Putin trionfa in Ucraina
di: Andranik Migranyan
dafne@rinascita.eu
Una valanga d’informazione demonizza Putin e la Russia dipingendoli come aggressori.
Oltre a varie dichiarazioni di coloro che evidentemente pensano di vivere ancora, e felicemente, nella Guerra Fredda, come i senatori John McCain e Lindsey Graham, analisti di Fox News e neoconservatori, vi sono coloro che avanzano un’analisi obiettiva ed equilibrata degli eventi in Ucraina.
Tra questi gli ex-funzionari del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti Tom Graham e Jack Matlock, il professore della Columbia University, Robert Legvold, nonché il redattore di National Interest, Dimitri Simes. Ma non sono molti. Purtroppo, anche molti funzionari a volte partecipano a tale spiacevole tentativo di disinformazione, aggravando gli sforzi di esperti e giornalisti.
McCain s’è dimostrato un buffone da sempre, quando credeva che la Pravda fosse ancora il giornale ufficiale del governo russo. Ciò indica in modo eloquente il basso livello di conoscenza e comprensione di ciò che accade in Russia.
Affermazioni approssimative e perniciose vengono fatte anche dal segretario di Stato americano, John Kerry, che sembra vivere in un’altra dimensione, definendo le azioni russe (i militari russi diretti in Crimea) come politica del XIX secolo nel XXI secolo, dimenticando facilmente che gli Stati Uniti fanno espressamente tale politica da sempre, sia nel ventesimo che nel ventunesimo secolo.
Sono ovviamente persone schizofreniche: giudicano alcune azioni con una serie di criteri, mentre dimenticano completamente le proprie, come accaduto in Afghanistan, Iraq e Libia.
Anche i consiglieri di Obama hanno commesso parecchi errori, parlando d’”invasione”, dove non ce n’era. Per trattato internazionale, alla Russia è consentito di avere 25.000 soldati sul territorio ucraino della Crimea. Secondo una mia stima (ho parlato con persone di Sebastopoli), in Crimea ora vi sono poco più di 10.000 militari provenienti dalla Russia. Ciò significa che la Russia può inviarne, rimanendo nella legalità, altri 15.000. Ed è perfettamente comprensibile che i militari si muovessero verso la penisola. Le azioni dei militari russi, anche quando bloccano i presidi ucraini, sono in conformità con le norme negoziate tra la Russia, le autorità della Crimea e il legittimo Presidente dell’Ucraina Viktor Janukovich.
La Crimea è abitata da persone in disaccordo con i tagliagole al potere a Kiev, il cui primo atto è stato vietare l’uso delle lingue regionali, mettendo così la lingua russa e i russi fuorilegge, oltre a minacciare di distruggerne l’autonomia e la flotta russa. I russi nel est e nel sud-est dell’Ucraina sono sostanzialmente privati del diritto di tutelare i propri interessi. Riguardo l’Ucraina orientale, la situazione è più grave. L’oriente vorrà, come minimo, la federalizzazione. Quale livello di autonomia queste regioni otterranno, può essere deciso solo dopo che un governo legittimo sarà formato a Kiev. Questa sarà la vera uscita dalla crisi, senza guerra civile e senza violenze, ma se ci dovessero essere degli improvvisi tentativi folli, occidentali o di Kiev, d’imporre con la forza il proprio ordine nei territori filo-russi, riceveranno da questi un netto rifiuto. In tale scenario la Russia non rimarrà in disparte, perché sarà esattamente lo scenario per il quale Putin ha chiesto al Consiglio della Federazione di autorizzare la forza militare in Ucraina per contrastare la minaccia alla vita e alla sicurezza dei cittadini russi e russofoni che vivono in Ucraina.
Chi ha vinto, chi ha perso
Possiamo dire che l’occidente ucraino e l’occidente nel suo complesso, hanno perso in Ucraina.
Dopo la rivoluzione arancione nel 2004, fui l’unico analista russo che, sconcertando molti in Russia, Ucraina e occidente, dissi in modo inequivocabile che, mentre i presidenti vincono le elezioni con il supporto dell’oriente e del meridione, ciò impedisce la mobilitazione di quelle regioni per i propri fini. Leonid Kuchma e Leonid Kravchuk capirono quanto fossero pericolose le mosse brusche, mentre avevano a che fare con l’instabilità dovuta alla presenza di due distinte culture, due lingue e due Paesi storicamente diversi. Avvertii anche allora che era meglio avere al potere Viktor Jushenko che Viktor Janukovich, perché Jushenko era dopo tutto un politico prevedibile anche se radicalmente occidentalista. Ma non avrebbe seguito i radicali una volta al potere, ne avrebbe portato alla frattura del Paese.
Fino a che Kiev apparentemente preservava la legittimità, il precario equilibrio era fatto salvo. Dobbiamo constatare che in effetti, il vero disegno degli occidentali in Ucraina avrebbe dovuto essere quello di tenere Janukovich al potere perché era un garante della stabilità e della conservazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina. L’arrivo al potere di radicali e nazionalisti, soprattutto con mezzi illegittimi, ovviamente porta al crollo dello Stato ucraino.
Questo ha permesso alla Crimea di fare la stessa cosa, e così anche i protettori della Crimea e dell’Ucraina orientale, cosa che non si sarebbero mai sognati prima. Il crollo della legittimità a Kiev ha permesso alla Crimea di eleggere il sindaco di Sebastopoli e il suo Primo Ministro a Simferopol, che sono de facto filo-russi.
Queste regioni hanno avuto l’opportunità di essere veramente indipendenti, ciò che il prossimo referendum suggellerà. Questo permette alle autorità della Crimea di non riconoscere la legittimità di Kiev, di fatto in conformità con la legge e la Costituzione.
I golpisti hanno cacciato il legittimo Presidente Yanukovich e violato gli accordi garantiti dai ministri degli Esteri polacco, tedesco e francese. Inoltre, gli eventi in Crimea hanno ispirato russi e russofoni a Kharkov, Donetsk, Lugansk, Dnepropetrovsk e Odessa e, naturalmente, permesso a queste città di premere verso la federazione.
Il livello di federalizzazione in queste città, da un lato, e Kiev dall’altro, sarà oggetto di intensi negoziati, perché la popolazione russa e russofona dominante nelle città orientali e meridionali vuole avere voce in capitolo sul proprio governo, sulla lingua che usa, sui libri che legge e sui media che guarda.
Risultato di tutto ciò, l’Ucraina occidentale e l’occidente che ha sostenuto, stimolato e aiutato l’intero processo, hanno subito una sconfitta schiacciante. Non hanno nemmeno capito che la caduta di Janukovich sarà la rovina dell’unità territoriale dell’Ucraina e che hanno dato fuoco alla casa con le proprie mani, piazzando una bomba a orologeria sull’integrità territoriale dell’Ucraina.
La strada per uscire dalla crisi
Nulla impedirà il referendum in Crimea, dopo di che sarà indipendente, avendo già dichiarato di rinegoziare le proprie relazioni con Kiev.
Il nuovo trattato probabilmente legittimerà le sue forze militari, il suo ministero degli esteri e le istituzioni governative per le quali si terranno le elezioni. Forse conserverà solo dei rapporti simbolici con Kiev. E l’Ucraina orientale seguirà la stessa strada.
Può essere emotivamente soddisfacente per i politici occidentali denunciare questi eventi, ma la Russia continuerà a perseguire i suoi legittimi interessi nazionali.
Andranik Migranyan è il direttore dell'Istituto per la Democrazia e la Cooperazione in New York e lavora a stretto contatto con l'amministrazione presidenziale russa. E’ anche professore presso l'Istituto di Relazioni Internazionali di Mosca, un ex membro della Camera pubblica e un ex membro del Consiglio di Presidenza russa.
Fonte: http://nationalinterest.org/commentary/putin-triumphs-ukraine-10009?page=show
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