EROI DIMENTICATI DA SARAJEVO: MILE PLAKALOVIC TRASPORTÒ - GRATIS - CENTINAIA DI PERSONE NEL SUO TAXI, MUSULMANI, CROATI, BOSNIACI E SERBI. TRA IL FUOCO DI CECCHINI E LE ESPLOSIONI DELLE GRANATE.
“Dove vuoi andare?”
Chiedeva solo quello, Mile. Nient’altro. Niente di straordinario per un tassista, magari di per sé poco loquace. Ma il discorso cambia se lo scenario nel quale lavori è la Sarajevo assediata, una delle città più martoriate dalla fine della Seconda guerra mondiale. Mile Plakalovic era serbo. Ma, caso più unico che raro in quel conflitto brutale, non dava troppo peso alla sua origine. Aiutava tutti: serbi, bosniaci, croati, musulmani.
La possibilità di spostarsi rapidamente poteva fare la differenza tra la vita e la morte a Sarajevo, in quei giorni. Si rischiava di morire colpiti dall’artiglieria serba che martellava la città ogni singolo giorno, o ammazzati dai cecchini sul viale Ulica Smaja od Bosne, tristemente noto col nome di “Viale dei cecchini”.
A Mile non importava: aveva visto fin troppa violenza e voleva fare il possibile per limitare, per quanto possibile, quell’orrore. La sua unica arma era il suo taxi. “Dove vuoi andare?” una domanda, una risposta. E via, schivando granate e proiettili di mitragliatrice. “Dove vuoi andare?” chiese, un giorno, a Serafina Lukic, la quale rispose con il suo indirizzo. Doveva riportare a casa un tesoro prezioso: della legna, necessaria per riscaldare il suo appartamento dove sua figlia stava rischiando la vita a causa di una polmonite. Alla sua domanda molti rispondevano con i nomi degli ospedali di Sarajevo. Furono moltissimi i feriti che Mile portò via dal tiro dei cecchini, rischiando la sua stessa vita, tantissimi i bambini colpiti dalle pallottole o mutilati dalle bombe. Quante vite salvò Mile Plakalovic? Non si sa. Decine, forse centinaia.
Continuò a fare quello che considerava il suo dovere fino al 29 febbraio 1996, quando l’assedio, dopo più di mille giorni, ebbe fine. Tornò a condurre una vita più che normale, tant’è che è praticamente impossibile reperire informazioni sulla sua vita nel post-guerra. A Mile probabilmente non interessavano la gloria o i riconoscimenti. Ciò che per lui contava era aiutare ad alleviare la sofferenza di una guerra folle, condotta su una base etnica in una città, Sarajevo, da sempre luogo di incontro - e non di scontro - tra diverse comunità.
Cannibali e Re
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