo l'inutile irruzione in quel paese, non abbia pensato
di provare subito, con la stessa fretta, in via Gradoli a Roma come molte
segnalazioni, meno sensazionali e più scientifiche, indicavano. Infatti la
scoperta del covo di via Gradoli, il 18 aprile, fu voluta dai brigatisti
stessi, non determinata dalle investigazioni. Racconta Alessandro Visini
che i vigili del fuoco, e non la polizia, giungono in via Gradoli per una
perdita d'acqua segnalata da un inquilino, una strana perdita in quanto
"il rubinetto della vasca è sostenuto da una scopa che indirizza volutamente il
getto dell'acqua verso la fessura, con lo scopo di ottenere
l'allagamento". Su tutti questi fatti Romano Prodi, presidente del
Consiglio prima e presidente della Commissione europea poi, ha steso una coltre
di silenzio, ritenendo che la spiegazione spiritica fosse sufficiente: eppure
bisognerebbe che si spiegasse meglio, visto che l'omicidio di Moro e della sua
scorta ha segnato una svolta nella storia del nostro paese. Solo 4 anni
dopo, infatti, Prodi fa il salto di qualità: da semplice professore diviene uno
degli uomini più potenti d'Italia.
Di CROISET abbiamo già
parlato. Il paragnosta belga fu utilizzato dalle polizie di vari paesi per
rintracciare persone scomparse, in genere bambini, basandosi sulle impressioni
ricevute da oggetti della persona scomparsa. A volte egli andava sul posto. Ma
vi fu un caso che riguardò la polizia americana in cui egli operò a distanza. A
New York era scomparsa una bambina di 5 anni, a Brooklyn, giocava in giardino e
poi sparì, fu cercata per 5 giorni da 350 poliziotti, e tutte le case della zona
furono setacciate. Croiset chiese una pianta della città e una foto della
bimba. Disse:
“Vedo un edificio alto, con in cima un cartellone
pubblicitario di colore arancio, un garage, una piazza, delle tapparelle
bianche, un giardino pubblico.. nei pressi una ferrovia che ha le rotaie sopra
il piano stradale, più in là delle macerie o rifiuti, più oltre dell’acqua, c’è
un fiume...l’uomo che ha preso la bambina è basso, ha circa 54-55 anni (poi
corresse:”Ha 59 anni”), ha un viso affilato, indossa qualcosa di grigio, è
originario dell’Europa meridionale, vedo una casa grigia di cinque piani, un
garage, un giardino, ecco dove è o è stata la bambina... temo che sia
morta.”
La descrizione della zona dove
abitava la bambina risultò esatta, era uno dei pochi punti di New York dove la
ferrovia stava al di sopra del piano stradale. Come arrivò la foto
del luogo, Croiset dette altre indicazioni, e un’ora dopo, in uno
squallido edifici,o fu trovato il corpicino straziato della bimba, che era stata
violentata e uccisa a botte.
Una settimana dopo, il suo
uccisore veniva preso. Era un maniaco sessuale alcoolizzato. Aveva 59 anni, era
alto circa un metro e 65, aveva il naso aguzzo e la pelle abbronzata, ma era
nato in Inghilterra, la casa era grigia e aveva 4 piani più il seminterrato, non
c’era garage, c’era il cartello arancione, c’era un cortile ma non un
giardino.
Sulla psicometria possiamo fare
esperimenti noi stessi per scoprire eventuali capacità nascoste e usarla anche
come gioco di società quando siamo con gli amici. Di norma è meglio non farla da
soli ma farsi aiutare da qualcuno. Io ho fatto i primi esperimenti di
psicometria con mia figlia, poi con un paio di classi di adulti durante due
corsi. Questi stavano rilassati con gli occhi chiusi, dopo una breve seduta di
rilassamento vacuo, ognuno al suo posto senza imporre le mani sull’oggetto che
rimaneva coperto sulla cattedra e dopo qualche minuti raccontavano cosa avevano
visto o sentito, ognuno a suo modo.
In genere il soggetto che agisce
prende in mano l’oggetto o lo tocca ma così vede l’oggetto o ne riceve per
contatto molte informazioni immediate, ma io volevo che la trasmissione delle
informazioni arrivasse alla mente senza l’intervento dei sensi ordinari. Dunque
ho deciso che bastava imporre le mani a occhi chiusi a una decina di cm sopra
l’oggetto mentre questo era coperto da un panno opaco e spesso o stare anche a
distanza senza l’imposizione delle mani e il campo informativo dell’oggetto
avrebbe agito ugualmente pur senza le informazioni tattili o visive o olfattive
di tipo ordinario. Meglio ancora se l’oggetto era impacchettato in carta o
stoffa, celato alla vista e scelto a caso tra tanti da un aiutante che non
sapeva cosa aveva scelto, per impedire una trasmissione telepatica di
dati.
Il primo oggetto che ho nascosto per mia figlia è
stata la mia fede nuziale.
Nicoletta ha detto che vedeva un giorno freddo di
primavera, una chiesa toscana con le pietre a vista (mi sono sposata nella
chiesa dei frati cappuccini di Montughi a Firenze, che è appunto una chiesetta
toscana con pietre a vista ed era un sei di marzo molto freddo), ha sentito le
campane e ha descritto un frate con i piedi scalzi nei sandali e una barba scura
(come era appunto il sacerdote che ha celebrato il mio matrimonio).
Poi lei ha nascosto per me un coltello finto di legno
che è stato lavorato in un campo scout al tramonto. Io ho visto il pendio di un
prato all’imbrunire, molti ragazzi vestiti di scuro, alcuni col cappello ampio,
un fuoco di accampamento e ho sentito una grande pace.
Altre prove le ho fatte con varie persone. In genere
gli esperimenti hanno avuto un buon margine di successo. A volte l’oggetto
raccontava la sua storia o quello che vedeva, a volte si collegava a dati
conosciuti allo sperimentatore, a volte a dati a lui ignoti, anche di altri
tempi, a volte l’oggetto mostra di sé solo un’immagine fisica riconoscibile o
una immagine simbolica.
Per es. ho visualizzato una catenella d’oro
come un insieme di piccoli centri lucenti.
Di una chiave ho detto che vedevo una mensola presso
l’ingresso di una casa, in basso, dove l’oggetto veniva posato spesso, si vedeva
una porta finestra che dava sul giardino con una tenda bianca.
Un cestino pieno di piccole pietre rotonde prese su
una spiaggia dell’isola d’Elba come portafortuna da un’amica è stato
visualizzato da mia figlia attraverso un disegno che riproduceva una specie di
nido pieno di cerchi, e lei ha detto che si trattava di qualcosa collegato a un
giorno molto felice e che conteneva cose che dovevano portare
fortuna.
Per fare questo esercizio,
consiglierei di tenere la persona agente ad occhi chiusi in condizioni molto
rilassate e in totale silenzio, con respiro lento e tranquillo, l’atteggiamento
deve essere ricettivo e vuoto, di attesa verso qualunque cosa possa venire,
disegni, forme, colori, concetti, emozioni, ricordi. Un aiutante dovrebbe
scegliere un oggetto particolarmente significativo o connesso a un evento
emozionale, meglio se si tratta di qualcosa che è stato portato indosso e di cui
si conosce la storia o anche una lettera o foto dentro una busta.
Nel caso in cui si voglia toccare
l’oggetto, questo può essere portato sulla fronte o sull’ombelico o posato sul
petto. Altrimenti si può imporre su di esso le man senza toccarlo, oppure si sta
semplicemente al proprio posto indirizzando la mente all’oggetto senza pensare a
nulla attenti a quel che può apparire.
Soggetti diversi possono ricevere
dall’oggetto informazioni diverse. L’oggetto può dire qualcosa sul luogo dove
sta di solito o su una giornata particolare in cui è stato investito di valori
emozionali o simbolici, sulla sua fabbricazione, su una persona in particolare
che lo ha contattato, sul suo significato o forma, oppure si può connettere
sulla persona che lo utilizzato per ultima, sulla sua salute o su altri elementi
che la riguardano.
Sembra che le donne siano più
portate verso la psicometria.
Un modo molto buono sarebbe
distendere il soggetto su un divano e farlo rilassare completamente con un
rilassamento guidato, così da modificare il suo stato di coscienza e portarlo ad
onde alfa, poi porre sul suo petto o sul ventre l’oggetto in questione,
registrando tutto quello che dice di vedere o di sentire. Le
facoltà paranormali aumentano progressivamente via via che procedono il
rilassamento e la suggestione ipnotica.
Mery, durante un viaggio in Egitto ha raccolto in
ogni luogo dove è andata un sasso, lo ha numerato e ha fatto delle foto. La
serie di pietre è stata presentata a un’amica, Luisa, che imponendo le mani
sopra ognuna ha cercato di visualizzare a occhi chiusi il messaggio portato da
ogni pietra. Per quanto la cultura di Luisa non sia grande e il suo modo di
esprimersi sia semplice, i risultati sono stati significativi, anche se non
possiamo escludere un passaggio telepatico di informazioni.
Per es. sua una pietra Luisa ha detto che vedeva un
foro da cui si entrava in un luogo sotterraneo (pietra presa presso una tomba),
fuori si vedeva un viale con di fianco delle colonne (Valle delle Regine). Luisa
diceva di vedere dei ragazzini in costume, sotto i 16 anni (la tomba raccoglieva
i resti dei principini morti. Se essi avevano più di 16 anni venivano sepolti
nella Valle dei re, altrimenti nella Valle delle regine. Li vedeva con le teste
rase, salvo un lungo codino posteriore (e sembra che questa fosse proprio
l’acconciatura dei principini). Vedeva delle donne attorno a loro che li
conducevano e li sentiva tristi.
Passiamo dunque all’archeologia. E
vediamo se le facoltà psi sono applicabili a una scienza così positiva e se
nella sua storia sono state utili a fare delle scoperte.
Non è facile trovare un archeologo
che sia anche un medium ma ci sono molti casi di sensitivi che
sono stati in grado di trovare siti archeologici, descrivendo quello che poi si
sarebbe trovato nel sottosuolo, o di archeologi che si sono fatti aiutare da
sensitivi.
In Italia il più famoso in questo
campo è il prof. MARIO SIGNORELLI, che ha contribuito a importantissime
scoperte sugli Etruschi e che ha trovato una grande città sacra presso Viterbo:
il Fanum Voltumnae.
Tomba dei rilievi
Il professor Signorelli è di una
nobile famiglia viterbese, discendente dal pittore Luca Signorelli, artista e
letterato, e ha scritto molti testi sul misterioso popolo etrusco, tra cui "Sul
sentiero dei Lucumoni" e "Nel mondo allucinante degli Etruschi".
Signorelli è un sensitivo e dice di
essere entrato in comunicazione medianica col lucumone Metul, uno dei principi
etruschi, e con altri perispiriti (corpi spirituali), che lo hanno guidato a
importanti scoperte archeologiche e gli hanno rivelato usi e costumi della loro
civiltà scomparsa. Dai loro messaggi la religione etrusca risulta
una fede monoteista, aveva un unico dio con due manifestazioni: una luminosa
volta alla fecondazione e la vita, l’altra oscura rivolta alla morte e all’al di
là.
Gli Etruschi avevano una cultura
fortemente religiosa, diretta da una casta sacerdotale che applicava una
religione monoteistica segreta e iniziatica.
La loro terra era divisa fra 12
popoli, ognuno guidato da un capo politico, detto lucumone (re), ma tutti uniti
dalla stessa fede. I sacerdoti massimi erano 12, uno per popolo, e formavano un
collegio supremo, che si riuniva ogni anno nel santuario nazionale, il
Fanum Voltumnae (bosco sacro del dio Ultune), per eleggere il loro capo.
Gli archeologi hanno cercato invano
questo luogo, dove si diceva fosse depositato anche il ricchissimo tesoro dei
sacerdoti. I messaggi dissero al Signorelli che il luogo sacro era presso un
laghetto sulfureo vicino a Viterbo al centro di 4 città (Ferente, Axia, Urcla e
Luserna) le cui iniziali danno FAUL, iniziali di Fanum Ultune, (una delle porte
di Viterbo si chiama Porta Faul e Faul è anche il nome del torrente). Dalle 4
località si diramavano 4 sentieri che portavano al cuore del sacrario del
Riello, qua era la cripta dove veniva eletto il larthe o sacerdote supremo. Le 4
vie erano nascoste in un dedalo di sentieri in parte sotterranei per sviare
l'attenzione, ma di notte gli iniziati potevano scorgere la scritta
fosforescente FAUL che indicava loro il cammino fino alla cella segreta. Quando
la cerimonia era finita, la cella veniva sigillata e il corridoio allagata con
le acque del Riello. Dopo la conquista romana i sacerdoti fecero franare gli
accessi alle grotte e sigillarono il tesoro.
Il Signorelli ritrovò i camminamenti
sotterranei scavati nella pietra fino ad una enorme caverna semiostruita da una
frana. Oltre quel punto avrebbero dovuto esserci il tesoro degli Etruschi ma
nessuno per ora ci è arrivato. Guidato dai perispiriti, Signorelli ha riportato
alla luce tre strade scavate nella roccia: la via del ferro, dell'oro e
dell'uranio. In una grotta della valle del ferro furono trovate alcune pietre a
forma di cuore, fegato, milza e uovo.
La psicoarcheologia cominciò a
interessare già ai primi dell’ottocento e tra coloro che si sono cimentati con
essa ricordiamo le prove di Gustav PAGENTESCHER con la
sensitiva Maria Reyes. Citiamo da una loro sperimentazione:
“..dopo una suggestione ipnotica si porta al soggetto
un frammento di terracotta: “vedo una distesa di alberi...un terreno
pianeggiante, con alberi alla mia destra. Una giornata di sole...molta luce.
Persone vestite in maniera strana si avvicinano a me, hanno vesti scure,
marrone, e portano in mano una specie di ciotola larga...Mi viene da pensare
agli etruschi ma non so perché.. vedo molto vicino ai miei occhi un solco nel
terreno, come fatto da un aratro. Quelle persone parlano tra loro, ma non
capisco quello che dicono. sembra che recitino una preghiera o qualcosa di
simile. Un rituale. Mi sento affondare nel terreno, ricoprire di terra, è una
sensazione opprimente, non posso respirare...”
Qui sembra che l’oggetto parli in
prima persona.
La terracotta è stata
presa in un insediamento etrusco del basso Lazio, in zona pianeggiante,
dove doveva essere un luogo cerimoniale e dove erano stati trovati ex
voto.
G. Pagenstecher è il maggiore
studioso della psicometria, era un medico tedesco razionalista e scettico, che a
64 anni si ritrovò a dover curare per insonnia la paziente Maria Reyes, che era
una grande sensitiva. Come cercò di ipnotizzarla, lei cominciò a descrivere
quello che vedeva nella stanza accanto. Il medico istituì una commissione per
studiarla e cominciarono così sedute psicometriche molto suggestive.
Tra le prove ce ne sono alcune che
restarono famose nella storia della parapsicologia, come la psicometria di un
messaggio trovato in una bottiglia, che portò alla visione di un naufragio e
degli ultimi momenti di vita di alcuni passeggeri del Lusitania
silurato da un sottomarino nel 1915. In un altro caso fu sottoposta alla donna
la fodera in pelle del berretto che il generale messicano Carlos
Dominguez portava la notte in cui morì il presidente Venustiano Carranza. Lei
disse:
“Piove a
dirotto...Avverto il freddo spiacevole dell’alba. Improvvisamente sento grida..
colpi di pistola, fucileria, voci di comando in lingua spagnola. Vedo intorno a
me lampeggiare delle armi da fuoco. davanti a me...vedo cadere un uomo e il suo
viso lotta contro la morte, rischiarato dai bagliori delle armi mi fa gelare il
sangue, sento i suoi rantoli.. ora non rantola più. Sul morto si precipitano
degli uomini. E’ uno spettacolo terrificante” a questo punto la Reyes cominciò ad
avere delle convulsioni allontanando da sé l’oggetto.
Un altro caso celebre nella
psicometria archeologica è quello dei MANOSCRITTI DI GLASTONBURY.
Possiamo considerarla un misto di psicometria ambientale e di medianità, ovvero
comunicazione con defunti.
Glastonbury fu uno
dei più famosi santuari cristiani della Gran Bretagna, nel 1900 era ridotto a un
cumulo di rovine quando l’architetto Bond venne incaricato di effettuare degli
scavi.
Era la più antica chiesa
d’Inghilterra, la sua origine risaliva al 47 d.C., era stata edificata in luoghi
sacri ai Celti e poi ricostruita e allargata più volte, si diceva che fosse la
mitica isola di Avalon dove era sepolto re Artù, e Bond trovò in effetti una
tomba di marmo nero che poteva essere la sua. Nel 1500 l’abbazia
era stata in pieno splendore, era allora uno dei più vasti complessi economici
dell’Inghilterra, comprendeva edifici sacri e laici, una biblioteca, una
università, laboratori, officine, vigneti, campi, castelli, greggi, armenti...
Era stata un importante e ricco centro religioso finché Enrico VIII non si mise
contro la chiesa di Roma, staccando l’Inghilterra dal cattolicesimo, e la fece
distruggere dai protestanti, il re depredò le sue ricchezze, demolì l’abbazia,
fece portare via le sue pietre. Quando salì al trono Elisabetta, della più
importante chiesa d’Inghilterra era rimasto qualche rudere della
cucina e alcune fondamenta semisepolte. Si sapeva che nel 1100 era stata una
serie grandiosa di edifici con una grande chiesa gotica, il
convento per 350 frati, il refettorio, l’albergo per gli ospiti ecc. Da 60 anni
gli archeologi studiavano queste rovine per trovare le fondamenta di due
cappelle perdute. C’erano varie scuole di pensiero, sorse una controversia, si
fecero scavi, non si trovò niente. Nel 1908 fu direttore degli scavi
l’archeologo Bligh Bond che si occupava di paranormale ed era convinto che
esistesse una memoria cosmica trascendente spazio e tempo a cui il singolo io
poteva accedere. Bond usava una tecnica che compare spesso nei grandi geni: se
hai un problema occupatene con la mente sinistra o logica, quanto più puoi,
finché arrivi alla saturazione, questo lungo lavoro rende il soggetto ricettivo
al massimo, a quel punto la mente sinistra stacca e di colpo si accende
l’intuizione della mente destra che risolve il problema. Tanto meglio se il
soggetto è un sensitivo.
Bond, al momento, non pensava
allo spiritismo ma aveva un amico sensitivo, Bartlett. Con lui, che era un
vecchio capitano in pensione e usò la scrittura automatica per comunicare con
gli antichi monaci che avevano costruito l’abbazia. Il capitano teneva una
matita sopra una pila di fogli e Bond appoggiava la sua mano alla sua,
poi i due parlavano del più e del mano senza badare ai movimenti della
matita o leggevano un libro d’evasione, finché non sentivano freddo o
avvertivano un calo d’energia e smettevano. La scrittura automatica compariva
solo se lavoravano insieme in questo modo, mai da soli. I fogli risultarono
pieni di scritture e disegni di estremo interesse. In nove anni di scavi, dal
1907, essi ricevettero 50 bellissimi messaggi, molto dettagliati, soprattutto
sul periodo medievale, e poterono ricostruire la vita dell’abbazia con i nomi,
le storie, gli eventi di chi visse e lavorò là e le piantine degli
antichi edifici con la storia della loro costruzione.
Insieme, in pochi mesi, risolsero
il problema delle cappelle scomparse che era rimasto insoluto per 60
anni.
Prima i due amici studiarono tutto
quello che si poteva studiare sull’abbazia, cioè saturarono la mente sinistra,
poi usarono la scrittura automatica:
“Vi è qualcuno che possa informarci
intorno alle rovine di Glastonbury?”
Risposta: “Tutte le conoscenze
sono eterne, e divengono utilizzabili per legge di affinità mentale”. Lo
scrivente disse di non essere di non essere un monaco e di aver bisogno di
entrare in rapporto con un monaco. Gli fu dato il nome di un
monaco vivente. Apparve allora il disegno rudimentale della chiesa e la firma
Guglielmus Monacus, questi fu il monaco più antico. Nel secondo
disegno comparvero le due cappelle cercate. Per ogni parte venne indicato il
nome e la funzione: cappella di santa Maria, cappella di S Edgar. Lo
scritto era dapprima in latino e descrisse a poco a poco l’intero edificio, le
lapidi, i vestiboli, le volte, le fasi della costruzione e distruzione, gli
altari, i colori delle vetrate...Colui che parlava sembrava pressato da molti
altri monaci di tempi diversi che volevano comunicare per la gloria
dell’abbazia. Si manifestarono poi monaci che cominciarono ad
esprimersi in inglese, usando il cervello dello scrivente e i suoi modi di
esprimersi, perché i due amici trovavano difficile comprendere il latino
medievale di monaci illetterati, ma anche l’inglese usato era rozzo e primitivo.
Le comunicazioni era disturbate da influenze contrastanti, come avviene per uno
che debba telefonare ma gli cade la linea o ha interferenze. Il contenuto del
messaggio è ignoto a chi scrive e tuttavia usa i suoi modi di dire e la sua
ortografia, la memoria è fuori di lui, ma si contatta con lui per legge di
affinità e si manifesta attraverso il suo linguaggio e i suoi
strumenti mentali e fisici. I messaggi dettero una quantità di indicazioni
precise su luoghi, misure, grandezze, architetture, ornamenti, minuziosi piani
planimetrici ...dopo di che cominciarono gli scavi e tutto fu ritrovato. Sulla
cappella di re Edgar era stata scritto “Voi troverete che la sua lunghezza
era di piedi 27 all’interno e di piedi 34 all’esterno. Almeno questi sono i miei
ricordi. Abate Beere”. E così fu. Altri dati riguardarono gli
altri edifici. Sembrava che a parlare fossero reali monaci i quali davano le
informazioni che conoscevano con la vivezza delle loro individualità, conoscenze
e personalità. Ogni monaco aveva la sua grafia. Qualcuno sapeva di più, altri
meno. Il pittore parla di pittura, il capomastro dice che scolpì un fregio per
il campanile con un animale grottesco e poi guardandolo dal basso vide che da
una prospettiva somigliava all’abate, allora accentò la somiglianza.
Negli scavi si ritrovò una tomba
fuori le mura con uno scheletro col teschio che entrava in un foro del muro, tra
gli stinchi aveva un altro teschio. Nella scrittura automatica quel cavaliere
raccontò la sua storia, di come avesse chiesto che in sepoltura la sua testa
fosse protetta perché era la sua cosa migliore e di come la fossa, essendo fatta
profonda, finì col toccare la fossa dell’uomo che egli aveva ucciso in
combattimento. Ogni volta i nomi e gli eventi erano raccontati con estrema
vivezza come una cronaca colorita che faceva risorgere vecchie pagine di storia
medievale. I nomi vennero ricercati negli archivi delle biblioteche e si
trovarono riscontri storici di grande interesse.
I monaci dissero anche che alcuni di
loro stavano contattando sensitivi diversi d’Inghilterra. Per quanto i due amici
tenessero segreti i loro metodi di lavoro, ricevettero due lettere da una
signora sconosciuta che dava le stesse piantine planimetriche e precisava altri
particolari per gli scavi. Anche questi messaggi erano scritti nello stesso
inglese rozzo e medievale, il linguaggio che i monaci potevano avere da
vivi.
Molti messaggi erano firmati da
Guglielmus Monachus, che tratteggiò anche il suo autoritratto. I
messaggi erano in latino o in una lingua mista di latino e inglese, molto
grossolana, come quella parlata dai monaci nel 1500. Alcuni messaggi indicarono
parti dell’abbazia di cui nessuno sapeva nulla, come la cappella dedicata a
Sant’Edgardo costruita nel 1500 dall’abate Beere, e che poi fu ritrovata. Le
comunicazioni permisero di ritrovare i vari locali dell’abbazia, e dissero che
un tempo c’erano 5 cappelle, due grandi campanili, di cui pure nessuno sapeva
niente, una torre campanaria con orologio e vari passaggi
segreti. I monaci raccontavano con grande vivezza ed emotività le
loro storie e parlavano dei personaggi importanti del loro tempo. Ognuno
scriveva con una grafia diversa. Sembrava esserci una guida che presentava via
via altri monaci diffusi in un periodo che andava dal 47 d.C. al 1200.
Gli scavi iniziarono il 1908 e a
poco a poco si trovò tutto ciò che era stato indicato nei messaggi. Si trovò la
cappella rettangolare delle dimensioni prescritte, e persino
frammenti di vetro azzurro delle ampie finestre, si trovarono
i passaggi segreti, le porte, i corridoi... tutto dove era stato indicato
e con le misure dette. Bond era convinto che le misure della costruzione fossero
un codice per un’interpretazione segreta delle Sacre Scritture come la Piramide
di Giza o Stonhenge (gematria). L’abbazia era un messaggio in pietra, secondo le
regole alchemiche con cui più tardi vennero fatte le cattedrali
gotiche.
Schwarz paragona il sensitivo a
un tecnico che in un cacciatorpediniere è addetto all’avvistamento di
sommergibili, tutti e due cercano un bersaglio che si muove in un altro elemento
e a una velocità diversa, devono usare uno strumento per captare, possono essere
disturbati da interferenze e sono condizionati da ciò che sono.
Bond cercava un sistema che
liberasse la parte di lui capace di sintonizzarsi su altre intelligenze, ma
insieme voleva che la sua coscienza non si attutisse o fosse messa fuori campo.
Trovò questo sistema che funzionava solo in combinazione col capitano,
nessuno dei due riusciva a fare nulla da solo. Le sue entità
chiarirono che c’erano tre problemi, uno era il canale di trasmissione, uno i
riceventi, uno i trasmittenti. Il ricevente umano non era mai neutro, era un
fattore importante e delicato, contavano i suoi problemi, la sua salute, lo
stato della sua mente, le sue paure e speranze. Bond in particolare fu
funestato da un dolorosissimo processo di divorzio con la moglie
che voleva portargli via la bambina, e la sua amarezza si riversò
anche sulle sedute, al punto che dovette sospenderle quando era troppo agitato.
Quando o Bond o Bartlett non stavano bene, le sedute erano difficili. Quando
erano pieni di speranze, i risultati erano migliori. Quindi c’erano delle
condizioni primarie: che il sensitivo stesse bene, fosse riposato e in buona
salute, che facesse domande reali a cui teneva molto per il suo lavoro e non
domande di fantasia per pura curiosità. Lo scopo e gli ideali che sostenevano la
comunicazione erano così importanti da attrarla. Nella comunicazione però era
altrettanto chiaro che ‘i Veglianti’ intendevano trasmettergli certi dati e lo
facevano indipendentemente dalle sue domande perché anch’essi avevano interesse
a comunicare. Era chiaro anche che gli leggevano nel pensiero visto che spesso
rispondevano a richieste che non erano state espresse ma che destavano forti
interessi in Bond. Per cui egli imparò a lasciare che parlassero e a rivolgere
domande dopo. Schwarz dice “Viene in
mente uno che faccia telefonate a una terra sconosciuta, componendo a caso un
numero, risponde gente che si è appena svegliata da un sonno profondo o che
presta solo parziale attenzione a ciò che si dice, intenta com’è a fare un’altra
cosa.”
I vari monaci erano introdotti da
uno spirito guida, Johannes Bryant, che aveva le funzioni di mediatore
“una membrana osmotica attraverso cui
passano le informazioni”. Johannes era uno spirito poetico.
I messaggi sono sempre molto belli. Uno su se stesso
diceva:
“Johannes, stordito e meravigliato dalla sua
bellezza, diede a Glastonbury il proprio cuore come si dà il cuore a un’amante
prediletta; e così, essendo legato alle cose terrene da quell’amore, il suo
spirito si aggrappa in sogno alla visione svanita, che gli occhi della sua mente
vedono ancora adesso. Proprio come tanto tempo fa vagava per la palude e vedeva
splendere il tramonto sui lontani campanili dell’abbazia, adesso nei sogni la
parte di lui che ama la terra si sforza di raffigurare le glorie svanite e,
guidato dall’amore, sa che anche tu ami quello che lui ha amato e così fa del
suo meglio per farti intravedere i suoi sogni.
Quegli altri monaci, i grandi e i semplici, sono
passati e andati in altri campi, e non ricordano se non quando l’amore di
Johannes costringe la loro mente a farlo... allora parlano confusamente
attraverso la sua anima e Johannes... è il vincolo che ti lega a
loro...”
......Perché mi aggrappo a ciò che non esiste? Sono
io e non sono io, una parte di me che non indugia nel passato ed è legata a quel
che la mia anima carnale amava e chiamava ‘casa’... Eppure io, Johannes, sono
composto di molte parti e la parte migliore fa altre cose.... Solo la parte che
ricorda si aggrappa come memoria a quanto vede ancora.”
In qualche modo si ha
l’impressione che i monaci adempiano a un loro compito personale attraverso i
messaggi, come se questi fossero per loro una forma di
purificazione da legami terreni che devono cessare quando il lavoro è compiuto.
Attraverso i messaggi si sciolgono i loro legami con la terra. Si sente che il
tempo nell’al di là è diverso dal nostro. Quando un monaco compare dopo lunghi
intervalli di tempo è come se riprendesse il filo del suo racconto e parte da
dove ha lasciato.
Bond pensava che ci fosse una
sorta di banca universale della specie umana, in cui l’informazione è
immagazzinata, come oggi nella memoria di un computer, ma con coloriture
personali, informazioni connesse alle emozioni del vivente.
Questa storia sull’archeologia
paranormale è molto bella ma non ha una bella fine. Fu un grande successo finché
Bond tacque sui suoi sistemi medianici, ma, quando si decise a parlare della
scrittura automatica, scoppiò uno scandalo, ci furono reazioni indignate
soprattutto da parte dei cattolici ed egli venne sollevato dall’incarico, perché
la Chiesa non avrebbe certamente accettato degli scavi basati sullo spiritismo.
Bond venne estromesso dai lavori e gli fu persino vietato di avvicinarsi
all’abbazia. Da allora cadde in disgrazia e nessuno volle più affidargli lavoro,
la sua vita fu stroncata ed egli morì in grande abbandono e povertà, scansato da
tutti. Davvero è curioso come la Chiesa cattolica che dovrebbe essere aperta al
paranormale in quanto esso fa parte della spiritualità, sia invece sempre stata
la peggiore nemica dei sensitive e dei medium che ha sempre trattato col più
grande materialismo quando non li ha ascritti al regno del demonio.
Molti sensitivi affermano che sopra
la coscienza c’è un livello di supercoscienza o coscienza paranormale, che è
molto diversa dall’inconscio. Mentre l’inconscio è solo la parte della mente
fuori dalla volontà, il superconscio è un’organizzazione superiore che partecipa
dello spirito eliminando le barriere di spazio e tempo. Nella psicometria su
oggetti o ambienti è il superconscio a funzionare secondo proprie coordinate di
senso, diverse da quelle che conosciamo ancorate allo spazio e al
tempo.
Un altro celebre sensitivo, il
polacco Stephan OSSOWIECKI, diceva che l’uomo deve cercare di migliorare
se stesso e non di avere dei poteri parapsicologici, rispetto alla vera
illuminazione, questi sono una specie di sottoprodotti che possono diventare
oggetto di lucro e perdere l’uomo, non migliorarlo. E’ la stessa concezione che
hanno i saggi induisti.
Anche lui pensava che esistesse in
qualche livello di realtà una specie di archivio storico dell’umanità, a cui si
potesse attingere.
Stefan Ossowiecki era nato a Mosca
nel 1877 da una famiglia benestante di ex aristocratici polacchi. Ossowiecki
manifestò talenti psichici in gioventù, con grande sconcerto della famiglia.
Quando il giovane Stefan disse a sua madre poteva vedere bande di colore attorno
alle persone, lo portarono da un oculista, che gli prescrisse delle gocce che
"irritarono i miei occhi, ma non diminuirono la mia capacità". Divenne poi
ingegnere come il padre e nel periodo universitario scoprì di poter
esercitare la psicocinesi, cioè il movimento degli oggetti
prodotto dal pensiero. Ereditò poi l’azienda chimica della famiglia vivendo come
un uomo ricco. Ma la rivoluzione russa spazzò via tutto e Ossowiecki venne
perseguitato e incarcerato. A 42 anni fuggì dalla Russia senza un soldo e
proseguì il suo lavoro come ingegnere chimico a Varsavia. Nel 1920 fece molti
esperimenti di psicometria, vedendo oggetti in contenitori sigillati. Nel
1927-28, dopo che le forze armate tedesche cominciarono ad usare il dispositivo
di cifratura Enigma nel 1926, l'Ufficio Cipher lo Stato Maggiore generale
polacco, a Varsavia, tentò di risolvere il problema con l'aiuto dei matematici
più importanti e ricorrendo alla parapsicologia, ma nemmeno Stefan Ossowiecki
riuscì ad aiutare. Sbagliò che diverse predizioni sulla guerra, ma seppe predire
la propria morte. Disse agli amici che il suo corpo non sarebbe stata ritrovato.
Fu ucciso probabilmente dalla Gestapo durante la rivolta di Varsavia, nel 1944.
Il suo corpo non fu mai trovato, il suo cenotafio è al cimitero
Powazki.
Citiamo anche J. Norman
EMERSON, importante nell’archeologia paranormale canadese, che, mediante
le visioni di George McMullen, raccolse una notevole mole di dati relative ad
alcuni siti di popolazioni native americane.
E ricordiamo Clarence Wolsey
WEIANT, personaggio multiforme, un medico chiropratico e antropologo con
interessi nella parapsicologia, che fece un’importante scoperta archeologica in
uno scavo relativo ad una civiltà precolombiana grazie alla chiaroveggenza di un
contadino messicano.
Clarence Wolsey Weiant era un
antropologo insolito, tanto per cominciare era alla sua terza carriera
professionale: era un dottore in chiropratica, e continuerà per tutta la sua
vita professionale questa pratica, fu uno dei primi sostenitori della medicina
alternativa, ma aveva studiato anche la parapsicologia, lavorando con Hereward
Carrington sulle induzioni del pensiero sulla fotografia. Nell’estate del 41 si
trovava presso Zapotes Trés in Messico, su uno scavo, dove venne ritrovato uno
degli oggetti più singolari della civiltà Meso-americana: il
Colosal Cabezo, una testa gigante di pietra enigmatica alta due metri, del
peso di 10 tonnellate, ricavata da un unico pezzo di basalto.
Le teste colossali sono le
caratteristiche della civiltà olmeca di antichi archeologici della civiltà
Mesoaméricana. Le indagini iniziali degli Olmechi furono condotte da Matthew
Stirling nel 1938, col ritrovamento di una testa colossale nel XIX secolo. Fino
a oggi ne abbiamo ritrovate 17. La maggior parte delle teste colossali sono
state intagliate nelle rocce sferiche, tranne due. Si possono datare nel
1500-1000 a,C. La più piccola pesa circa 6 tonnellate, la più grande 50. Sono
state trasportate per lunghe distanze, anche se il metodo di trasporto non è
chiaro.
Scoprì poi la STELA C, una
figurina ridente che si pone come punto di incontro per culture aztechi, maya,
olmeca.
La maggior parte di questi reperti
non sarebbe stata scoperta se Weiant non avesse utilizzato uno
sciamano locale.
“Un giorno Weiant si trovò alla fine
del suo lavoro, depresso e vicino al termine delle sue ricerche. Un dignitoso
operaio indiano, di 80 anni, Emilio Tegoma, che Weiant conosceva solo come
l'uomo più vecchio del sito, vedendo come era deluso gli si avvicinò e disse che
poteva indicargli dove scavare. Invece di dubitare di lui, Weiant, già esperto
di ricerche parapsicologiche, lo seguì e il vecchio lo condusse nella giungla e
gli indicò dove scavare. I risultati furono spettacolari.
Quando presentò la sua scoperta al
mondo accademico, c’era ad ascoltarlo la famosa Margaret Mead, che non rise di
lui ma lo appoggiò.
Weiant era molto eccitato per questa
nuova possibilità che si apriva all’archeologia, quella di contattare i
sensitivi locali per fari aiutare a trovare resti di civiltà
scomparse, ma dopo di lui nessuno lo imitò. Solo il giovane Carlos
CASTANEDA, che nel 1963 era uno studente laureato in Antropologia, cercò
in Messico i contatti con uno sciamano Yaqui, Don Juan Matus, e, dopo averlo a
lungo frequentato, scoprì che non si può diventare allievi di uno sciamano senza
diventare a propria volta sciamani. Ma, quando Castaneda presentò all’Accademia
il diario delle sue esperienze, non venne creduto. Alla scuola dello stregone,
Castaneda completò tre manoscritti che costituivano la sua tesi di laurea, ma a
tutt’oggi essi non godono di considerazione scientifica. Sono però diventati dei
best seller e scatenando ammirazione in una vasta platea di lettori in tutto il
mondo.
Castaneda mostrava come si potesse
fare scoperte sullo spirito di antiche civiltà contattando i maestri delle
culture indigene attuali, ma la sua ricerca non ha convinto l’archeologia
ufficiale.
I racconti delle sue interazioni con
lo sciamano Yaqui dimostravano che non si poteva capire la visione sciamanica
del mondo, senza diventare uno sciamano. Per capire lo spirito di un sistema
filosofico e religioso occorre entrare profondamente in esso, ma i sistemi di
sapere iniziatico antichi non si basano su vuote formule o su conoscenze
dogmatiche, sono essenzialmente esperienziali e una volta che il ricercatore è
entrato nel terreno vivo dell’esperienza magica, è trasformato per sempre, non
ha più le stigmate dello scienziato, ma è diventato uno sciamano, dunque una
creatura che è incomunicabile alla scienza per sempre.
Castaneda ci ha insegnato che le
civiltà non tecnologiche del passato non per questo erano primitive e che
avevano fatto scoperte enormi in campi spirituali e mentali. Nella sua visione
del mondo, le civiltà non si succedono in misura progressiva, ma si alternano
specializzandosi in discipline diverse, per cui le une perdono ciò che le altre
avevano imparato. Castaneda ha mostrato che ci sono aspetti culturali molto
sottili che l’archeologia disdegna, come lo sviluppo della coscienza umana in
quanto entità esistente fuori dal tempo e dello spazio, in grado di
manifestazioni inconsce, e capace di cogliere le interconnessioni
tra tutte le forme di vita. Con Castaneda l’archeologia si è occupata
‘dall’interno’ del pensiero magico, ma l’archeologo si è perso per sempre
trasformandosi in sciamano.
C’è una vista materiale con cui lo
studioso può analizzare i resti di civiltà scomparse e c’è una vista speciale,
che è quella del parapsicologo che permette un collegamento più
interiore.
Per indicare l’abissale distanza tra
le due visioni citiamo un episodio che è stato catalogato come
allucinazione collettiva e in cui la scienza non ha saputi dare una parola
chiarificatrice.
Joe Long era un professore associato di
antropologia medica al College Plymouth State of the University of New
Hampshire, quando ebbe un’esperienza travolgente. Era a Mandeville, Giamaica,
nel 1970, mentre stava facendo il suo lavoro di dottorato sul cmapo. Stava
studiando e confrontando i medici ortodossi e guaritori popolari quando, a poca
distanza dal luogo dove lui era, "la bara" apparve.
"Era giorno di mercato e negozi e
venditori ambulanti conducevano un commercio vivace quando, in mezzo a tutta
quella gente, apparve una bara a tre ruote aperta. C'erano tre avvoltoi
appollaiati sopra e un braccio morto appeso mollemente sul fianco; come se non
bastasse, una voce cavernosa dall'interno della bara chiedeva ripetutamente la
posizione di un certo Jim Brown. Centinaia di persone la videro e sentirono la
voce”.
Long non era tra loro, si trovava in
una zona vicina. Arrivò sulla scena poco dopo l'evento e non poté credere alla
narrazione, eppure il fatto era stato percepito da centinaia di persone in
quella piazza. Long non riusciva a spiegare la cosa e capì che quando uno
studioso incontrava fenomeni psi e non riusciva a spiegarli in modo razionale
era portato a negarli, malgrado le testimonianze. In seguito cercò di smussare i
suoi pregiudizi scientifici.
James Scott
ELLIOT era un
generale scozzese, poco spirituale e molto marziale, che era entrato in pensione
e aveva l’hobby piuttosto singolare di scavare reperti archeologici, e, poiché
era efficiente e non voleva perdere tempo, pensò di cercarli coi sistemi dei
rabdomanti. Non avendo alcuna sensitività, cercò un rabdomante e per sei mesi si
fece insegnare. Dopodiché cominciò a cercare con la bacchetta da rabdomante e a
scavare e trovò buoni reperti del 1500. La rabdomanzia gli piacque tanto che
entrò nella società britannica di rabdomanzia e ne divenne presidente per nove
anni.
La rabdomanzia era utilizzata fin
da tempi antichissimi soprattutto per trovare l’acqua. Si pensava che fosse una
reazione neuronale a deboli correnti elettromagnetiche, create dal flusso
dell’acqua.
Ma il generale Elliott scoprì che
la rabdomanzia poteva essere praticata a tavolino sopra una carta geografica e
che i corsi d’acqua, come i reperti archeologici o depositi di metalli o
qualunque cosa la mente volesse trovare, potevano essere scoperti con un
pendolino su una mappa sufficientemente ingrandita. Come si spiegava
questo?
Il pendolino è stato usato sopra
le mappe anche per ritrovare persone scomparse. Cosa c’entra con un disegno
sulla carta la corrente elettromagnetica?
E’ come se in noi ci fosse la
capacità di ottenere informazioni e di manifestarle in vario modo, fosse pure
col movimento di un pendolo su una mappa o col piattino che si muove a velocità
rapidissima indicando lettere dell’alfabeto, come nel caso di Prodi, come se le
risposte fossero dentro di noi e opportunamente attivate potessero manifestarsi
nel modo da noi scelto. Così, se una persona si esercita può avere dal pendolino
o dal piattino risposte a molti tipi di domande, anche diagnostiche o
terapeutiche.
Nel caso del generale Elliott,
non solo egli chiedeva dove fossero i reperti che cercava, ma riceveva
informazioni sui vari strati del terreno, sugli insediamenti ecc., prima li
trovava col pendolino, poi li verificava attraverso le ricerche sul
terreno.
Il
generale fece molti scavi che ebbero grande successo, li finanziò totalmente da
solo e, malgrado i successi, non ebbe mai il piacere di essere assistito da un
archeologo ufficiale. Eppure sappiamo che la rabdomanzia viene usata da grandi
compagnie del petrolio o che cercano acqua o metalli ecc., si veda la storia di
Uri Geller, per esempio che è diventato ricchissimo per questo. La Russia è
sempre stata attenta alla rabdomanzia e ha tenuto vari convegni di psicotronica.
In Francia la rabdomanzia gode di maggior credito rispetto agli accademici
italiani e viene chiamata radioestesia.
In
conclusione, noi non sappiamo se l’archeologia possa coniugarsi o no con la
parapsicologia. La scienza ufficiale lo nega. I ritrovamenti attestano il
contrario. Ognuno si faccia la sua opinione come crede. Comunque vale la pena di
fare qualche test di psicometria anche come divertimento tra amici. Non sia mai
che qualcuno di noi possieda delle capacità nascite di rinvenire tesori senza
saperlo.
..
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