giovedì 31 ottobre 2013

Finalmente le cose come stanno



Silvio Berlusconi

Al contrario dell’editoriale di Antonio Polito, sul Corriere di oggi, ricco di tanti luoghi comuni, cattiverie strumentali e anche di macroscopiche topiche (“Ago della bilancia è stata la senatrice Lanzillotta, che alla fine ha sostenuto il voto palese. Se al suo posto ci fosse stato un altro senatore eletto nella sua stessa lista, per esempio Casini, molto probabilmente avrebbe vinto la scelta opposta. Vuol dire che la libertà di formarsi un convincimento indipendentemente dal partito cui si appartiene è davvero condizione di libertà del Parlamento.“: già peccato che la Lanzillotta abbia esercitato la sua libertà proprio con il voto palese, altrimenti non lo avrebbe saputo neppure Polito), su La Stampa di questa mattina appare un editoriale che ha il coraggio di avere un pensiero finalmente non ipocrita, ben argomentato e ragionevole, a firma di Luigi La Spina. Eccolo.
UNA FORZATURA CHE SERVE A FARE CHIAREZZAdi Luigi La Spina
Mai, come in questo caso, la famosa battuta di Flaiano sull’Italia «patria del diritto e del rovescio» si può applicare alla perfezione e mai, come in questo caso, appaiono inutili, tanto sono strumentali, disquisizioni su leggi, regolamenti, procedure, prassi. Allora, è meglio evitare di inoltrarsi nel mare di ipocrisia che, in queste ore, cerca di giustificare o di condannare la decisione del voto palese sulla decadenza da senatore di Berlusconi con più o meno arzigogolate considerazioni giuridiche e affrontare la vera questione, quella dell’opportunità politica.
L’adozione del voto segreto, con il pretesto di salvaguardare la libertà di coscienza del parlamentare, tradisce un’ammissione di viltà da parte di coloro che rappresentano i cittadini alle Camere eoscura quella trasparenza della condotta pubblica che dovrebbe essere la regola prima di una democrazia. La libertà di coscienza non si può affermare senza la responsabilità dei propri atti, perché le due condizioni sono indissolubilmente connesse. Le procedure che prevedono voti segreti, in tutti i campi e non solo in quello politico, dovrebbero essere limitate a casi del tutto particolari, a meno che non si debba vivere in regimi dittatoriali.
Cambiare sistema, però, proprio adesso, proprio nei confronti di un Berlusconi accusato per due decenni di far approvare «leggi ad personam», solo per favorirlo, sia in campo giudiziario sia in quello economico, appare certamente una scelta che si presta alla facile accusa di persecuzione personale, una decisione, appunto, «contra personam».
Si tratta, perciò, di una forzatura indubbiamente intempestiva e con molte controindicazioni polemiche, ma che, negli attuali momenti della discussione pubblica in Italia, si potrebbe giudicare come una forzatura di chiarezza. Perché mira a scacciare l’arrivo di un altro di quei fantasmi che, da anni, si aggirano sulla nostra politica, personaggi tenebrosi che non permettono mai che si sciolgano eterni sospettisulle più importanti vicende del nostro Paese.
Tarli di complotti inesplicabili si insinuano sui giornali, in tv, nelle reti e nei corridoi parlamentari tra accuse senza prove e difese d’ufficio: chi, ad esempio, ha davvero deciso la caduta del governo Prodi e chi, nella folta compagnia di altri cento voti segreti, ha stroncato l’ascesa dello stesso Prodi al Quirinale? È troppo facile immaginare i fantasmi che avrebbero avvelenato la nostra Italia se, sotto quei catafalchi che proteggono da occhi indiscreti il verdetto dei senatori, fosse spuntato un risultato contrastante con le indicazioni ufficiali dei partiti. Si sarebbe gridato al «patto scellerato» che, pur di garantire la stabilità del governo, alcuni parlamentari del Pd avrebbero stipulato con il centrodestra, salvando Berlusconi dalla decadenza. Un’accusa che avrebbe fatto implodere un partito democratico già abbastanza fibrillante per conto suo. Oppure, un verdetto contro la sua permanenza in Senato più ampio del previsto avrebbe imputato ai «diversamente berlusconiani» l’onta del tradimento, pur di mantenere le poltrone ministeriali.
La stabilità del governo Letta può essere utile, sì, ma non può esserepagata al prezzo del sospetto, di un confuso intrigo di convenienze intrecciate, senza che i parlamentari abbiano il coraggio, meglio l’onestà intellettuale e morale, di prendere una posizione trasparente e responsabile di fronte all’opinione pubblica, sia sul caso Berlusconi, sia sulla permanenza dell’esecutivo. Sarebbe davvero auspicabile che quella libertà di coscienza che deputati e senatori invocano per ricorrere al voto segreto, la manifestassero, invece, nel voto palese, magari dissociandosi dalle indicazioni del loro partito. Così si ricorderebbero e ricorderebbero agli italiani quell’articolo 67 della nostra Carta costituzionale che li libera dal vincolo di mandato, poiché ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione.
I frutti delle «larghe intese» possono essere giudicati positivamente per contribuire all’uscita della Repubblica italiana dalla più grave crisi economica della sua storia, oppure possono essere valutati come insufficienti e iniqui, ma le conseguenze devono essere figlie dei fatti e non dei fantasmi.

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