VUOLE PROCESSARE RATZINGER PER I SILENZI DEL VATICANO
È chiamato in giudizio con l'accusa di aver coscientemente coperto,
quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede,
sacerdoti accusati di abusi sessuali effettuati su minori
giovedì 18 agosto 2005 , di L'Unità
di Roberto Monteforte / Roma
DAL GENNAIO 2005 esiste presso la Corte distrettuale di Harris County
(Texas) un procedimento a carico di Joseph Ratzinger. Insieme al
responsabile della diocesi di Galveston Houston, l'arcivescovo Joseph
Fiorenza, i sacerdoti Juan Carlos Patino Arango e William Pickand
figura anche il nome dell'attuale pontefice. È chiamato in giudizio
con l'accusa di aver coscientemente coperto, quando era prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede, sacerdoti accusati di abusi
sessuali effettuati su minori. A muovere l'accusa, documenti vaticani
alla mano, è l'agguerritissimo avvocato Daniel Shea, difensore di tre
vittime di molestie pedofilia con alle spalle studi di teologia che
ieri, non a caso in concomitanza con l'apertura della Giornata
Mondiale della Gioventù di Colonia, ha manifestato in piazza san
Pietro insieme ad esponenti del partito radicale contro le coperture
assicurate ai preti pedofili.
Tutto parte dal «Crimen Sollicitationis», un documento «strettamente
confidenziale» del Sant'Uffizio a firma del cardinale Ottaviani del
lontano 1962 che vincolava al segreto più assoluto, pena la scomunica
immediata, tutti coloro, comprese le «vittime», che fossero coinvolti
in procedimenti ecclesiastici riguardanti casi di pedofilia o molestie
sessuali compiuti da religiosi. Secondo l'avvocato Shea quell'antica
«istruzione» avrebbe avuto validità sino al 2001, così le gerarchie
ecclesiastiche e vaticane avrebbero finito per «coprire» e favorire
«deliberatamente» i «preti pedofili». La prova sarebbe in una nota
dell'epistola «De Delictis Gravioribus» del 18 maggio 2001, che Joseph
Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della
Fede, aveva fatto recapitare ai vescovi e agli altri ordinati e membri
della gerarchia ecclesiastica. A questa accusa le gerarchie vaticane
hanno risposto che le norme contenute nel documento del 1962 non hanno
più alcun valore vincolante dal momento in cui sono entrate in vigore
le disposizioni che nel 1983 hanno riformato il Codice di Diritto
Canonico, ma per Shea la lettera di Ratzinger non lascia spazio a
dubbi. Ora la Corte di Houston ha il potere di chiamare in giudizio
Joseph Ratzinger, ma l'attuale pontefice, avrebbe avanzato «richiesta
formale d'immunità al presidente degli Stati Uniti, che non ha ancora
reso nota la sua decisione in merito». Il presidente George W. Bush
può solo suggerire al tribunale di valutare questa opportunità. La
Corte potrebbe autonomamente riconoscerla.
Questo non fermerebbe l'avvocato Shea che ha assicurato di essere
pronto, pur di difendere gli interessi dei suoi assistiti, a ricorrere
sino alla Corte suprema contro questa decisione. In nome della
separazione tra Chiesa e Stato si dice pronto a chiedere la messa in
discussione del riconoscimento diplomatico da parte di Washigton della
Santa Sede come Stato sovrano.
di Roberto Monteforte / Roma
DAL GENNAIO 2005 esiste presso la Corte distrettuale di Harris County
(Texas) un procedimento a carico di Joseph Ratzinger. Insieme al
responsabile della diocesi di Galveston Houston, l'arcivescovo Joseph
Fiorenza, i sacerdoti Juan Carlos Patino Arango e William Pickand
figura anche il nome dell'attuale pontefice. È chiamato in giudizio
con l'accusa di aver coscientemente coperto, quando era prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede, sacerdoti accusati di abusi
sessuali effettuati su minori. A muovere l'accusa, documenti vaticani
alla mano, è l'agguerritissimo avvocato Daniel Shea, difensore di tre
vittime di molestie pedofilia con alle spalle studi di teologia che
ieri, non a caso in concomitanza con l'apertura della Giornata
Mondiale della Gioventù di Colonia, ha manifestato in piazza san
Pietro insieme ad esponenti del partito radicale contro le coperture
assicurate ai preti pedofili.
Tutto parte dal «Crimen Sollicitationis», un documento «strettamente
confidenziale» del Sant'Uffizio a firma del cardinale Ottaviani del
lontano 1962 che vincolava al segreto più assoluto, pena la scomunica
immediata, tutti coloro, comprese le «vittime», che fossero coinvolti
in procedimenti ecclesiastici riguardanti casi di pedofilia o molestie
sessuali compiuti da religiosi. Secondo l'avvocato Shea quell'antica
«istruzione» avrebbe avuto validità sino al 2001, così le gerarchie
ecclesiastiche e vaticane avrebbero finito per «coprire» e favorire
«deliberatamente» i «preti pedofili». La prova sarebbe in una nota
dell'epistola «De Delictis Gravioribus» del 18 maggio 2001, che Joseph
Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della
Fede, aveva fatto recapitare ai vescovi e agli altri ordinati e membri
della gerarchia ecclesiastica. A questa accusa le gerarchie vaticane
hanno risposto che le norme contenute nel documento del 1962 non hanno
più alcun valore vincolante dal momento in cui sono entrate in vigore
le disposizioni che nel 1983 hanno riformato il Codice di Diritto
Canonico, ma per Shea la lettera di Ratzinger non lascia spazio a
dubbi. Ora la Corte di Houston ha il potere di chiamare in giudizio
Joseph Ratzinger, ma l'attuale pontefice, avrebbe avanzato «richiesta
formale d'immunità al presidente degli Stati Uniti, che non ha ancora
reso nota la sua decisione in merito». Il presidente George W. Bush
può solo suggerire al tribunale di valutare questa opportunità. La
Corte potrebbe autonomamente riconoscerla.
Questo non fermerebbe l'avvocato Shea che ha assicurato di essere
pronto, pur di difendere gli interessi dei suoi assistiti, a ricorrere
sino alla Corte suprema contro questa decisione. In nome della
separazione tra Chiesa e Stato si dice pronto a chiedere la messa in
discussione del riconoscimento diplomatico da parte di Washigton della
Santa Sede come Stato sovrano.
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