mercoledì 2 marzo 2022

Tina Lagostena Bassi

 


“Nessuno degli avvocati direbbe nel caso di quattro rapinatori che con la violenza entrano in una gioielleria e portano via le gioie… «Vabbè, dite che però il gioielliere ha un passato poco chiaro… dite che il gioielliere in fondo ha ricettato… che specula, che guadagna, che evade le tasse!» Ecco, nessuno si sognerebbe di fare una difesa di questo genere, infangando la parte lesa soltanto… Allora io mi chiedo, perché se invece che quattro oggetti d'oro, l'oggetto del reato è una donna in carne ed ossa, perché ci si permette di fare un processo alla ragazza? E questa è una prassi costante: il processo alla donna, la vera imputata è la donna… Io non voglio parlare di Fiorella … Una donna ha il diritto di essere quello che vuole, e senza bisogno di difensori. E io non sono il difensore della donna Fiorella, io sono l'accusatore di un certo modo di fare processi per violenza, ed è una cosa diversa.”

Questa è la celebre arringa di Tina Lagostena Bassi nel processo per lo stupro di Fiorella, una giovane donna sequestrata e violentata da quattro uomini. Era il 1978 e l’anno successivo, per la prima volta in Italia, il processo fu trasmesso in televisione. E così tutti scoprirono quello che si era sempre saputo: che lo stupro è l’unico reato in cui sotto inchiesta ci finisce la vittima, prima dei colpevoli. 

Fiorella fu massacrata da domande morbose, umilianti e cattive, dirette unicamente a metterla in cattiva luce, mentre i colpevoli,  “bravi padri di famiglia”, furono condannati a un massimo di due anni, ma tutti beneficiarono della libertà condizionale. 

Nulla di nuovo, purtroppo.

Sono passati 14 anni dalla morte di Tina Lagostena Bassi, di cui oggi ricorre l’anniversario, e molti di più da quel primo drammatico processo per stupro.  Ma siamo sicuri che oggi, dentro e fuori le aule dei tribunali, si è smesso di dire, o di pensare: “se l’è cercata?”

La farfalla della gentilezza 

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