Barry Commoner è stato un uomo coraggioso e libero, oltre che un grande maestro. Nell’America che guardava con sospetto a ogni tipo di intervento pubblico, ha sottolineato con forza l’importanza del volano pubblico nella rivoluzione tecnologica green. “Sarebbe bastato che il governo federale decidesse di spingere sulle rinnovabili cambiando le sue flotte di veicoli per far scattare il meccanismo virtuoso: è stata una follia economica oltre che ecologica non averlo fatto”, ripeteva a chi lo intervistava.
Nell’America tempio dell’individualismo ha sposato una variante progressista del liberismo ancorandola a una richiesta di giustizia sociale anche nei rapporti Nord – Sud (di qui la vis polemica che lo ha finito per mettere in contrasto con l’ala ecologista che, numeri alla mano, sottolineava il rischio rappresentato dalla bomba demografica).
Nell’America che costruiva una collina di rifiuti davanti a New York ha denunciato – portando i responsabili alla sbarra – le conseguenze prodotte dall’ignorare le conseguenze di un trattamento primitivo degli scarti della vita cittadina e industriale (è arrivato perfino a presentare una candidatura simbolica alla Casa Bianca per rompere il muro del silenzio sulle questioni ambientali).
Nell’America che ancora sposava il nucleare senza le incertezze prodotte dai primi gravi incidenti ha fatto della battaglia contro il rischio atomico una delle costanti della sua attività.
Il suo libro più famoso ha un titolo che sintetizza in modo perfetto la situazione del 1971, l’anno della pubblicazione: Il cerchio da chiudere. Quarantadue anni dopo, l’integrazione dell’agire umano nel cerchio della vita è un processo ancora incompiuto. Ma qualche passo avanti è stato fatto. Anche grazie a quel libro.
http://cianciullo.blogautore.repubblica.it/2012/10/01/un-maestro-di-liberta/?ref=NRCT-43659014-2
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