Il novantatreenne Justo Gallego Martinez ha dedicato più di metà della sua vita alla solitaria costruzione di quella che potremmo definire una “cattedrale del riciclo”. Materiali di fortuna, antichi manuali latini e un’enorme fede tengono in piedi la Cattedrale di Nuestra señora del Pilar, a Mejorada del Campo, in Spagna.
Poche miglia da Madrid, Mejorada del Campo, calle de Antonio Gaudì.
Comincia qui la storia di “el loco de la catedral”: Justo Gallego Martinez, classe 1925.
“Nessuno credeva che sarei stato così dedito alla mia impresa e ho dimostrato loro che sbagliavano”.
È, infatti, dagli anni ‘60 che don Justo – dopo aver venduto quasi
tutte le sue proprietà – dedica ogni singolo giorno della sua vita alla
costruzione della Cattedrale di Nuestra señora del Pilar, Madre de Dios.
Nessuna nozione di architettura o di edilizia, nessun finanziamento e nessuna autorizzazione, soltanto un uomo e la sua immensa fede.
Justo Gallego Martinez nasce da una famiglia contadina e dopo diversi anni da agricoltore, influenzato probabilmente da una madre assai fedele, sceglie di unirsi ai monaci trappisti. A Mejorada del Campo è conosciuto come Don Justo, ma lui non è più un monaco. Ammalatosi di tubercolosi, infatti, è costretto ad abbandonare l’ordine. Lascia definitivamente la vita religiosa, promettendo comunque – in caso di guarigione – di dedicare la sua vita alla preghiera e di costruire un luogo dedicato al culto della Vergine Maria.
Dopo più di cinquant’anni, oggi, quella promessa ha le forme di una cattedrale.
In seguito alla malattia e ad una profonda crisi esistenziale, Justo pone, in totale solitudine,
nel 1961 – su un terreno di 8000 metri quadrati, ereditato dalla sua
famiglia – la prima pietra di quella che oggi tutti conoscono come la Cattedrale di Justo.
Una navata, un battistero, un chiostro, una cripta e una cupola – che raggiunge i quaranta metri di altezza – sono solo alcuni dei numerosi elementi che Don Justo, il santo muratore, ha messo in piedi con le sue sole mani. Un enorme cantiere e un solo operaio. Oggetti della vita quotidiana, materiali scartati dalle imprese edilizie e mattoni riciclati di una vicina fabbrica, costituiscono lo scheletro una costruzione che ha dell’incredibile. Basti pensare alle altissime colonne innalzate con vecchi fusti di carburante.
Della Cattedrale, ancora oggi in costruzione, non esiste alcun progetto. Justo Gallego afferma di avere ben chiaro nella sua mente, il disegno della sua opera. “Non ho mai studiato architettura, sono un semplice lavoratore”, ammette candidamente Justo che fonda tutta la sua conoscenza su antichi testi, molti in latino, dedicati alle cattedrali gotiche e all’architettura castigliana medioevale. Esegue personalmente ogni singolo spazio della Cattedrale, aiutato – di tanto in tanto – dai nipoti, da qualche tecnico (per le opere più complesse) e da volontari che provengono da tutto il mondo e danno una mano direttamente – supervisionati da don Justo – o, “solamente”, finanziano la folle opera, mossi da una profonda ammirazione per tanta dedizione.
Attualmente, il futuro della Cattedrale di Mejorada è assai incerto. L’edificio è in buono stato e attira, ogni anno, numerosi turisti e curiosi, ma i materiali e le tecniche di costruzione adoperate non consentono, di certo, la messa in regola. Anche don Justo – ormai novantatreenne e certo di non poter vedere terminata la sua opera – è cosciente di tale situazione. Spera, comunque, che la cattedrale possa restare in piedi dopo la sua morte e diventare un luogo di culto, ma nell’incertezza, ne affida il destino “alle mani di Dio!”.
Di sicuro, qualunque sia il destino dell’opera – il “loco de la catedral” resterà un esempio di determinazione senza scuse, una determinazione che ha del folle, ma che sa di incanto.
Il folle incanto che permea ogni singola superficie dell’insolita Catedral di Nuestra señora del Pilar.
La più realista tra i sognatori, la più disfattista degli ottimisti. Una perfezionista, dicono in molti. Futuro architetto, innamorata dell’arte in ogni sua forma. Mi piace osservare, scovare il dettaglio sfuggito al primo sguardo. Camminare a testa alta, perché ho imparato che la prospettiva sa cambiare di continuo e – con gli occhi bassi – si perde tanta bellezza.
L’università mi ha trasformata in continua a leggere
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