lunedì 16 aprile 2012

Beppe Grillo vola nei sondaggi: scatta l'allarme a sinistra

 
di Renato Pezzini
MILANO - Nichi Vendola parla di «fiume sporco dell’antipolitica». Pier Luigi Bersani teme e prevede la calata di «apprendisti stregoni» dediti alla «demagogia e al populismo», avvertendo: «Se non lo contrastiamo, questo vento ci spazzerà via tutti».

 Effetto delle controversie e delle contraddizioni sulla terza tranche dei rimborsi elettorali, ma effetto soprattutto del vuoto lasciato dalla crisi della Lega di Umberto Bossi. In politica ogni spazio liberato da qualcuno viene automaticamente riempito da altri: chi occuperà le praterie del Nord governate per due decenni dal Carroccio?

Da quando il segretario padano si è dimesso sotto il peso dello scandalo che ha investito figli e famigli, i sondaggisti non si curano d’altro. La Lega viene data in calo (ma lo era anche prima delle rivelazioni sugli affari di Belsito) e spunta dalle retrovie il nome di Beppe Grillo. Sarà lui, pronosticano i tecnici della Demoskopea, a raccogliere i consensi perduti dal movimento nordista. La Swg di Trieste gli attribuisce addirittura il 7,2: numeri che lo porterebbero a essere la terza formazione politica del Paese, dopo Pd e Pdl. 

Un passo indietro è obbligatorio. Elezioni regionali del 2010, in Piemonte il leghista Roberto Cota conquista la guida della Regione per un soffio, meno dell’1 per cento di differenza dalla candidata del centrosinistra Mercedes Bresso. E tutti fanno un calcolo semplice: se Grillo non avesse raccolto il 4,1 per cento, il centrodestra sarebbe uscito sconfitto. Stesso discorso in Molise, ottobre 2011: Michele Iorio del Pdl la spunta per meno di mille voti sul centrosinistra privato di molti consensi dall’exploit del Movimento 5 Stelle salito al 5,6 per cento.

Ovvio e scontato che, con questi precedenti, tutti ora si chiedano quali conseguenze possa avere sugli equilibri politici nazionali, in vista delle Politiche del 2013, una vistosa ascesa dei grillini favorita dalla crisi dei padani. Lui, il comico, per ora guarda a scadenze più prossime, convinto com’è di poter fare il pieno di voti già alle amministrative di maggio. Ha presentato liste in 101 Comuni, da qui alle elezioni li coprirà tutti con i suoi comizi-show. Prendere ad esempio la giornata di ieri per scoprirne le ambizioni di successo: ore 15 Forte dei Marmi, ore 17 Carrara, ore 19 La Spezia, ore 21 Genova. 

Sul suo blog ostenta certezze incrollabili: «Ormai da mesi il Pdl e il Pd stanno sotto il 20 per cento». Lui avendo capito da tempo che il Carroccio cominciava a stare stretto all’elettorato nordista più chiassoso ed efferato, fa l’occhiolino ai padani duri e puri: per esempio prendendo posizione contro la concessione della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia. Una posizione che gli è valsa qualche «vaffa» dai suoi fedelissimi, ma che in cambio gli ha regalato l’interesse dei leghisti in fuga dal Senatùr prima ancora del «caso Belsito».


A dire il vero, anche Grillo qualche problemino ce l’ha. A Rimini, poche settimana fa, si sono autoconvocati molti eletti del Movimento 5 Stelle che mal digeriscono i diktat e certe prese di posizione del comico. Lui ha lanciato nei loro confronti una specie di fatwa, poi ha espulso un consigliere di Ferrara che non gli garbava facendo però incavolare i due consiglieri regionali eletti in Emilia Romagna nel 2010.

L’entusiasmo di quelli che avevano abbracciato il suo credo si va stemperando, però sono beghe interne, poco visibili e tenute per lo più nascoste. Quel che si vede di più sono i suoi attacchi alla casta, il suo mettere nello stesso mazzo partiti di destra, di centro e di sinistra e chiamarsi fuori: «Loro sono tutti uguali». E «loro» adesso cominciano a domandarsi come fermare «l’apprendista stregone» o come arginare il «fiume sporco dell’antipolitica».
 
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=191211&sez=HOME_INITALIA&ssez=POLITICA

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