martedì 31 maggio 2022

Stop War!

 


L'ABBRACCIO DELLA MADRE AL FIGLIO CON IL CRANIO DEFORMATO DALLA GUERRA: L'IMMAGINE SIMBOLO DELL'ORRORE DI TUTTI I CONFLITTI


Lo squillo del telefono nel cuore della notte. Le parole confuse dell'addetto militare al telefono, 'danni cerebrali', 'non ce la farà', 'esplosione'. Nellie si sentì mancare. Suo figlio José rientrò dall'Iraq senza quasi metà del suo cervello. Un'esplosione lo aveva sbalzato fuori dal suo Humvee, i danni erano irreversibili.

In quella guerra sua madre non voleva mandarlo. Ma lui ci teneva, perché suo padre e suo nonno prima di lui furono Marines. Non partecipare al conflitto sarebbe stato un disonore.

Ed è proprio quello il problema: il fatto che ancora oggi partecipare ad una guerra dev'essere un onore. Sono sempre di più, in realtà, i militari che una volta tornati in patria diventano attivisti contro la guerra. Per essere precisi, contro tutte le guerre.

"Era come essere tutti pronti e ben vestiti senza alcuna destinazione precisa. Eravamo pronti a morire ma non avevamo motivo di farlo. Ma molti alla fine morirono davvero. Centinaia di miei commilitoni". Così parla Joe Glenton, veterano britannico della guerra in Afghanistan. E aggiunge: "Ad un certo punto capisci che quello che dovrebbe essere il tuo ruolo eroico nella storia del mondo è solo un'immensa bugia. Hai dunque una scelta. Puoi continuare a combattere conscio del fatto che non ne vale assolutamente la pena, o puoi resistere. E se scegli la seconda opzione avrai contro l'intero apparato militare che proverà a distruggerti".

Tenendo presenti le parole di Glenton, la foto del sergente José Pequeño provoca ancora più dolore, rabbia e frustrazione. Per quale motivo José è andato a combattere una guerra lontana? Perché è tornato a casa con poco più di metà del suo cranio? Chi ne ha tratto giovamento?

Sono domande che oggi ci poniamo troppo poco spesso. Anzi, avanzano movimenti dai sentimenti nazionalisti e spesso anche militaristi. Si esaltano personaggi dall'atteggiamento guerrafondaio. Si celebra la guerra, l'orrore più grande prodotto dall'essere umano.

La foto del post fa parte di un bel progetto del fotografo Eugene Richards chiamato 'War is Personal' che racconta di come la guerra abbia cambiato le vite di 15 famiglie statunitensi. Un racconto crudo ed ingiusto, ma che dimostra chiaramente chi patisce le conseguenze delle decisioni di capi senza scrupoli.


Cannibali e Re

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