domenica 28 febbraio 2021

Passings: Buzz Clifford (1941 - 2018)

 by VVN Music

 

 

Reese "Buzz" Clifford, the singer and songwriter who hit the top ten in 1960 with "Baby Sittin' Boogie", died on Friday (January 26) from complications of the flu at the age of 76.

Clifford was born in Berwyn, IL and took up guitar as a child, winning local talent shows. At 15, he signed with Bow Records and released two singles, "14 Karat Fool" and "Pididdle (The Car With One Light)", neither of which charted.

In 1960, he moved to Columbia Records where his first single, "Blue Lagoon", also failed to chart but the followup, "Baby Sittin' Boogie" went to number 6 on the Hot 100, 28 on the Country Singles and 27 on the R&B Singles.

Columbia tried to remake Clifford into a heartthrob, putting him on TV shows and setting him up for U.S. and British tours, but he never was able to reach any of the charts again.

After spending some time in the National Guard, Clifford moved to Los Angeles where he found success as a songwriter with a number of artists recording his music. The biggest of his songs, "Echo Park", was a number 40 hit for Keith Barbour in 1969.

Also in 1969, Clifford joined the band Carp, which also included a young Gary Busey and songwriter Daniel Moore ("My Maria", "Shambala"), which released one album for Epic in 1969. He was also part of Hamilton Streetcar.

An album recorded with former Beach Boy David Marks was never released but, in the 1990's, Clifford, Marks and Moore released the album Work Tapes and Clifford and Marks, along with Clifford's two sons, continued to tour until the end of the decade. He also reformed the band with his sons in 2011, releasing the album Bright Lights Shine.

https://www.vintagevinylnews.com/2018/01/passings-buzz-clifford-1941-2018.html

Bush71

IBRA HA FATTO INCAZZARE ANCHE LEBRON JAMES

 

IBRA HA FATTO INCAZZARE ANCHE LEBRON JAMES – L’ATTACCANTE DEL MILAN IN UN’INTERVISTA HA PARLATO DEL CESTISTA: “È FENOMENALE, MA NON MI PIACE QUANDO LE PERSONE CHE HANNO UNA SORTA DI STATUS FANNO POLITICA” – RISPOSTA DELLA STAR DELL’NBA: “DIVERTENTE CHE QUESTE PAROLE VENGANO DA LUI, PERCHÉ NEL 2018 IN SVEZIA HA FATTO LE STESSE COSE. NON ERA STATO LUI, QUANDO ERA TORNATO IN SVEZIA, A DIRE CHE SENTIVA UN CERTO TIPO DI RAZZISMO IN CAMPO SOLO PERCHÉ IL SUO COGNOME ERA DIVERSO DA QUELLO DEGLI ALTRI? ERA LUI, GIUSTO?”

 

 

Da www.corriere.it

 

lebron james su instagram lebron james su instagram

LeBron James contro Zlatan Ibrahimovic. Argomento della polemica fra le due stelle che fra il marzo 2018 e il novembre 2019 hanno anche condiviso il cielo sportivo di Los Angeles (uno coi Lakers nel basket, l’altro coi Galaxy nel calcio): l’impegno politico e sociale.

 

L’attaccante del Milan in una recente intervista per la Uefa a Discovery + in Svezia aveva infatti detto: «LeBron è fenomenale in quello che sta facendo, ma non mi piace quando le persone che hanno una sorta di status fanno politica». Nella notte di venerdì 26 febbraio, dopo la vittoria su Portland, la stella dei Los Angeles Lakers ha risposto chiaro e tondo a Ibra: «Sono il tipo sbagliato da criticare». E ha argomentato così.

zlatan ibrahimovic zlatan ibrahimovic

 

«Anche Ibra ha fatto politica»

«Divertente che queste parole vengano da lui, perché nel 2018 in Svezia ha fatto le stesse cose», ha spiegato LeBron, chiaramente documentatosi sulla biografia di Zlatan, per poi continuare: «Non era stato lui, quando era tornato in Svezia, a dire che sentiva un certo tipo di razzismo in campo solo perché il suo cognome era diverso da quello degli altri? Era lui, giusto?».

 

Il riferimento è al 2018 quando Ibra aveva accusato la stampa svedese di non risparmiargli critiche piene di pregiudizi: «È razzismo sistematico, non diretto ma sistematico — aveva detto allora l’attaccante del Milan —. Se possono scegliere tra difendermi e attaccarmi, scelgono di attaccarmi. Lo fanno perché mi chiamo Ibrahimovic e non Andersson o Svensson. Se mi chiamassi Andersson o Svensson, credetemi, mi difenderebbero a prescindere, anche se rapinassi una banca. Mi difenderebbero e basta, perché quello che ho fatto io non l’ha mai fatto nessuno».

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Responsabilità

Ora che Zlatan dice alla tv svedese cose come «Non faccio politica ... Questo è il primo errore che le persone fanno quando diventano famose. Stanne fuori. Fai solo quello che sai fare meglio», LeBron rilancia, attaccando la teoria zlataniana del “disimpegno”: «Sono la persona sbagliata da criticare perché parla di politica senza saperne niente. Io mi preparo prima di parlare, i miei commenti arrivano da una mente molto educata». E aggiunge: «Non c’è modo che io stia zitto, che mi limiti allo sport: capisco quanto sia potente la mia voce e quanto io possa aiutare a combattere le ingiustizie, quelle che vedo nella mia comunità. Ho i 300 ragazzi della mia scuola di Akron a cui pensare, che vedono ingiustizie ogni giorno. Hanno bisogno di una voce, e io voglio essere la loro voce».

 

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Cambiare le cose

LeBron, che spesso si è definito «More than an athlete», più che un atleta, cita anche Renee Montgomery, l’ex stella Wnba da ieri una dei tre proprietari delle Atlanta Dream. La squadra era di proprietà di una candidata repubblicana per il Senato Usa che aveva criticato le giocatrici per il loro impegno sociale. Le giocatrici da quel momento hanno abbracciato e sponsorizzato il candidato avversario: era nettamente indietro nei sondaggi quando l’hanno fatto, ha finito per vincere le elezioni. «Chiedete a lei cosa sarebbe successo se fossi stato zitto», ha concluso LeBron.

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https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/ibra-ha-fatto-incazzare-anche-lebron-james-ndash-rsquo-attaccante-262457.htm

“CAPELLO VADA A RACCOGLIERE ASPARAGI!"

 

“CAPELLO VADA A RACCOGLIERE ASPARAGI!" IL GIORNALISTA DI "AS" TOMAS RONCERO SI SCAGLIA CONTRO L'EX TECNICO DEL REAL DOPO AVER SENTITO LE DICHIARAZIONI DI "DON FABIO" SULL’ESPULSIONE DI FREULER: “CI FACEVA DORMIRE AL BERNABEU. MISE FUORI ROSA BECKHAM SOLO PERCHÉ ERA TROPPO BELLO, SALVO POI CHIEDERGLI SCUSA... L'ABBIAMO DOVUTO CACCIARE PROPRIO AFFINCHÉ NON ROVINASSE IL REAL MADRID”- BORDATE ANCHE SU CAMBIASSO…

 

Da https://www.corrieredellosport.it/

 

 

 

tomas roncero tomas roncero

I commenti di Fabio Capello sulla direzione delll'arbitro Stieler nella gara di Champions League tra Atalanta e Real Madrid hanno fatto infuriare il giornalista di AS, Tomas Roncer che, ospite del programma spanolo El Chiringuito Jugones si è scagliato duramente contro l'ex allenatore dei blancos.

 

 

Il giornalista di As, dopo aver sentito le dichiarazioni di Capello in merito all'espulsione di Freuler, è andato su tutte le furie: “Capello è quello che giocava con Emerson e Diarra come doppio mediano, che ci faceva dormire al Bernabeu. Uno che ha vinto un campionato solo perchè i migliori calciatori hanno deciso di autogestirsi. E io devo sentire Capello che dà lezioni a noi?"- le parole di Roncero che ha aggiunto: "Uno che mise fuori rosa Beckham solo perché era troppo bello, salvo poi chiedergli scusa... L'abbiamo dovuto cacciare proprio affinché non rovinasse il Real Madrid. Lui e Cambiasso (ospite anche lui a Sky e dello stesso avviso di Capello circa l'espulsione di Freuler, ndr) vadano a raccogliere asparagi!" Un duro attacco che ancora una volta dimostra che Capello non ha lasciato molti ricordi positivi nell'ambiente merengues.

fabio capello fabio capello fabio capello fabio capello fabio capello dito medio fabio capello dito medio

 

https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/ldquo-capello-vada-raccogliere-asparagi-quot-giornalista-262270.htm?utm_source=outbrain&utm_medium=widget&utm_campaign=obclick

 

Due bambini nati morti sono risultati positivi al Covid: le mamme si erano contagiate durante la gravidanza

 

Due bambini nati morti in Israele sono risultati positivi al Covid. I feti appartenevano a due mamme entrambe contagiate durante la gravidanza. La causa di uno dei due decessi è stata attribuita all'infezione da coronavirus mentre nel secondo caso non è stata ancora evidenziata la correlazione. 

 

A dare la notizia è il Times of Israel che ha raccontato la storia di una donna alla 36a settimana di gravidanza che ha perso il feto al Meir Medical Center di Kfar Saba dopo essersi ammalata. I test hanno dimostrato che anche il feto era infetto, ma l'ospedale non ha immediatamente incolpato la pandemia per la morte. 

 

Tuttavia, il virus è stato dichiarato come probabile causa di morte in un caso molto simile riguardante una donna di 29 anni che ha perso il figlio nella 25a settimana di gravidanza. «Il feto è stato infettato attraverso la placenta e possiamo dire con un grado molto alto di certezza che è morto a causa del coronavirus», ha detto a Ynet news il dottor Tal Brosh, capo del dipartimento di malattie infettive dell'ospedale Assuta. 

 

È il primo caso di questo tipo riportato in Israele, sebbene altri siano stati precedentemente resi noti in Brasile. «Questo è un evento raro perché un bambino viene solitamente infettato dal coronavirus dopo la nascita, a seguito del contatto con la madre», ha detto il dottor Yossi Tobin, direttore del reparto maternità dell'ospedale. «Il fatto che siamo stati in grado di scoprire che fossero già positivi nel grembo materno indica un'alta probabilità che il feto sia morto a causa del coronavirus». 

https://www.leggo.it/esteri/news/bimbi_nati_morti_positivi_covid_come_mai_ultime_notizie_oggi_28_febbraio_2021-5797049.html

“HO APPENA VISTO LE FOTO DI KOBE BRYANT MORTO. DA BERE PER TUTTI”

 

“HO APPENA VISTO LE FOTO DI KOBE BRYANT MORTO. DA BERE PER TUTTI” - GLI AGGHIACCIANTI DETTAGLI EMERSI DALLA CAUSA INTENTATA DALLA MOGLIE DEL CAMPIONE SCOMPARSO CONTRO LA POLIZIA DI LOS ANGELES - UN ALLIEVO POLIZIOTTO LE AVREBBE MOSTRATE IN UN BAR PER VANTARSI - LA MOGLIE DI BRYANT ORA CHIEDE CHE I NOMI DEI QUATTRO POLIZIOTTI CHE PIÙ DEGLI ALTRI HANNO FATTO CIRCOLARE LE FOTO VENGANO RESI NOTI, COSA CHE INVECE LO SCERIFFO VUOLE EVITARE...

 

Davide Chinellato per gazzetta.it

 

 

Kobe Bryant. l'elicottero tra le nuvole Kobe Bryant. l'elicottero tra le nuvole

La foto del corpo senza vita di Kobe Bryant, dilaniato dall’esplosione dell’elicottero in cui ha perso la vita, compare all’improvviso sul cellulare che quell’uomo mostra al barista. Le telecamere di sicurezza lo mostrano chiaramente mentre allarga l’inquadratura, mentre si assicura che il tizio che gli ha servito un paio di drink si renda conto di quello che sta vedendo. “Hey! Ho appena visto le foto di Kobe Bryant morto. Da bere per tutti” si vanta il barista ad alta voce.

 

Kobe Bryant. la scena dell'incidente Kobe Bryant. la scena dell'incidente

 Sono i nuovi, agghiaccianti dettagli, rivelati dalla causa che Vanessa Bryant ha mosso al dipartimento di polizia di Los Angeles. Lo sceriffo Alex Villanueva le aveva assicurato, nelle ore immediatamente successive all’incidente che il 26 gennaio ha sconvolto il mondo, che Kobe, la figlia Gianna e le altre 7 vittime dell’incidente sulle colline di Calabasas, poco fuori LA, sarebbero stati trattati con la massima privacy.

 

Invece non solo i suoi uomini hanno violato quella promessa, immortalando non per ragioni di indagine i corpi delle vittime. E quelle foto per giorni sono circolate all’interno del distretto e della caserma dei pompieri, venendo anche mostrate in pubblico. Proprio quello che Vanessa, ancora in lacrime per la morte del marito e della figlia, voleva che non succedesse.

vanessa bryant 2 vanessa bryant 2

 

LA CAUSA

Vanessa ha da tempo citato in giudizio il dipartimento di polizia di Los Angeles, chiedendo un risarcimento per negligenza e invasione della privacy, sostenendo che poliziotti e pompieri hanno scattato foto non autorizzate dei copri senza vita di Kobe, di Gianna e delle altre vittime, condividendole poi con colleghi che nulla avevano a che fare con l’inchiesta e con civili. Come il barista del locale di Norwalk. La moglie di Bryant ora chiede che i nomi dei quattro poliziotti che più degli altri hanno fatto circolare le foto vengano resi noti, cosa che invece lo sceriffo Villanueva vuole evitare.

 

vanessa bryant 1 vanessa bryant 1

Nella richiesta, però, sono inclusi dettagli agghiaccianti di quello che ha fatto indignare Vanessa. Di come quelle foto siano diventate non solo motivo di vanto all’interno del distretto, qualcosa di cui vantarsi durante un momento di pausa o per rompere la noia di un giro di pattuglia. Di come lo sceriffo, una volta saputo quello che stava succedendo, abbia dato ai suoi 48 ore per fare sparire le foto, in modo che l’incidente rimanesse nel segreto del distretto, qualcosa di cui non parlare mai più.

 

LE FOTO

Secondo quanto sostengono gli avvocati di Vanessa, rivelato dal Los Angeles Times, sarebbe stato un solo poliziotto a scattare le foto dei cadaveri, con l’idea di condividerle con i colleghi. Assegnato al luogo dell’incidente, ne avrebbe scattate tra le 25 e le 100, cominciando immediatamente a condividerle col resto del dipartimento. Nel giro di 48 ore, la maggior parte degli agenti di Villanueva aveva visto o ricevuto le immagini dei corpi senza vita di Kobe e delle altre vittime, le foto dei resti umani, alcuni riconoscibili come quelli di Kobe, scattati sulla collina di Calabasas.

kobe bryant e la moglie vanessa kobe bryant e la moglie vanessa

 

Anche diversi pompieri, tra i primi soccorritori quel 26 gennaio, avrebbero scattato foto coi loro smartphone e avrebbero iniziato a farle girare tra i colleghi. Uno dei poliziotti assegnati alla postazione alla base della collina, quella che doveva tenere lontano la gente accorsa sul luogo dell’incidente, avrebbe ricevuto diverse foto di Kobe e le avrebbe immediatamente condivise con altre due persone, due civili, tenendole nella memoria del suo telefono fino all’indagine degli affari interni, quella che lo sceriffo Villanueva voleva tenere segreta.

 

Un altro, sentito che le foto stavano circolando all’interno del distretto, le avrebbe richieste più volte e una volta ricevute avrebbe condiviso gli scatti del corpo senza vita di una ragazzina con un amico con cui gioca ai videogiochi online.

kobe bryant e la moglie vanessa kobe bryant e la moglie vanessa

 

L’ALLIEVO

  Il comportamento più grave, secondo i dettagli della causa presentata dagli avvocati di Vanessa, è quello dell’allievo poliziotto che le ha mostrate al barista di Norwalk. Era assegnato a sorvegliare l’imbocco del sentiero che porta al luogo dell’incidente, avrebbe ricevuto diverse foto dei corpi di Kobe e della figlia e avrebbe iniziato a farle girare. Due giorni dopo l’incidente, le ha mostrate orgoglioso alla nipote. Quella stessa sera, l’allievo va a farsi una bevuta in un bar. Per impressionare una donna, cliente del locale come lui, tira fuori il cellulare e le mostra le fotografie del luogo dell’incidente, del corpo di Kobe dilaniato dall’esplosione.

 

kobe bryant e la figlia gianna kobe bryant e la figlia gianna

Poi si avvicina al bancone del bar e comincia a parlare col barista. Le telecamere di sorveglianza lo immortalano mentre tira fuori il cellulare, apre la galleria delle foto e comincia a scorrerle mostrandole all’uomo dietro il bancone, ingrandendole e rimpicciolendole in modo da dare una vista migliore al suo interlocutore. Una delle foto visibili attraverso le telecamere di sicurezza mostrano il corpo senza vita di una ragazzina. Quella successiva ritrae chiaramente i resti di Kobe.

kobe bryant e la moglie vanessa kobe bryant e la moglie vanessa

 

Poco dopo, il barista si vanta con tutto il locale di quello che ha appena visto. E’ stato proprio questo episodio a far scattare l’indagine degli affari interni, a far scoprire allo sceriffo quello che stava succedendo nel suo dipartimento, a dare ai suoi uomini 48 ore di tempo per far sparire quegli scatti rubati. È proprio quello che Vanessa non può perdonare.

 

 

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https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/ldquo-ho-appena-visto-foto-kobe-bryant-morto-bere-262465.htm

 

COME FACEVA UN'EX PROFESSORESSA AD AVERE UN PATRIMONIO DA 25 MILIONI DI EURO?

 

COME FACEVA UN'EX PROFESSORESSA AD AVERE UN  PATRIMONIO DA 25 MILIONI DI EURO? – MARISA CAVANNA, LA DONNA DI GENOVA CHE NELLE SUE ULTIME VOLONTÀ HA DONATO IN BENEFICENZA TUTTI I SUOI BENI, ERA DI ORIGINI NOBILI: VENIVA DA UNA CASATA DEL PATRIZIATO DI VENEZIA, QUELLA DEI CONTARINI, CHE TRA I VARI RAMI VANTA OTTO DOGI. I 3 MILIONI ALLA BADANTE E L’AFFETTO PER GLI EX ALLIEVI

 

Alessandro Fulloni per il “Corriere della Sera”

 

MARISA CAVANNA MARISA CAVANNA

Il necrologio e le sue ultime volontà scritte con cura, predisponendo ogni particolare di quel cospicuo regalo - un lascito di circa 25 milioni di euro - a Genova, ai suoi ospedali, agli enti di misericordia, ma anche a Ong e istituti di ricerca. Edmonda Marisa Cavanna, professoressa liceale di Lettere in pensione, si è spenta a 96 anni il 9 dicembre nella sua casa in via Giordano Bruno, nel quartiere Albaro del capoluogo ligure.

 

Qualche giorno prima di andarsene, aveva chiamato un suo amico tra i più vicini, Gino Noceti, dirigente della banca Passadori, per chiedergli un'ultima cortesia: «Carissimo, dopo che non ci sarò più porti per favore alla redazione del Secolo XIX quella busta che vede sullo scrittoio. Contiene l'elenco di tutti quelli che vorrei ringraziare e a cui ho voluto bene».

 

In primis «la lunga schiera degli ex allievi», si leggeva sul necrologio vergato da sé, in calligrafia elegante. Poi «un riconoscente abbraccio a tutte le mie amiche e al personale di casa» e anche - ma salutandoli come «nonna Marisa» - agli «amatissimi Gingi e Zakaria», i figli della sua badante che lei, mai sposata e senza figli, considerava come nipoti.

 

la villa di marisa cavanna la villa di marisa cavanna

Sorprendente, la successiva apertura del testamento, letto lo scorso 18 dicembre: le 13 pagine - ha raccontato l'Ansa - contenevano il minuzioso dettaglio della destinazione della sua eredità: dalla stessa badante - una signora che da quarant' anni si prendeva cura di Marisa «sempre dandole del lei» e che ha ricevuto 3,8 milioni di euro - ad Amnesty International.

 

Gran parte del ricavato della vendita dei gioielli di famiglia e della bella villa in riva al mare, oltre che del «cash» in banca, andrà a due ospedali di Genova. Cinque milioni al Gaslini e una somma analoga è per il Galliera il cui direttore generale Adriano Lagostena parla di «generosità unica». La prof ha però impartito tassative disposizioni: il lascito «non è per la normale amministrazione» ma per «la ricerca e l'acquisto di apparecchiature».

MARISA CAVANNA MARISA CAVANNA

 

E poi altri soldi per onlus sostenute dalla sanità ligure, come il «Fondo malattia renale del bambino» e l'«Associazione neuroblastoma», e per enti ecclesiastici cittadini come la «Provincia religiosa San Benedetto».

 

La signora Cavanna, assai religiosa, aveva sangue blu, veniva da una casata del patriziato di Venezia, quella dei Contarini, che tra i vari rami vanta otto dogi. È alla nipote Mirella che la zia - «augurandole una vita serena» - ha affidato i «documenti della nobile famiglia da cui discendiamo».

 

Non è noto come dalla Serenissima gli avi di Marisa siano approdati ai domini della Superba, «so solo che sua madre, una Contarini, ha sempre vissuto a Genova ed è seppellita a Staglieno» racconta ora il dottor Noceti, esecutore testamentario delle volontà dell'insegnante e che nel 2019 ha ricevuto dal Colle il riconoscimento della «Stella al merito del lavoro». Il bancario parla di «una donna che ora è facile definire straordinaria: ma lei era davvero così. Gli occhi le si illuminavano se per strada incontrava i suoi ex studenti che la salutavano festosi». Il testamento versa pure quattro milioni a varie Ong tra cui Amnesty, Amici senza frontiere e Save the Children.

ospedale gaslini di genova ospedale gaslini di genova

 

Al «Don Orione» di Genova una voce femminile si commuove al telefono al ricordo «di quella generosità sempre mostrata da Marisa finanziando, magari con donazioni da 100 euro, le nostre "Borse del pane" preparate per i più bisognosi».

 

Nelle pagine fitte fitte delle ultime volontà compaiono anche pensieri soltanto apparentemente minori, «come l'affitto che deve essere pagato per sei mesi a tutto il personale di casa» e quella raccomandazione per la sua Gingi, la nipote prediletta, di «un aiuto e un'attenzione speciale». Poi come se fosse secondario, la prof ha concluso così: «Dovesse servire, dono i miei organi».

https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/come-faceva-39-ex-professoressa-ad-avere-nbsp-patrimonio-25-262448.htm

Kissinger71

 

MARE MORTUM – SI RICOMINCIA: NELLE ACQUE LIBICHE C’È STATO UN NAUFRAGIO IN CUI HANNO PERSO LA VITA ALMENO 15 MIGRANTI

 

MARE MORTUM – SI RICOMINCIA: NELLE ACQUE LIBICHE C’È STATO UN NAUFRAGIO IN CUI HANNO PERSO LA VITA ALMENO 15 MIGRANTI. ALTRI 95 SAREBBERO SOPRAVVISSUTI, PORTATI A RIVA DALLA GUARDIA COSTIERA LIBICA – LO HA SCRITTO SU TWITTER L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI

 


migranti migranti

(ANSA) - TUNISI, 28 FEB - L'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) in Libia ha scritto su Twitter di un naufragio nel quale hanno perso la vita almeno 15 persone nelle acque libiche e 95 sono sopravvissute, portate a riva dalla Guardia costiera libica. "Le squadre dell'Oim stanno ora assistendo i sopravvissuti, molti dei quali soffrono di ustioni e ipotermia", scrive ancora l'Oim. "Tragedie e perdite di vite evitabili continuano mentre persiste una politica di silenzio e inazione", ha scritto la portavoce di Un-Migration Safa Mhseli a proposito del naufragio odierno.

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https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/mare-mortum-ndash-si-ricomincia-acque-libiche-262525.htm

 

Morti gli ultimi 2 nazisti condannati all'ergastolo

 


Responsabili eccidi di Cefalonia e Appennino tosco-emiliano

La riproduzione di una foto d'epoca mostra Alfred Stork (al centro)

Wilhelm Karl Stark, fermo immagine dal Tg1

 

Gli ultimi due militari di guerra tedeschi superstiti condannati definitivamente all'ergastolo per l'uccisione indiscriminata di militari e civili italiani sono morti: si tratta, come conferma all'ANSA il procuratore generale militare Marco De Paolis, del centenario Karl Wilhelm Stark, accusato di vari eccidi commessi nel 1944 in varie località dell'Appennino tosco-emiliano e di Alfred Stork (97 anni), ritenuto responsabile di una delle stragi avvenute sull'isola di Cefalonia nel settembre 1943 nei confronti dei militari della Divisione Acqui. Nessuno dei due ha mai fatto un giorno di carcere o di detenzione domiciliare.

Sono stati 60 gli ergastoli inflitti dalla magistratura militare italiana dopo la scoperta, nel '94, del cosiddetto Armadio della vergogna, dove centinaia di fascicoli di stragi nazi-fasciste erano stati occultati nel 1960. Ma di fatto nessuno è stato eseguito, perché le richieste di estradizione o di esecuzione della pena nei Paesi dei condannati sono sempre cadute nel vuoto.

Gli unici a espiare le condanne inflitte in questa stagione processuale sono stati l'ex capitano delle SS Erich Priebke, faticosamente condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine, e il caporale 'Misha' Seifert, il 'boia di Bolzano', estradato dal Canada e morto durante la detenzione a Santa Maria Capua Vetere. L'ex sergente Stark, inquadrato nella Divisione Corazzata 'Hermann Goering' della Wehrmacht, è morto il 14 dicembre scorso.

E' stato condannato all'ergastolo per alcuni degli eccidi compiuti sull'appennino tosco-emiliano nella primavera del '44, in particolare quelli di Civago e Cervarolo, nel reggiano, due borghi dove il 20 marzo furono trucidate complessivamente circa 30 persone, tra cui il parroco, e quello di Vallucciole, nell'Aretino, dove oltre 100 tra uomini, donne e bambini vennero uccisi per rappresaglia. Nel 2018 una troupe del Tg1 lo scovò nella sua abitazione in un sobborgo di Monaco: l'anziano, scambiando qualche battuta sull'uscio, disse che non poteva pentirsi di "una cosa mai fatta" e che il processo era stato "una farsa". Di Stork - la cui esecuzione penale risultava ancora pendente nel 2020, al pari di quella per Stark - solo di recente si è saputo che è morto il 28 ottobre 2018. L'ex caporale dei Cacciatori di montagna (Gebirsgjager), è stato condannato per l'uccisione di "almeno 117 ufficiali italiani" sull'isola di Cefalonia, nel settembre 1943. Stork aveva confessato in passato agli inquirenti tedeschi di aver fatto parte di uno dei plotoni di esecuzione attivi alla 'Casetta rossa', dove venne trucidato l'intero stato maggiore della divisione Acqui. "Ci hanno detto che dovevamo uccidere degli italiani, considerati traditori", affermò. Una testimonianza, ricca di particolari agghiaccianti, che Stork si rifiuterà di ripetere in seguito ai magistrati italiani. Le fucilazioni andarono avanti dall'alba al tramonto: "I corpi sono stati ammassati in un enorme mucchio uno sopra l'altro... prima li abbiamo perquisiti togliendo gli orologi, nelle tasche abbiamo trovato delle fotografie di donne e bambini, bei bambini". Stork ha sempre ignorato il processo italiano e non ha nemmeno impugnato la sentenza di primo grado: la condanna all'ergastolo è diventata così definitiva.

(ANSA)

 

 

Diciottenne morto mentre pescava in un laghetto, colto da un malore

 


La causa forse la temperatura fredda dell'acqua. E' stato trascinato a riva da un amico

Lago di Avigliana Grande (To) - Piemonte. Immagine d'archivio

Si era immerso in un laghetto per pescare, ma ha avuto un malore che gli è stato fatale. La vittima è un 18enne originario della Moldavia, Eugenio Cojocari, residente a Torino.

Ieri sera si era immerso nel lago Sorgente Po a San Mauro Torinese. Si era sentito male, forse a causa della temperatura fredda dell'acqua, ed era stato trascinato a riva da un amico che ha poi chiamato i soccorsi. Il 18enne è stato rianimato dal personale del 118 e trasportato d'urgenza all'ospedale Giovanni Bosco. Le sue condizioni, però, si sono aggravate nella notte, oggi il decesso. Indagano i carabinieri della compagnia di Chivasso (Torino).

(ANSA)

 

Paolo, fai parte di un'unica grande famiglia

 

Greenpeace Italia <greenpeace.italia@act.greenpeace.org>
Lun 21/12/2020 10:53 

 

Paolo,

 

ricevi questa mail perché hai scelto di far parte della nostra grande famiglia. Hai firmato le nostre petizioni insieme a milioni di persone in tutto il mondo e aderito ai nostri appelli contro Governi e multinazionali.

E’ vero! E’ stato un anno difficile per tutti noi, un anno che ci ha costretti a cambiare il nostro stile di vita, i nostri comportamenti, il modo di lavorare e di socializzare. Anche questo Natale sarà diverso dal solito. Molti di noi hanno ritrovato protezione nella famiglia. Quella protezione di cui anche il nostro Pianeta ha bisogno, oggi più che mai!

Paolo, noi non ci siamo fermati. Ti sei unito a noi perchè anche tu, condividendo i nostri stessi valori, hai capito che è fondamentale tornare a considerarci parte di un’unica grande famiglia che convive con la Natura in modo sano. Come è stato per migliaia di anni sin dagli albori della specie umana!

Sapere che hai preso parte alle nostre battaglie è per noi prezioso perchè questo significa che coltivi ancora quei valori di protezione, amore e cura verso il nostro Pianeta e che per noi di Greenpeace e i nostri sostenitori sono la speranza per il futuro delle prossime generazioni.

Tutto questo non ha cambiato i nostri valori e la nostra missione. E’ solo insieme che riusciamo a raggiungere risultati concreti. Oggi vogliamo dirti cosa abbiamo fatto quest’anno, grazie a te e al sostegno regolare di tante persone come te

Ci teniamo a dirti che noi accettiamo donazioni solo da persone come te, non accettiamo un centesimo da istituzioni, aziende o partiti politici. Quello che facciamo è possibile solo grazie alle persone che condividono i nostri valori.

Ecco gli obiettivi che abbiamo raggiunto quest’anno: 
 

  • abbiamo ottenuto l'impegno di COOP e Unilever ad eliminare entro fine del 2020 gli ingredienti in plastica dai detergenti;
  • abbiamo convinto Unicredit, una delle più grandi banche italiane, ad adottare una policy che la porterà ad abbandonare tutti gli investimenti nel carbone entro il 2028, iniziando fin da subito. E non solo, anche Generali ha fatto un ulteriore passo avanti e smetterà di assicurare progetti e società coinvolte nell’estrazione di petrolio da sabbie bituminose, una delle tipologie di greggio più inquinanti al mondo;
  • ci siamo liberati per sempre di uno dei pesticidi pericolosi per le api, il thiacloprid. Perché grazie alle richieste di migliaia di persone, l’uso a livello europeo non sarà più autorizzato;
  • abbiamo convinto il governo a impegnarsi per rimuovere le balle di rifiuti in plastica disperse nel Santuario dei Cetacei.

E’ questo l’impatto che vogliamo avere sulle Aziende e sui Governi! E per raggiungere questi risultati il sostegno finanziario regolare è importantissimo.

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Finalmente svelato il grande scandalo europeo dei rifugiati – L’articolo del Guardian mostra l’assalto coordinato e illegale dell’UE ai diritti umani

 


Le prove ottenute dal Guardian mostrano l’assalto coordinato e illegale dell’UE ai diritti delle persone che cercano di attraversare il Mediterraneo.

di Daniel Howden, Apostolis Fotiadis e Zach Campbell

The Guardian, 12 Mar 2020 

Con il calar della sera del 26 marzo 2019, due piccole imbarcazioni si dirigono verso a nord attraversando il Mediterraneo. Gommoni sgonfi e instabili: quasi impossibile per chi è a bordo arrivare in Europa in quelle condizioni. Da nord, un aereo a doppia elica dell’Unione europea gli arriva sopra la testa. Da sud, la guardia costiera del paese da cui erano appena fuggiti, la Libia, è anch’essa in arrivo.

L’aereo, giunto per primo, non sembra dar segnali di portare soccorso a nome dell’Europa. Il velivolo, Seagull 75, manda invece segnali radio ai libici, dando loro le coordinate dei gommoni “nove miglia nautiche, davanti alla vostra prua”. L’inesperto equipaggio della guardia libica, però, ha bisogno di qualcosa in più delle coordinate. “Il mio radar non è buono, non va bene, se rimani [sopra la barca] ti seguo”, è il messaggio della guardia costiera libica, come da registrazioni della radio marina VHF intercettato da una nave vicina.

Seagull 75 a quel punto inizia a volare in circolo sopra i gommoni. L’equipaggio di quel volo fa parte dell’operazione Sophia, una missione navale dell’UE di pattuglia sul Mediterraneo centro-meridionale dal 2015. Dopo aver partecipato a migliaia di soccorsi nei suoi primi quattro anni, Sophia ha ritirato le sue navi dal marzo 2019, lasciando unicamente aerei nell’area di salvataggio. È diventata nota come la missione navale senza navi.

“Abbiamo ancora cinque minuti di autonomia”, comunica l’equipaggio di Seagull 75 ai libici. “Andremo sopra i gommoni e accenderemo i nostri fari di atterraggio.” Il volo Sophia e la nave della guardia costiera libica si cercano l’un l’altro al buio. “Non vi vediamo, provate voi a cercare le nostre luci”, comunica l’equipaggio dell’aereo. I libici chiedono maggiori informazioni. “Aspetta, sto solo aggiornando la tua posizione. Aspetta” rispondono dal velivolo.

“Virate a sinistra di circa 10 gradi. È a circa tre miglia nautiche a prua”, informa Operazione Sophia un minuto dopo. Il volo, a corto di carburante, deve tornare alla base. “Guardia costiera libica, ti contatteremo tramite FHQ, passo”, dice l’equipaggio di volo, riferendosi alla base tattica da cui è gestita l’Operazione Sophia.

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La confusione in mare quella notte non è stato un episodio isolato, ma una dimostrazione dettagliata delle misure a cui l’Europa ha dovuto ricorrere per fare in modo che i migranti non raggiungano il continente. Mentre il livello di violenza al confine tra Grecia e Turchia ha scioccato molti europei, la ritirata dell’Europa dalla difesa dei diritti dei rifugiati non è iniziata la scorsa settimana. La decisione della Grecia di sigillare i suoi confini e negare il diritto di asilo è solo l’escalation più visibile di un assalto al diritto di donne e uomini di chiedere protezione internazionale.

Le fondamenta sono state poste nel Mediterraneo centrale, dove l’UE e l’Italia hanno messo in atto un “meccanismo per procura” per fare ciò che non potevano fare da soli senza violare apertamente le leggi internazionali: intercettare i migranti indesiderati e riportarli in Libia.

La strategia si è basata sul continuo diniego di ogni responsabilità per operato della guardia costiera libica. Ma la connivenza che ne viene fuori dalle registrazioni audio è supportata da lettere inedite tra vari funzionari UE di alto livello, poi confermate da altre fonti interne e infine messe a nudo dalle e-mail della guardia costiera libica, tutto materiale raccolto dal Guardian. Nel loro insieme, queste prove schiaccianti rivelano in maniera inequivocabile una vera e propria cospirazione in atto nel Mediterraneo, che ha calpestato il diritto internazionale in nome del controllo dell’immigrazione.

Il Mediterraneo è il teatro in cui l’idea europeista dei diritti umani si trova a combattere contro l’ansia dei politici continentali nei confronti dell’immigrazione africana. Fino al 2009, la Libia era un “tranquillo” paese di rimpatrio, perché paesi come l’Italia dicevano che lo era. Le navi italiane intercettavano i migranti persuadendoli a salire sulle loro imbarcazioni con la promessa di un passaggio in Italia, per poi ammanettarli e riportarli a Tripoli.

Nel 2009 l’Italia ha rispedito in Libia circa 900 persone. Tra i rimpatriati c’erano 11 eritrei e somali che si sono appellati alla corte europea dei diritti umani. La sentenza del tribunale del 2012 ha detto che l’Italia si è resa colpevole di respingimento illegittimo, ha violato il diritto di asilo che quelle persone avevano, e che non ha permesso loro l’approdo in un porto sicuro. Nel rigettare la posizione dell’Italia, uno dei giudici ha sottolineato che “i rifugiati hanno il diritto di avere diritti”.

Questa sentenza, denominata “sentenza Hirsi” dal nome di una delle persone rimpatriate illegalmente, implica che qualsiasi operazione di “refoulement” (respingimento), anche se eseguita per procura, diventa illegale secondo il diritto internazionale quando si dimostra che a controllarla e’ uno stato dell’UE. L’Europa, dopo questa sentenza, ha dovuto quindi trovare alleati in Libia in grado di intercettare i migranti in alto mare senza una chiara azione direzione da parte degli europei.

Il progetto dei “respingimenti per procura” è decollato nell’estate del 2017. A quel tempo la Libia, nel mezzo di una guerra civile, non aveva una guardia costiera centralizzata e nessuna capacità di gestire la propria area SAR (ricerca e salvataggio). Fin dall’inizio si trattava di un progetto congiunto tra Roma e Bruxelles: l’Italia forniva navi mentre l’UE formava e pagava le nuove guardie costiere, spesso reclutando personale tra milizie e contrabbandieri vari.

Per dare un segno di legittimità alla nuova guardia costiera, i documenti dovevano essere depositati presso l’Organizzazione marittima internazionale, che quindi avrebbe dichiarato che era la Libia ora a gestire la propria zona SAR. Alcuni documenti giudiziari di un processo presso la corte di Catania, Sicilia, avrebbero successivamente dimostrato che uno dei primi numeri di telefono elencati come appartenenti alla guardia costiera libica era di fatto un numero italiano.

Ma denaro e materiali europei non erano affatto sufficienti a creare una forza libica di controllo efficace. Gli ex miliziani e contrabbandieri, ora in uniforme da guardia costiera libica, non ce la facevano da soli a ridurre gli sbarchi. Secondo alcuni documenti interni dell’operazione Sophia del 2018, dopo oltre un anno di addestramento e supporto finanziario, la guardia costiera libica non era ancora in grado di controllare la propria area SAR. Per ridurre un numero maggiore di sbarchi in l’Europa, avrebbero avuto bisogno di ancora più aiuto.

Dal 2017 l’UE ha iniziato quindi ad estendere i voli di pattugliamento sul mediterraneo centro-meridionale. Dopo due anni, i voli dell’agenzia Frontex sono quasi raddoppiati. In base alla legge del mare, i suoi piloti erano tenuti a contattare qualunque nave si trovasse nella posizione migliore per assistere qualsiasi barca in pericolo. Ma quando i libici hanno iniziato a far valere la loro presenza nel Mediterraneo, i voli europei, e chi li coordinava, hanno iniziato a dare la preferenza alle navi che avrebbero portato i naufraghi verso sud, nonostante che la Corte Europea e l’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite concordino sul fatto che la Libia non sia un porto sicuro.

Gravi conseguenze legali sembrano profilarsi all’orizzonte. Ben quattro sono le richieste davanti a tribunali internazionali, e due presso quelli italiani, che accusano l’Italia, l’Unione Europea o entrambi di finanziare e dirigere la guardia costiera libica.

“L’Italia ha ingannevolmente bypassato la sentenza “Hirsi” usando i libici, ma la sentenza [di un tribunale internazionale] potrebbe dimostrare che non si può far questo per eludere le proprie responsabilità”, ha dichiarato Itamar Mann, un avvocato israeliano che sta conducendo azioni legali contro l’UE e l’Italia.

La più recente di queste è una denuncia presentata alla Corte dei Conti Europea, il controllore finanziario dell’UE. L’accusa all’UE e’ quella di aver infranto le proprie stesse leggi indirizzando ben 90 milioni di euro destinati alla riduzione della povertà verso la guardia costiera libica.

Mann sostiene che mentre i libici effettuano le intercettazioni, sullo sfondo è l’UE a tirare le fila. “L’UE sta usando l’Italia nello stesso modo in cui l’Italia sta usando la Libia, per sfuggire alle sue responsabilità. Il principale colpevole è a Bruxelles.”

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Nel momento in cui Seagull 75 lascia la scena del salvataggio, la guardia costiera libica contatta di nuovo  Sophia per avere una volta ancora conferma delle coordinate. “Tre-quattro-zero-tre nord, zero-uno-quattro-tre-uno”, chiede la guardia costiera. “Confermo”, risponde l’equipaggio di Seagull 75. I libici continuano l’inseguimento delle barche dei migranti verso l’estremo nord della zona SAR libica.

La nave della guardia costiera pero’ non riesce ancora a trovare il primo gommone. Il secondo e’ monitorato da un altro aereo Sophia, un aereo spagnolo, Cotos, anche lui a corto di carburante. Risulta sempre più chiaro che solo una delle barche sarebbe stata intercettata quella notte.

Pochi minuti piu’ tardi un elicottero europeo entra in contatto radio. La risposta è veloce e confusa. “Guardia costiera nazionale libica, guardia costiera nazionale libica, puoi parlare lentamente?” chiede l’equipaggio dell’elicottero. “Hai contatto visivo con il gommone?”

I libici riescono ad arrivare al primo gommone e riportano in Libia tutti quelli che erano a bordo. Il volo spagnolo segue la seconda barca migrante fino a quando, a corto di carburante, deve fare necessariamente rientro alla base. I funzionari dell’UE successivamente sosterranno che quelli a bordo del secondo gommone sono stati salvati da una tanker commerciale. Tuttavia, più di un testimone a bordo della nave cisterna affermano che quella notte non hanno effettuato nessun salvataggio. Le registrazioni radiofoniche VHF di quella notte lo confermano.

Il salvataggio comporta la responsabilità legale di far sbarcare i naufraghi in un porto sicuro. Dopo il 2012, però, con la Libia ormai non piu’ un porto sicuro e con l’aumento del “costo politico” del salvataggio in mare dei migranti, i leader europei si sono dovuti inventare un altro modo per controllare il Mediterraneo.

All’inizio del 2019 nella sede centrale dell’UE a Bruxelles e a Frontex, l’agenzia europea di controllo delle coste e delle frontiere, gli alti funzionari erano ben consapevoli che l’entità del loro coinvolgimento con i libici rischiava di renderli legalmente responsabili del destino dei migranti rimpatriati. Un mese prima del caso del Seagull 75, Fabrice Leggeri, capo di Frontex, scrive a Paraskevi Michou, il funzionario di grado più alto dell’UE in temi di immigrazione, delineando il problema.

“Lo scambio diretto di informazioni operative con l’MRCC [Centro di coordinamento per il salvataggio marittimo] in Libia in merito a casi di ricerca e salvataggio può innescare interventi della guardia costiera libica”, scrive Leggeri. “la nascita di una guardia costiera libica è finanziata, come sapete, dall’Unione Europea. Tuttavia, la Commissione e in generale le istituzioni potrebbero trovarsi di fronte a questioni di natura politica a seguito degli scambi operativi di informazioni relativi alla SAR. ”

In parole povere, il principale funzionario di frontiera europeo sembrava chiedere al funzionario di alto rango se secondo lui si stava arrivando troppo oltre.

La risposta di Michou un mese dopo cerca di rassicurare in merito al fatto che, legalmente, tutto era in regola. Tuttavia, osserva: “[Molti] dei recenti avvistamenti di migranti nella SRR [zona di salvataggio] libica sono stati fatti da assetti aerei dell’[Operazione Sophia] e sono stati notificati direttamente all’RCC libico responsabile della propria area”.

In altre parole, stava diventando evidente che le risorse aeree dell’UE – che nel 2019 erano costate più di 35 milioni di euro solo per gli aerei Frontex – erano diventate gli occhi e le orecchie di una forza di intercettazione libica.

In privato, alcuni funzionari delle agenzie europee direttamente coinvolti erano a disagio con il livello di cooperazione. Un funzionario di frontiera dell’UE, che ha chiesto di non essere identificato, ha detto al Guardian che oramai non c’era differenza “tra riportare qualcuno in un paese non sicuro o pagare di qualcun altro per riportarcelo”.

Nello stesso periodo in cui la guardia costiera libica è stata costruita in modo operativo e le si e’ data una facciata di legittimità, le imbarcazioni di salvataggio private gestite da associazioni nonprofit europee hanno dovuto affrontare una sostenuta campagna di attacco con chiusure dei porti, arresti e sequestri di imbarcazioni.

“La guardia costiera libica non è in grado di localizzare e rintracciare le imbarcazioni dei migranti. Per poterle intercettare, devono essere aiutati dalla sorveglianza aerea “, ha affermato Tamino Böhm, capo missione della ONG tedesca Sea Watch. “Quasi nessuna intercettazione avrebbe luogo senza che le forze aeree dell’UE assistessero i libici.”

Böhm, la cui ONG vola con il suo piccolo aereo di monitoraggio negli gli stessi cieli di Sophia, elenca caso per caso i voli dell’UE che hanno trasmesso dati su imbarcazioni in pericolo alla guardia costiera libica e alle altre imbarcazioni libiche. Rileva inoltre che le navi delle ONG e le altre navi europee spesso non sono nemmeno state invitate a effettuare soccorsi, il che costituisce una possibile violazione del diritto marittimo internazionale.

“Gli attori europei non sono solo complici, ma direttamente responsabili dei respingimenti in Libia”, ha aggiunto Böhm.

L’inviato speciale dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati per il Mediterraneo centrale, Vincent Cochetel, ha affermato che nessuno nella comunità internazionale può fingere di non aver capito quanto sia diventata pericolosa la Libia.

In queste circostanze, ha affermato, “nessuna risorsa di un paese terzo – navale, aerea o di intelligence – dovrebbe essere utilizzata per facilitare il ritorno dalle acque internazionali in Libia”.

Il principale punto di contatto tra la sorveglianza aerea europea e le barche libiche in mare è ancora il centro di coordinamento e salvataggio di Roma. Secondo due legali tedeschi, Anuscheh Farahat e Nora Markard, ciò rende l’Italia responsabile di atti internazionalmente illeciti, “ovvero laddove viola i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale del mare per assicurarsi che un’operazione di salvataggio porti a una consegna in un porto sicuro.”

Mario Giro è stato viceministro degli esteri italiano per due anni, mentre la strategia di supporto alla guardia costiera libica era in fase di sviluppo. Giro ha affermato di credere che i leader italiani ed europei, e in particolare l’allora ministro degli interni italiano, Marco Minniti, fossero così concentrati ad impedire il flusso di persone dalla Libia da sorvolare su aspetti fondamentali. La volontà italiana ed europea di trattare direttamente con membri della milizia e trafficanti è stata “un errore, punto e basta”, ha detto Giro.

“A quel tempo era chiaro che tutti in Italia e in Europa a destra e a sinistra erano ossessionati dalla questione dei migranti. E tutti volevano una soluzione rapida e immediata in nome del tentativo di tenere sotto controllo l’opinione pubblica “.

Fino ad ora l’UE e l’Italia hanno sostenuto che esiste una differenza tra il finanziamento e il sostegno della guardia costiera libica e il controllo e quindi la responsabilità delle sue operazioni. Anche quando la maschera è scivolata, come quando il numero di telefono elencato per il nuovo centro di soccorso della Libia era elencato come numero italiano, il diniego di ogni responsabilità e’ andato avanti.

“Il nostro personale non è imbacato sulle navi della guardia costiera libica e il personale Eunavfor Med [European Naval Force Mediterranean] non fa parte della guardia costiera libica e del processo decisionale della sua marina”, ha affermato Peter Stano, portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, il Corpo diplomatico dell’UE. “Né EUnavfor Med ha il diritto di esercitare alcun controllo e autorità sulla guardia costiera libica e sulle unità o sul personale della sua marina”.

Stano ha negato qualsiasi coordinamento diretto della guardia costiera libica. “Le attività aeree [UE] non esercitano alcun coordinamento delle navi libiche durante le operazioni di salvataggio. Non esiste un programma di ricognizione “, ha detto.

Tuttavia, un’e-mail inviata da un ufficiale della guardia costiera libica a Alarm Phone, gruppo indipendente volontario di monitoraggio nel Mediterraneo, nell’agosto 2019, ottenuta dal Guardian, afferma che gli aerei dell’UE trasmettono direttamente loro informazioni. “Si informa che ieri PV LNCG FEZZAN ha condotto n. 2 S.A.R. eventi, due gommoni in pericolo (affondamento) con circa 30 e 50 persone a bordo, a nord-ovest di Tripoli (circa 70 NM), in PSN 3350N-01239E e 3348N-01218E correlati ai rapporti delle attività aeree EUNAVFORMED D0102 e D0105 “, recita l’e-mail.

Nonostante i continui dinieghi, la resa dei conti appare sempre più vicina mentre una serie di azioni legali internazionali esamina ogni aspetto di questa cooperazione. Ciò che emerge, sostengono gli avvocati, è un disegno architettato per aggirare il diritto internazionale ed eludere la responsabilità per cosi’ bloccare efficacemente il Mediterraneo.

Un alto funzionario dell’UE vicino alla politica libica dell’epoca ha descritto la strategia mediterranea dell’UE come una “bomba politica”.

“La reputazione dell’UE e’ in una situazione di grande difficolta’”, ha dichiarato questo funzionario. “Stiamo mettendo il nostro destino nelle mani di imbroglioni, e le conseguenze stanno per arrivare”.

Alla fine del 2017, i responsabili di Bruxelles erano divisi tra un gruppo di sostenitori della linea dura che desideravano esternalizzare il controllo della migrazione in Europa in Libia e una riduzione a tutti i costi degli sbarchi, e gli altri che invece sostenevano che Sophia e le navi delle ONG avrebbero dovuto continuare a operare salvataggi. Ha vinto la linea dura. Ora, più di due anni dopo, la presenza di navi da soccorso europee nel Mediterraneo centrale è ridotta al minimo.

Alla fine dell’anno prossimo, Frontex, che ha iniziato ad assumere un ruolo maggiore nelle operazioni in Libia, diventerà la più grande agenzia dell’UE per finanziamenti.

Il destino di coloro che cercheranno di fuggire ancora dalla Libia probabilmente sara’ lo stesso riservato ai migranti catturati dalle luci di Seagul 75 nel marzo dello scorso anno. Un gommone intercettato con successo dalla guardia costiera libica e un altro – come lasciano intendere le prove raccolte – andato a fondo.

 
https://mediterranearescue.org/news/finalmente-svelato-il-grande-scandalo-europeo-dei-rifugiati-larticolo-del-guardian-mostra-lassalto-coordinato-e-illegale-dellue-ai-diritti-umani/
 
Battaglia71 

Lasciati ad annegare

 Camille Niaufre - Avaaz <avaaz@avaaz.org>

 

Cari avaaziani,
Johanna voleva solo che il suo piccolo vivesse una vita degna.
Così in fuga dalla violenza, dalla povertà e dalla fame, ha dovuto scommettere su un gommone, sperando che li portasse in un qualche posto sicuro in Europa. Ma è finita in tragedia.
Il gommone non ha retto e il piccolo Joseph è morto. Aveva solo 6 mesi.
Più di 900 persone sono annegate nel Mediterraneo quest'anno -- e avrebbero potuto essere MIGLIAIA se non fosse stato per le navi di soccorso umanitario. Navi che però alcuni paesi europei, tra cui l'Italia, stanno ora ostacolando in tutti i modi, impedendo loro di lasciare i porti.
A tutte tranne a una.
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Ma è un lavoro incredibilmente costoso -- ed essendo l'unica barca di salvataggio ancora in grado di operare nel Mediterraneo, l'area che copre è oltremodo vasta, e questo è il periodo più gelido e pericoloso dell'anno. Hanno bisogno di fondi urgentemente, e se ne raccoglieremo abbastanza, potremo:
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  • Aiutare le altre navi di soccorso umanitarie a superare gli ostacoli burocratici e a tornare in mare;
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