L'azienda di Berlusconi, con i conti in rosso, vuole trasferire decine di dipendenti da Roma a Milano. Quasi tutte impiegate con famiglia, per il quale il trasferimento è molto difficile. Così hanno organizzato un sit-in davanti alla sede romana del Biscione. Perché, come dicono: "Dopo gli anni dei contratti alle Olgettine e alle 'solite' società di produzione, ora l'azienda scarica la crisi su di noi"
La sintesi folgorante della protesta è tutta in uno slogan, brandito proprio in faccia al simbolo del Biscione che campeggia davanti alla sede della Direzione Fiction di Roma. "Mamme licenziate, mignotte assunte", recita il cartello. Dietro, ci sono la rabbia e l'angoscia di una pattuglia quasi tutta al femminile, giovani donne e signore cinquantenni che dopo una carriera messa al servizio di un'azienda si trovano di colpo di fronte a un'alternativa: prendere o lasciare.
Prendere armi e bagagli e trasferirsi a Milano a partire dal primo marzo. Oppure rifiutare andando incontro al licenziamento sicuro. E' questo il dilemma apparecchiato da Mediaset per settantasette dipendenti delle sue sedi di Roma che il 21 dicembre scorso, sulla soglia delle vacanze natalizie, hanno ricevuto dalla Direzione Risorse Umane RTI una lettera dal contenuto lapidario: dopo la rottura delle trattative con i sindacati, sarete convocati a breve per conoscere tempi e modalità del vostro trasferimento.
Una doccia ghiacciata, per decine di impiegati inquadrati nelle funzioni di staff, in larghissima parte (circa l'ottanta per cento) donne e madri di famiglia.
L'ultimo atto di una vicenda cominciata circa un mese fa, il 21 novembre, con l'annuncio del maxi-trasferimento coatto e l'apertura del tavolo tra azienda sindacati. E proseguita nelle scorse settimane, sottotraccia, mentre sulle reti aziendali andava in scena il forcing di Silvio Berlusconi e il titolo Mediaset rimbalzava in Borsa.
Per tutti i dipendenti amministrativi coinvolti nel trasloco di massa, il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore televisivo parla chiaro: in base all'articolo 57 è possibile attuare un trasferimento collettivo di personale per "comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive". Di conseguenza chi si oppone va incontro al licenziamento per giustificato motivo.
Eppure loro, i colletti bianchi Mediaset sotto il Cupolone, gli impiegati dell'ufficio stampa, di quello legale, della tesoreria come dei settori acquisti e controllo di gestione, non ci stanno.
Si sentono vittime di una scelta imposta con urgenza, prendere o lasciare, con forte retrogusto di ricatto. Soprattutto, sono convinti che l'azienda stia cercando in realtà di tagliare in maniera "soft", riducendo il personale pur senza dichiarare ufficialmente lo stato di crisi. Per questo ieri, davanti alla sede della Direzione Fiction di Mediaset in via Aurelia Antica, hanno dato vita a un vero e proprio inedito nella storia del colosso berlusconiano: il sit-in di protesta, con tanto di volanti della polizia e dei carabinieri a sorvegliare e cartelli contro l'ex premier e l'azienda.
Una scena che si ripeterà anche oggi. "Dopo aver annunciato i trasferimenti un mese fa ?“ spiega angosciata una dipendente che chiede di restare anonima - l'azienda non ha mai voluto spiegare i presunti motivi organizzativi e le esigenze tecniche che stanno dietro a questa scelta. Non esiste un piano editoriale, vogliono solo spingere molte di noi - per la maggior parte donne con figli a carico - ad accettare la risoluzione del contratto vista l'impossibilità materiale di trasferirci a Milano".
"Non esistono licenziamenti mascherati - ribattono dall'Ufficio Comunicazione di Mediaset - la parola licenziamento non è mai stata pronunciata e speriamo di non doverla pronunciare mai. Questa è solo un'operazione che ci permetterà di ridurre degli sprechi, è normale che i servizi di amministrazione vengano concentrati nella sede generale di un gruppo".
E così, proprio nei giorni a cavallo tra Natale e Capodanno, è partita in gran sordina la consultazione individuale dei settantasette "prescelti", con sistematica consegna delle lettere di trasferimento. I capi dell'ufficio del personale RTI sono scesi a Roma, per ascoltare una ventina di dipendenti convocati via telefono nella sede di Via Aurelia Antica nei loro giorni di ferie. I colloqui, cominciati ieri mattina, termineranno solo oggi.
"Mi hanno solo detto che dopo il fallimento della trattativa, per colpa dei sindacati, chi accetta di spostarsi a Milano prenderà solo due mensilità d'incentivo invece delle quattro offerte in principio dall'azienda" - spiega sconsolato un dipendente all'uscita dalla sede romana. Loro, i sindacati, avevano chiesto a Mediaset che ai dipendenti fosse offerta una terza alternativa tra esodo incentivato e trasloco coatto: un anno di aspettativa retribuita al termine del quale decidere il da farsi. Su questo si è consumata la rottura.
Si sentono vittime di una scelta imposta con urgenza, prendere o lasciare, con forte retrogusto di ricatto. Soprattutto, sono convinti che l'azienda stia cercando in realtà di tagliare in maniera "soft", riducendo il personale pur senza dichiarare ufficialmente lo stato di crisi. Per questo ieri, davanti alla sede della Direzione Fiction di Mediaset in via Aurelia Antica, hanno dato vita a un vero e proprio inedito nella storia del colosso berlusconiano: il sit-in di protesta, con tanto di volanti della polizia e dei carabinieri a sorvegliare e cartelli contro l'ex premier e l'azienda.
Una scena che si ripeterà anche oggi. "Dopo aver annunciato i trasferimenti un mese fa ?“ spiega angosciata una dipendente che chiede di restare anonima - l'azienda non ha mai voluto spiegare i presunti motivi organizzativi e le esigenze tecniche che stanno dietro a questa scelta. Non esiste un piano editoriale, vogliono solo spingere molte di noi - per la maggior parte donne con figli a carico - ad accettare la risoluzione del contratto vista l'impossibilità materiale di trasferirci a Milano".
"Non esistono licenziamenti mascherati - ribattono dall'Ufficio Comunicazione di Mediaset - la parola licenziamento non è mai stata pronunciata e speriamo di non doverla pronunciare mai. Questa è solo un'operazione che ci permetterà di ridurre degli sprechi, è normale che i servizi di amministrazione vengano concentrati nella sede generale di un gruppo".
E così, proprio nei giorni a cavallo tra Natale e Capodanno, è partita in gran sordina la consultazione individuale dei settantasette "prescelti", con sistematica consegna delle lettere di trasferimento. I capi dell'ufficio del personale RTI sono scesi a Roma, per ascoltare una ventina di dipendenti convocati via telefono nella sede di Via Aurelia Antica nei loro giorni di ferie. I colloqui, cominciati ieri mattina, termineranno solo oggi.
"Mi hanno solo detto che dopo il fallimento della trattativa, per colpa dei sindacati, chi accetta di spostarsi a Milano prenderà solo due mensilità d'incentivo invece delle quattro offerte in principio dall'azienda" - spiega sconsolato un dipendente all'uscita dalla sede romana. Loro, i sindacati, avevano chiesto a Mediaset che ai dipendenti fosse offerta una terza alternativa tra esodo incentivato e trasloco coatto: un anno di aspettativa retribuita al termine del quale decidere il da farsi. Su questo si è consumata la rottura.
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