martedì 4 dicembre 2012

(DA DESTRA estrema) Alain De Benoist - COMUNICATO & Ecco perché Chirac si ribella all'impero americano - da [Libeccio1]


Riceviamo e inoltriamo per alimentare il dibattito...
1) COMUNICATO
2) Ecco perché Chirac si ribella all'impero americano di Alain De Benoist
Sent: Sunday, April 06, 2003 4:28 PM
Subject: [Libeccio1] Comunicato di Alain de Benoist

1) COMUNICATOQuesto giovedì 20 marzo, alle 3 e 32 del mattino, il complesso militare-industriale americano del quale George W. Bush, risaputo sociopatico e debole di mente, è oggi il portavoce, ha ingaggiato unilateralmente contro la nazione e il popolo iracheni una guerra vigliacca quanto mostruosa, che nulla - all'infuori della sua volontà di dominare il mondo - potrebbe giustificare. Questa aggressione criminale ne annuncia altre. Sancisce ufficialmente la fine del diritto internazionale. Mette l'attuale governo americano al bando dell'umanità. A partire da questo giovedì 20 marzo, alle 3 e 32 del mattino, ogni azione di rappresaglia che prenda di mira nel mondo gli interessi americani compreso il personale militare, politico, diplomatico e amministrativo americano, ovunque questo si verifichi, quale che ne sia l'ampiezza o l'estensione, quali che siano i mezzi, quali che siano le circostanze, è d'ora innanzi legittima e necessaria.

Parigi, 20 marzo 2003
Alain de Benoist

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From: "Alberto" <savioal***@******>

Sent: Monday, February 17, 2003 9:10 PM
Subject: I: [volontari_verdi] Articolo di Alain DeBenoist


2) Ecco perché Chirac si ribella all'impero americano
di Alain De Benoist

L'Unione europea è spaccata. Mentre Berlusconi incontrava Bush, Chirac
meditava - come Schroder - il modo in cui Rumsfeld aveva stigmatizzato
Francia e Germania come tipiche rappresentanti della "vecchia Europa",
riassumendo ciò che da mesi appare sulla stampa americana: che Europa
(continentale) e Stati Uniti stanno divorziando.

Dal governo francese - e da quello tedesco - le parole di Rumsfeld
assumono questo significato: per il governo americano, alleanza è sinonimo di
sudditanza altrui. Già nel 1997, nella Grande scacchiera di Zbignew
Brzezinski (Longanesi), il politologo dell'era Carter indicava questo
cammino: trarre il massimo vantaggio dall'egemonia planetaria raggiunta
col crollo del blocco sovietico, perpetuando l'unipolarismo ed impedendo a
qualsiasi rivale d'affermarsi sul continente eurasiatico.

La politica di Chirac - come quella di Schroder - si spiega anche con
altre constatazioni. Gli Stati Uniti hanno fretta: dopo la seconda guerra
mondiale
rappresentavano metà della potenza industriale mondiale; oggi ne
rappresentano il 23 per cento; la loro parte nel commercio mondiale è del
17 per cento. Inoltre sono i più indebitati del globo: fra 1991 e 2002 il
deficit nella loro bilancia dei pagamenti è salito da ottanta a
quattrocentocinquanta miliardi di dollari. Come grandi rivali possibili
hanno la Cina, che ormai cresce ad un ritmo vertiginoso, e l'Europa, il
cui pil e la cui popolazione già superano quelli statunitensi.

Assunto il controllo degli idrocarburi dell'Asia centrale, all'epoca della
guerra in Afghanistan, appena avrà anche quello del petrolio iracheno,
Washington controllerà le risorse energetiche necessarie a una Cina che
dipenderà sempre più dalle importazioni nel prossimo ventennio.

La politica di Chirac - come quella di Schroder - diffida anche della
pressione americana per l'allargamento dell'Europa, prima a Paesi dell'Est
più atlantici che autenticamente europei, poi a una Turchia che ha già un
ruolo - chiave nel dispositivo americano nel vicino Oriente, consapevole
che più l'Europa istituzionale si allarga, senza avere i mezzi per una vera
politica comune, più sarà paralizzata e impotente. I Paesi dell'Est, di
cui il vertice di Copenaghen ha prenotato l'adesione all'Unione europea, sono
del resto già più rassegnati all'egemonia americana (s'è visto con la
decisione della Polonia di adottare gli F - 16 per l'aviazione) che tesi
alla costruzione di un'Europa che affermerebbe sulla scena internazionale
un'identità politica singolare e una potenza autonoma, connessa a un vero
progetto di civiltà.

Anche più di Berlino, Parigi giudica la politica internazionale degli
Stati Uniti un affare commerciale, militare, religioso e morale insieme: una
concezione coerente col messianismo nazionale che i Padri fondatori
traevano dalla dottrina della predestinazione. L'America avrebbe la "missione" di
convertire il mondo al suo modello particolare; tale "elezione" darebbe
loro il diritto di guidare il pianeta, denunciando i refrattari come
incarnazioni del "Male". Per Chirac, la novità affermatasi sotto Bush jr. è la sua
adesione a un modello totalmente egemonico, non più fondato su
collaborazione multilaterale e condivisione della sovranità, ma sul non
rispetto del diritto internazionale né di un sistema equilibrato di
partner.
Altra novità è il ritorno alla dottrina della guerra preventiva, invocata
dal Giappone per attaccare Pearl Harbor nel 1941. Una schiacciante forza
militare s'aggiunge a quella commerciale d'un capitalismo finanziario
globalizzato.

Ma questa superiorità non deriva solo da potenza materiale. A differenza
dei Paesi europei, gli Stati Uniti sanno infatti pensare il mondo:
globalmente, in funzione della loro singolarità storica e dei loro interessi
permanenti; praticamente, in simbiosi con gli strumenti di potere. L'elezione di
George W. Bush ha significato l'arrivo o il ritorno al potere dei "falchi"
Wolfowitz, Rumsfeld, Cheney, Pearl, ecc., sostenuti da intellettuali come
Kagan, Krauthammer, e Kristol, che riprendono il vecchio sogno americano
in un'ottica che Chirac giudica fondata sull'egemonismo militare e
sull'unilateralismo sfrontato. Ovvero, tutto il discorso di Washington
consiste oggi nella "lotta al terrorismo" come una volta consisteva nella
"difesa del mondo libero": per creare un "Noi" composto di alleati ridotti
a vassalli. Bin Laden serve oggettivamente questa strategia, offrendo alla
"crociata" americana, contro i refrattari alla democrazia di mercato, il
modello simmetrico inverso alla guerra santa contro gli infedeli.

Già nel 1999 William Pfaff scriveva sul New York Times che "nei rapporti
tra Stati Uniti ed Europa continentale, si profila un cambiamento latore di
conflitti", derivante da una "dinamica storica che supera i governi". Una
delle fonti dell'antagonismo, aggiungeva, sta nella deregulation
dell'economia globale, che fa risaltare interessi economici e industriali
inconciliabili fra l'Europa e gli Stati Uniti. "Anche se la maggior parte
degli Europei rifiuta lo scontro con gli Stati Uniti - continuava Pfaff -
glielo imporranno rivalità su questioni industriali e strategiche vitali
per la loro indipendenza".
>> Potete Ri-diffonderlo / ri-pubblicarlo indicando in calce la
dicitura >>
< TRATTO DA PoesiAzionArte, Newsletter ufficiale del Movimento Giovani Poeti d'Azione - www.poetidazione.it >


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