Il danno morale non è assorbito nel danno esistenziale: si tratta di due voci autonome, non sovrapponibili, e come tali, andranno considerate distintamente.
E’ quanto chiarito dalla Cassazione, Terza Sezione Civile, nella sentenza 31 gennaio 2019, n. 2788.
Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte ha ammesso la liquidazione sia del danno morale
che di quello esistenziale, con la possibilità di personalizzare in
aumento il ristoro ottenuto, in presenza di conseguenze anomale o
eccezionali.
In particolare, nella vicenda in esame, una donna aveva convenuto in
giudizio l’Azienda ospedaliera, al fine di ottenere il risarcimento dei
danni patrimoniali e non, patiti a causa di un intervento chirurgico
alla cervicale con conseguente invalidità, cui l’attrice si era
sottoposta. Il Giudice di prime cure aveva accolto la domanda, mentre,
in parziale riforma della sentenza di primo grado, la Corte territoriale
aveva ridotto l’importo a titolo di ristoro, comprendendo il danno
morale nel calcolo della liquidazione del danno biologico. Avverso tale
sentenza l’attrice ha proposto ricorso per cassazione.
Tra i motivi del ricorso, la ricorrente ha censurato la circostanza
che il giudice di merito non ha tenuto conto delle conseguenze
funzionali e relazionali della lesione, escludendo dal risarcimento sia
il danno estetico che quello morale, ritenendo assorbito quest’ultimo,
nella liquidazione personalizzata del danno biologico.
La Suprema Corte, nell’esaminare il caso, ha fatto riferimento a
varie pronunce della Corte Costituzionale, della Cassazione stessa e
della Corte di Giustizia, in cui era stata indicata la differenza tra danno morale e danno dinamico relazionale del danneggiato.
Quindi, ha condiviso quanto fissato dal codice delle assicurazioni, riformato nel 2017, nell’art. 138, comma 2:
"al fine di considerare la componente del danno morale da lesione
dell'integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico è
incrementata in via percentuale e progressiva per punto"; inoltre, al
comma 3 del medesimo articolo, si legge: "quando la menomazione
accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti
dinamico-relazionali personali documentati ed obiettivamente accertati,
l'ammontare del risarcimento, calcolato secondo quanto previsto dalla
tabella unica nazionale, può essere aumentato dal giudice, con equo e
motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino
al 30%".
Sulla scorta di tali premesse, la Cassazione ha rilevato che, nella valutazione del danno alla persona da lesione della salute (art. 32 Cost.),
la liquidazione unitaria di tale danno dovrà attribuire al soggetto un
risarcimento comprensivo del pregiudizio complessivamente patito sia
l'aspetto della sofferenza interiore, quanto sotto quello
dell'alterazione o modificazione peggiorativa della vita di relazione.
Pertanto, il giudicante dovrà tener conto delle conseguenze subite dal
danneggiato sia nella sfera morale di quest’ultimo, che quelle incidenti
sul piano dinamico-relazionale della vita dello stesso. Ciò non
determina una duplicazione risarcitoria, atteso che, la sofferenza
interiore patita dal danneggiato a causa della lesione del suo diritto
alla salute, deve essere valutata in modo distinto ed autonomo.
A ciò si aggiunga che la misura standard del risarcimento potrà essere aumentata in presenza di “conseguenze
dannose del tutto anomale, eccezionali e affatto peculiari che abbiano
inciso sulla componente dinamico-relazionale del soggetto leso”.
La Cassazione ha precisato che la personalizzazione del danno secondo
i meccanismi tabellari è volta a risarcire conseguenze “normali”
relative a pregiudizi che qualunque soggetto danneggiato da lesioni
simili, patirebbe; spetterà al giudice esaminare e spiegare nella
motivazione della sentenza, alla luce delle risultanze probatorie,
l’esistenza di precise circostanze fattuali che giustifichino il
verificarsi di conseguenze eccezionali rispetto a quelle ordinarie, già
previste e fissate dalla liquidazione forfettizzata delle tabelle.
Alla luce delle suesposte considerazioni, la Suprema Corte ha
ritenuto fondato il ricorso, condividendo la prima censura sollevata,
laddove viene denunciata l’omessa personalizzazione del danno, non
avendo la Corte Territoriale tenuto conto dell’eccezionalità delle
conseguenze relazionali del danno biologico subito dalla ricorrente.
Tale danno infatti, come anche accertato dalla consulenza allagata nel
ricorso, ha determinato la preclusione di “tutte quelle attività
lavorative e non, che comportano continue sollecitazioni meccaniche
della colonna cervicale”.
Orbene, tali conseguenze collegate ad una eccezionalità del profilo
dinamico relazionale, non sono state valutate dai giudici di merito.
Inoltre, questi ultimi hanno erroneamente compiuto una sovrapposizione
tra personalizzazione della liquidazione del pregiudizio non
patrimoniale e danno morale, che invece dovrà essere valutato in modo
autonomo.
Infine, ha precisato la Cassazione, la personalizzazione della
liquidazione non riguarda le oscillazioni tabellari che definiscono il range
individuato per monetizzare le conseguenze del punto di invalidità
accertato, concernendo le conseguenze eccezionali del danno, che,
rispetto a quelle incluse nel punto di invalidità, determinano un
incremento rispetto a quel determinato range. Pertanto, la Suprema Corte
ha accolto il ricorso con rinvio alla competente Corte di merito che
dovrà effettuare una nuova valutazione e liquidazione del danno alla persona, decidendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
(Altalex, 8 febbraio 2019. Nota di Maria Elena Bagnato)
https://www.altalex.com/documents/news/2019/02/04/danno-morale-e-danno-esistenziale-non-sono-sovrapponibili
Cassese71
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