"Persi mio figlio quando non aveva compiuto nemmeno 3 anni: era il 3 ottobre 1992, in un incidente stradale. Io ero alla guida della mia Mercedes, fu decapitato dallo scoppio dell’airbag.
Il percorso per risollevarmi da quel dramma è stato lungo, complicato e forse mai definitivamente compiuto.
Se ho mai pensato a un altro figlio dopo la sua morte? Non ci sarebbe stato nulla e niente che avrebbe potuto sostituirlo, io e mia moglie Letizia ne eravamo convinti. E così presi una decisione. All’epoca non era neanche legale, però fui determinatissimo: non avrei voluto altri figli neanche per errore.
Così poco tempo dopo l’incidente mi ricoverai in una clinica a Ravenna, per sottopormi a un intervento di sterilizzazione.
Io e Letizia affrontammo lo stesso dolore in due modi differenti. Io l’ho convinta a "vivere la vita”.
Purtroppo convivo col dolore di non poter andare a piangere sulla bara di mio figlio: la salma fu trafugata dal cimitero.
Mi lasciarono la foto della bara sul parabrezza dell’auto in un giorno di nebbia, sembrò tutto così assurdo. Un mese con i carabinieri in casa, aspettando una telefonata. Vi fu solo silenzio.
Io penso che Raffaele ci sia, ogni giorno, il problema non è quel corpo che non è più al cimitero perché io ho fede.
Sono trascorsi tanti anni, ancora spero che un giorno qualcuno di quei rapitori, perché saranno stati almeno quattro per mettere a segno quella cosa orribile, dica cosa accadde”.
[Salvatore Bagni]
Fonte: gazzetta dello sport
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