Gli
elementi di conoscenza in ordine agli episodi citati ci conducono a porre il
quesito se l'attività
di
pressione, di intervento e di infiltrazione documentata possa essere inquadrata
nell'ambito di
normali
operazioni di lobbyng, che sarebbe ipocrita non riconoscere ampiamente
praticate - anche
se nel
caso della Loggia Propaganda si palesa il ricorso a mezzi di pressione di
particolare
incisività
- o se invece esse siano riconducibili ad un disegno politico di più vasta
portata.
Correttamente
argomentando, i problemi a cui dare risposta sono:
a) se la
Loggia Propaganda 2 sia definibile come associazione politica;
b) in caso
di risposta positiva, quali finalità politiche essa poneva al suo operare.
Rispondere
a questi interrogativi significa ripercorrere riassuntivamente quanto sinora si
è venuto
esponendo
nelle varie parti della relazione, per rinvenire un filo conduttore che dia a
fenomeni e a
situazioni
spesso in apparenza distanti, se non divergenti, una interpretazione che
tendenzialmente
ci conduca ad una visione unitaria della Loggia Propaganda 2, delle sue
molteplici
ramificazioni e della sua multiforme attività.
A tal fine
possiamo riprendere la notazioni più volte espresse che emergono dallo studio
della
vicenda
organizzativa e funzionale della Loggia P2, rilevando come, nell’arco del
decennio che
segna
approssimativamente il periodo della sua operatività, essa sembri vivere
sostanzialmente
due
stagioni che, con diverso segno, contraddistinguono la sua struttura, l'ambito
dei suoi
interessi,
le forme di Intervento.
La prima è
quella che corre grosso modo dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli
anni
Settanta;
nel corso di questa prima fase, la Loggia Propaganda vive sostanzialmente
ancora
nell'orbita
della massoneria di Palazzo Giustiniani, che conserva su di essa, attraverso la
Gran
Maestranza,
una sorta di primazia esercitata in condominio con Licio Gelli. Essa è già
certamente
qualcosa
di diverso dalla tradizionale Loggia P2, ma comunque sempre secondo una linea
di
continuità
ideale ed organizzativa che unisce le due organizzazioni, ben rappresentata dal
continuo
contrasto tra il Gelli ed il Salvini, questi sempre volto al tentativo di
riaffermare il suo
ruolo di
suprema guida della famiglia massonica e quindi di tutte le strutture in essa
ricomprese.
E’ questa
la fase della penetrazione massiccia negli ambienti militari che vede il Gelli,
secondo la
precedente
ricostruzione, dedicare le sue energie al reclutamento di un gran numero di
uomini in
divisa. Il
tenore dei discorsi che ad essi tiene è quello del verbale della riunione del
1971: sono
discorsi
di segno spiccatamente conservatore che si indirizzano ad una condanna del
sistema nel
quale le
forze politiche da controbilanciare vengono individuate in un'area che si
definisce clerico-comunista.
La Loggia
si caratterizza così ai nostri occhi per una forte connotazione anti-sistema e
di
conseguenza per una sua accentuazione indirettamente eversiva, che
si
riflette nelle allusioni ad eventuali soluzioni di tipo autoritario che il
Gelli non tralascia di
ventilare
all'elemento militare, il quale, come abbiamo visto, costituisce se non
l'elemento portante,
certo una
componente essenziale dell'organizzazione. Una testimonianza diretta di questo
indirizzo
politico ci viene offerta dalla riunione dei generali che si tiene a Villa
Wanda nel 1973.
Ma al
Gelli, uomo d'ordine che chiede o sembra chiedere esiti politici che portino,
all'insegna della
conservazione,
a situazioni di maggiore stabilità nel Paese, corrisponde in questi anni in
modo
speculare
il Gelli che trama con gli ambienti dell'eversione nera, secondo la
ricostruzione offerta
nel
capitolo apposito, con quegli elementi cioè che coltivano progetti ed attuano
iniziative che si
pongono
come non ultimo degli elementi destabilizzanti di quel periodo.
Sono
questi gli anni del golpismo strisciante (golpe Borghese) e degli attentati dinamitardi che
da piazza
Fontana in poi accompagnano e segnano una stagione politica contrassegnata
dalla
ricerca di
soluzioni non effimere, dopo' la rottura degli equilibri politici e sociali
intervenuta alla
fine degli
anni Sessanta, quando si consumava la prima fase dell'esperimento politico di
centrosinistra.
Durante
questa fase, conviene da ultimo rilevare, Gelli gode del più assoluto anonimato
presso
l'opinione pubblica e può agire indisturbato all'ombra dello scudo che gli
viene assicurato
dalla
doppia cintura protettiva, garantita dalla copertura massonica e dalla motivata
disattenzione
dei
Servizi segreti nei suoi confronti.
Questa
situazione si evolve in ogni senso verso la metà degli anni Settanta, quando
non solo il
Gelli sale
alla ribalta delle cronache e finisce per essere sottratto definitivamente
all'anonimato del
quale ha
goduto finora, ma alcuni apparati informativi – non collegati ai Servizi
segreti - come la
Guardia di
Finanza e l'Ispettorato contro il terrorismo, nonché i giudici di varie procure
(Vigna,
Pappalardo, Occorsio) iniziano ad occuparsi del Gelli e della sua Loggia.
Nel 1975
viene verosimilmente redatto, come vedremo, il piano di
rinascita democratica che,
dal
punto di
vista operativo piuttosto che da quello ideologico, registra una radicale
conversione di
rotta,
delineando una strategia affatto diversa di occupazione articolata del sistema.
Intervengono,
poco dopo
la sua redazione, le ristrutturazioni della loggia che, attraverso l'operazione
di
sospensione
pilotata dal Gamberini, consentono una definitiva copertura dell'organizzazione
che
nel
contempo è oramai stabilmente entrata sotto la sfera di controllo assoluto del
Gelli, al quale il
Gran
Maestro, definitivo perdente dello scontro, non può che limitarsi a consegnare
le tessere di
affiliazione
in bianco. Di esse, ed in gran numero, il Gelli sembra avere bisogno perché,
secondo
quanto il
piano richiede, questa è la fase del proselitismo massiccio che segna il salto
di qualità tra
la vecchia
Loggia P2 (sia pure ampliata e rivitalizzata) e la nuova struttura di impronta
marcatamente
gelliana che allinea quell'impressionante schieramento di nomi qualificati che
è
dato
riscontrare negli elenchi di Castiglion Fibocchi.
Nell'ambito
di questo nuovo impulso organizzativo diminuisce l'interesse del Gelli per i
militari
visti come
categoria, come denuncia la mirata politica di reclutamento verso il settore
che
privilegia
la qualità sulla quantità degli affiliati in divisa, che vengono presi di mira
soprattutto
nei
massimi vertici.
Per
converso questa fase è contrassegnata dal rilievo che assumono le attività di
tipo finanziario e
dal peso
che in questo mutato contesto rivestono figure come quelle di Umberto
Ortolani e di
Roberto Calvi, stabilmente schierati, verso la metà degli
anni Settanta, sotto l'insegna del
Venerabile
aretino: per concludere, è un periodo questo che vede il declino, nella Loggia
P2, dei
generali,
ai quali subentrano come elemento portante gli uomini di finanza.
E’ questa
infatti la fase che vede espandersi l'intreccio di combinazioni affaristiche,
che ruotano
attorno
alla figura di Roberto Calvi e prosperano all'ombra dello stretto sodalizio che
lega il
Presidente
del Banco Ambrosiano alle due figure più eminenti della Loggia P2: Licio Gelli
ed
Umberto
Ortolani. Ma soprattutto è questa la fase che vede l'ingresso del gruppo
Rizzoli nella
Loggia P2,
con la conseguente acquisizione alla sua diretta azione di influenza e di
indirizzo del
Corriere della Sera.
La fase di
sviluppo di questi eventi, infine, cade proprio mentre la vita politica
nazionale, dopo le
elezioni
del 1976, registra quei risultati elettorali e quei cambiamenti di linea
politica che
condurranno
alla politica di solidarietà nazionale.
Non può
non colpire in questo breve riepilogo, che deve essere letto riportandosi alla
conclusione
dei
precedenti capitoli, la constatazione di come la vita della Loggia Propaganda
corra in parallelo,
secondo un
mutuo rapporto di scambievole influenza, con le vicende politiche del Paese, ad
esse
parametrando
le stagioni organizzative ed i piani di intervento, con una sintonia tra il
dato interno
e quello
esterno alla Loggia che il Commissario Covatta ha voluto sintetizzare definendo
la Loggia
P2 una
struttura «plastica rispetto al potere».
Non è chi
non veda, infatti, come nella storia del suo sviluppo sia dato individuare una
prima fase
di
contatto con gli ambienti militari da un lato e con le fasce estreme dell'eversione
nera dall'altro,
che
caratterizza marcatamente la prima metà degli anni Settanta, quando la
provvisorietà delle
soluzioni
politiche e la ricerca faticosa di più solide maggioranze davano spazio e
margine di
credibilità
politica a quei conati di golpismo strisciante, che solo in seguito si sarà in
grado di
collocare
nella giusta prospettiva, ma che all'epoca non mancarono di esercitare il loro
effetto di
allarme
destabilizzante.
Come del
pari ad un effetto destabilizzante miravano eventi clamorosi di tragico segno
quali gli
attentati,
che accreditarono, nella logica della strategia della
tensione, la teoria degli opposti
estremismi e per alcuni dei quali sappiamo che la
Loggia si poneva come retroterra politico e
finanziario.
Come
abbiamo già osservato, se è certo che Gelli ed ambienti della Loggia
P2 hanno tramato con
l'eversione nera, sarebbe peraltro giudizio
politicamente incauto identificarli con essa,
risolvendo
così, in modo semplicistico, un più complesso rapporto con fenomeni ed ambienti
che
appaiono
piuttosto strumentalizzati, secondo una accorta strategia di inserimento che
punta ad
incentivarli,
salvo poi a disinnescarlì al momento opportuno.
Traspare
piuttosto dalla trama degli eventi un disegno che sollecita iniziative di
valore eversivo,
puntando
al vantaggio politico di eventuali contraccolpi sul sistema, più che ad un
reale suo
impossessamento
nel segno della restaurazione. Solo la pochezza politica di qualche generale di
mal
apposte ambizioni poteva farsi irretire dalla prospettiva di un governo
presieduto da Carmelo
Spagnuolo, quale il Gelli agitava ai sui ospiti con le stellette
nella riunione di Villa Wanda.
Fino al
1975 Licio Gelli sembra aver giocato con pari impegno sui due tavoli diversi -
ma lo furono
poi
veramente? o non fu piuttosto una medesima spregiudicata partita che su di essi
Gelli, o chi
per lui,
condusse ? - dell'eversione violenta al sistema e della politica di ordine e di
restaurazione,
all'ombra
dei militari. E’ questa la stagione politica nella quale la Loggia P2 si
configura dunque,
secondo
l'espressione del Commissario Occhetto, come il luogo nel quale passa la
convergenza fra
le forze
dell'eversione ed il «partito d'ordine». Ma la non identificazione di Licio
Gelli con
l'eversione,
l'approssimazione cioè di una lettura del personaggio e del fenomeno che ad
esso
risale in
chiave nera, risalta con netto rilievo quando si consideri l'evoluzione che ci
è dato
registrare
secondo una lettura non schematica degli eventi successivi, quando la strategia
della
tensione
si avvia al tramonto.
Il piano di rinascita democratica segna l'ingresso alla seconda fase, quella della
penetrazione nel
sistema,
che viene aggredito attraverso la ragionata acquisizione di alcuni suoi gangli
di
funzionamento
essenziali. E’ la stagione organizzativa della completa
copertura della Loggia e
del suo qualificato ampliamento, con le quali
i gruppi che si identificano nella loggia
accompagnano l'esperimento politico
dell'inserimento del partito comunista nella maggioranza
di governo.
Se vogliamo
apprezzare in pieno la flessibilità dell'operazione e la tempestività dei suoi
tempi di
attuazione,
non possiamo non dare rilievo, a questo punto dell'analisi, al dato emergente
dall'istruttoria,
ampiamente esposto precedentemente nelle sue modalità operative, sull'ingresso
del Corriere della Sera nell'orbita
di influenza della Loggia P2; dato questo suffragato, con riscontro
puntuale,
dal documento che il Comitato di redazione e di fabbrica del giornale ha
inviato alla
Commissione.
In questo lavoro è rinvenibile una ampia e documentata testimonianza della
penetrante
azione, a livello anche di gestione di notizie minori, che veniva esercitata
sul
quotidiano,
il cui direttore, Di Bella, era iscritto alla Loggia P2, completando così
l'organigramma
di controllo
della testata. Di fronte a questo rilievo non può non essere posto in luce che
il giornale
mantenne,
durante l'esperimento politico della solidarietà nazionale, un orientamento di
sostanziale
appoggio alla soluzione politica, di governo e di maggioranza parlamentare, che
si
veniva
enucleando nelle sedi istituzionali. Valga per tutte la testimonianza offerta
dall'editorialista
politico
del quotidiano, Gianfranco Piazzesi, il quale afferma in un suo volume di aver
propugnato
e difeso nei suoi corsivi tale linea, senza che la direzione avesse mai ad
interferire in
senso
censorio.
Il
sostegno fornito dalla direzione di Di Bella all'operazione guidata dall'onorevole
Moro, va
peraltro
letto alla luce dei dati in nostro possesso sulla compenetrazione tra gruppo Rizzoli
e
Loggia
Propaganda e sul controllo che Gelli poteva esercitare, ed in fatto esercitava,
nella sua
qualità di
garante ultimo di quella situazione proprietaria e gestionale emblematicamente
rappresentata
dal famoso «pattone».
I dati
conoscitivi sul Corriere della Sera si pongono così alla nostra attenzione con
tutta la carica del
loro
ambivalente significato, poiché, se da un lato segnalano alla nostra
riflessione il rilievo
indubitabile
degli interessi politici della Loggia, dall'altro sollecitano un'analisi scevra
da ogni
schematismo
interpretativo, non dismettendo il quale diventa impossibile cogliere il
fenomeno nel
suo più
recondito significato.
Partendo
da questa osservazione di metodo, il dato dal quale bisogna prendere le mosse è
la
constatazione,
di indubbio riscontro storico, che le elezioni del 1976 avevano provocato nella
situazione
politica del Paese un mutamento profondo, costituito dal ruolo inedito che il
partito
comunista
veniva ad assumere, anche per la condizione, posta dal partito socialista, di
non far
parte di
alcuna maggioranza di governo che non includesse, in qualche modo, il partito
comunista
stesso.
Quanto ci
è dato riscontrare, riferendoci ai dati sinora acquisiti, è che l'instaurarsi
di questa nuova
situazione
si accompagna al contemporaneo dispiegarsi di due concorrenti attività:
a) nel
1977 - prima operazione di ricapitalizzazione del gruppo Rizzoli - viene
acquisito alla
loggia un
primario strumento di formazione dell'opinione pubblica e viene iniziata una
vasta
operazione
di espansione nel settore della stampa quotidiana;
b) Licio
Gelli procede ad una selezionata acquisizione di uomini collocati in ruoli
centrali e
determinanti
della pubblica amministrazione, dei vertici militari nella loro massima
espressione,
della dirigenza più qualificata del mondo bancario e finanziario.
Non
sembra, a questo punto del discorso, un voler forzare l'interpretazione il
riconoscere che i
fenomeni
descritti sono legati da un rapporto di causa ed effetto, e che i dati che
abbiamo allineato
all'attenzione
dell'osservatore si pongono con un rilievo tale, sia per il numero e il peso
delle
persone
coinvolte, sia per la quantità di mezzi impiegati, da non consentire di
confinare
operazioni
di così vasto raggio nell'ambito indefinito della casualità e della
coincidenza.
Se
vogliamo collegare questi dati al complesso delle considerazioni svolte nel
corso di tutto il
lavoro,
passando da un apprezzamento puramente esterno degli accadimenti ad una lettura
che
entri nel
merito dei contenuti, siamo allora in grado di affermare che fatti ed
avvenimenti
sembrano
invece legarsi tra loro secondo una logica ben precisa.
Posti di
fronte alla nuova situazione che si era venuta ad instaurare, Licio Gelli e gli
uomini che
nella sua
loggia e tramite essa si esprimevano - il gruppo che si riconosceva nel piano
di rinascita
democratica
dove si stigmatizzava nel partito comunista la sua capacità di mimetizzazione
pseudo-liberale
in seno alla nuova società italiana composta di ceti medi - dovette
realisticamente
prendere atto
della situazione ed approntare le opportune misure di intervento. Nasce così
l'operazione
di
concentrazione
di testate che opera programmaticamente nel senso di allineare, Corriere della Sera
in testa,
un blocco di quotidiani nel quale si riconoscesse la maggioranza di quei ceti
medi
rivelatisi
capaci di così imprevisti scarti elettorali. Ed è in parallelo a questa
operazione che si
svolge
quella di affiliazione, selettivamente mirata, di tutta una serie di personaggi
senza i quali e
contro i
quali è difficile governare, in ragione del personale peso specifico e della
collocazione
strategica
degli incarichi loro affidati.
Il
controllo di queste situazioni-chiave costituisce il rovescio della medaglia,
imprescindibile per la
comprensione
del vero significato del prudente appoggio alla politica di graduale
inserimento del
partito
comunista nell'area di governo, consentito a livello di immagine, ma che gli
uomini della
Loggia P2
non potevano accettare senza precostituire, nella sostanza, una sorta di meccanismo
di
garanzia.
Il senso reale dell'operazione Corriere della Sera ci appare così come quello di un accorto
adeguamento
tattico che mimetizza una situazione reale di contenuto affatto diverso, ovvero
l'autentico
volto della Loggia P2 nella sua seconda fase: un organismo di garanzia e di
controllo,
articolato
a più livelli di efficacia e di incisività rispetto ai processi decisionali che
accompagnano
l'attività
politica.
Quale
concreta percezione nelle forze politiche si sia avuta della esistenza di
questi fenomeni così
collegati
- nella loro consistenza e nel loro intrinseco e reciproco significato politico
- come essi
abbiano
interagito con i concreti processi decisionali, quali ulteriori connivenze ad
ogni livello ed
in ogni
settore abbiano registrato per esplicare la loro funzione, questi sono
argomenti per i quali
non si
dispone di elementi sufficienti al fine di più mature conclusioni. Il
contributo che si può
portare al
dibattito delle forze politiche è l'affermazione non controvertibile
dell'esistenza di
questa
struttura legata, in modo funzionale, ad una situazione politica determinata e
la verifica
che non
costituì ostacolo al suo approntamento, né fu presidio sufficiente contro il
pericolo che
essa
rappresentava, la realizzazione dell'accordo di più ampia portata tra le forze
democratiche.
Quanto
sinora detto costituisce una risposta implicita, ma non equivocabile, al primo
dei quesiti
dai quali
abbiamo preso le mosse, poiché non sembra possa essere ulteriormente messa in
discussione
la valenza politica della Loggia P2. Abbiamo infatti dimostrato in altro luogo
che la
storia
della loggia può essere ricostruita individuando in essa una coerente logica
interna; ora,
sulla base
delle ultime notazioni, siamo in grado di affermare che questa logica interna
corrisponde
a sua volta, correndo in parallelo, ad eventi esterni alla loggia: nella
specie, gli eventi
politici; non
ne rimane che concludere che la Loggia P2 è associazione politica nella sua
stessa
ragione di essere.
Volendo
quindi dare risposta al secondo quesito, che nasce di conseguenza, sugli
obiettivi politici
dell'organizzazione,
non è difficile, tirando le fila dei discorso, definire adesso la Loggia P2
come
una
associazione che non si pone il fine politico di pervenire al governo del
sistema, bensì quello
di
esercitarne il controllo. La ragione politica ed il movente ispiratore della
Loggia P2 vanno
individuati,
alla stregua di questo criterio, non nella conquista politicamente motivata
delle sedi
istituzionali
dalle quali si esercita il governo della vita nazionale, ma nel controllo
anonimo e
surrettizio
di tali sedi, attraverso l'inserimento in alcuni dei processi fondamentali dai
quali
l'azione
dì governo nasce ed attraverso i quali concretamente si dispiega.
Sotto il
segno unificante di questo dato interpretativo comprendiamo come Licio Gelli
possa
ispirare,
con pari lucidità e con identica fermezza, sia le forme di eversione violenta
ed esterna al
sistema -
proprie della prima fase - sia la più sottile, ma non meno pericolosa,
eversione all'ordine
democratico
che la Loggia P2 rappresenta nel suo secondo stadio di attuazione. Le due fasi
identificate
altro infatti non rappresentano se non le diverse tattiche attraverso le quali
attuare una
medesima
strategia di controllo del sistema, aggredito dall'esterno prima, occupato
dall'interno
dopo: la
prima come la seconda consumando diverse ma non meno perniciose forme di
violenza
nei
confronti delle istituzioni. Un ordine di concetti, questo, che è stato dal
Commissario Covatta
incisivamente
riassunto con il definire la Loggia P2 un complotto permanente - tale infatti
esso è,
poiché
rappresenta un modo sommerso di fare politica - che si sviluppa e si plasma in
funzione
dell'evoluzione
della situazione politica ufficiale.
Alla luce
di queste affermazioni appare allora spiegata l'ambivalenza del dato relativo
al Corriere
della Sera.
Quale che
fosse infatti la linea politica ufficiale mantenuta dal giornale, l'ingerenza
della Loggia P2
si
manifestava in un sottile tentativo di riallineamento dell'opinione pubblica,
che riporta alla
mente le
tecniche note della persuasione occulta. Valga d'esempio la serie di articoli
inquadrati
nell'occhiello
«Le cose che non vanno» pubblicati non firmati nel periodo precedente la
consultazione
elettorale del 1979. Scorrendone i titoli sembra di leggere altrettanti
capoversi del
piano di rinascita democratica1, dal quale mutuano l'allarmismo pessimista proprio di
tanti
documenti
della loggia, così lontano dalla critica costruttiva che al sistema rivolge chi
in esso
tuttavia si
riconosce.
Il
discorso svolto sul Corriere della Sera ci riporta, con evidente analogia
all'analisi precedentemente
condotta,
sull'informativa COMINFORM, per rilevare come in entrambi i casi abbiamo dovuto
esercitare
uno sforzo interpretativo che andasse al di là delle conclusioni di primo
approccio che i
dati
sembrano offrire. Questo ci sembra uno dei connotati essenziali dell'intera
vicenda della
1 Confronta:
«La giustizia umiliata»,
«Due decreti non cancellano le colpe dello
Stato», «La scuola rotta», «Bisogno di
pulizia», «Le piaghe della sanità», «La polizia liquefatta».
Loggia P2, storia quant'altra mai ricca di
ambivalenze e di dati di duplice significato; una storia
nella quale apparenza e sostanza dei fenomeni
si svelano legate da uno scambievole rapporto
di funzionale interdipendenza, una storia nella quale, come ha
efficacemente sottolineato il
Commissario
Mora, assieme ad elementi che avvalorano una tesi, emergono quasi sempre
circostanze
in grado di giustificare l'antitesi. Il rinvio continuo
tra quello che i dati ci sembrano
dire a prima vista e quello che in realtà in
essi si cela, nasconde la prima ragione delle fortune
di questo fenomeno, altrimenti non spiegabile
e cela l'insidia principale di un meccanismo che,
con sapiente regia, gioca sull'ambiguità,
offrendo chiavi di lettura sulle quali innestare, con
scontata previsione, inevitabili polemiche il
cui unico esito è quello di perdere il significato
profondo degli eventi.
Lo sforzo
dell'interprete è quindi di non cedere alla tentazione di affrettate
conclusioni: noi
sappiamo
infatti come interpretare questa ambiguità, perché sappiamo che essa rimonta
alle
scaturigini
stesse del personaggio Gelli, a quel suo rapporto con i Servizi segreti che
nasce
all'inizio
degli anni Cinquanta e si perpetua lungo l'arco di sei lustri, secondo una
logica di
continua
ma smentita compromissione reciproca.
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