martedì 4 dicembre 2012

(DA SINISTRA - estrema) Noam Chomsky - L'Iraq è un giro di prova da <[SUBLIMEN]>


Riceviamo e inoltriamo per alimentare il dibattito...
Sent: Thursday, April 10, 2003 11:52 AM
Subject: <[SUBLIMEN]> << L'Iraq è un giro di prova >>

L'Iraq è un giro di prova

Intervista a Noam Chomsky

Frontline 2 aprile 2003, traduzione a cura di Andrea Calabrese


Noam Chomsky, professore universitario al Massachussetts Institute of
Technology, fondatore della moderna scienza linguistica e attivista
politico, rappresenta una figura importante dell’attivismo
anti-imperialistico statunitense.
Il 21 marzo, giornata cruciale per le proteste politiche provenienti anche
dal mondo accademico verso l’attacco all’Iraq.


Domanda – Secondo lei la presente aggressione all’Iraq è la continuazione
della politica estera americana degli ultimi anni, oppure ne rappresenta una
variante qualitativa?
R: Chomsky – Rappresenta una nuova e significativa fase. Non è senza
precedenti, ma nondimeno ha un valore assai significativo. Dovrebbe essere
raffigurato come una sorta di giro di prova. L’Iraq, infatti, è visto come
obiettivo estremamente facile e totalmente senza difese. Si ritiene, non a
torto, che le sue strutture sociali si sgretoleranno, che i soldati vi
penetreranno facilmente, consegnandone il controllo agli USA, i quali
potranno scegliere il futuro regime, piazzando nel contempo basi militari.
Dopo l’Iraq, saranno affrontati casi più difficili; potrebbe essere la
regione andina in Sud America, o l’Iran, oppure altri.
Il giro di prova serve a stabilire ciò che gli USA definiscono “la nuova
norma” delle relazioni internazionali. La nuova norma si chiama “guerra
preventiva” (da notare che le nuove norme sono stabilite solo dagli USA).
Così, per esempio, quando l’India ha invaso il Pakistan orientale compiendo
orrendi massacri, non si è stabilita una nuova norma per gli interventi
umanitari, perché l’India è il paese sbagliato, e, oltretutto, gli USA si
sono opposti strenuamente a questo tipo di azione.

C’è differenza fra guerra preventiva e guerra prioritaria. Quella attuale
non è prioritaria: c’è una grande differenza. Guerra prioritaria significa
che se ad esempio una flotta aerea sta attraversando l’Atlantico per
bombardare gli Stati Uniti, gli USA possono colpirli prima che sgancino le
bombe, e possono attaccare le basi aeree da cui la flotta proviene. La
guerra prioritaria è una risposta ad un attacco imminente.
La dottrina della guerra preventiva è totalmente differente; presume che gli
USA – da soli, senza dividere questo diritto con nessun altro, hanno il
diritto di attaccare qualunque paese che essi ritengano essere un potenziale
pericolo. Così se gli USA ritengono che qualunque nazione in qualunque zona
del mondo possa costituire per loro una minaccia, possono attaccarla.

Questa dottrina è stata annunciata esplicitamente nel National Strategy
Report dello scorso Settembre, facendo rabbrividire tutto il mondo, incluso
l’establishment americano, nel quale l’opposizione alla guerra direi che è
attecchita in percentuale insolitamente alta. In effetti, il National
Strategy Report afferma che gli USA governeranno il mondo con la forza, che
è la dimensione – l’unica dimensione – di tale supremazia. Ancora, sarà così
per un indefinito futuro, perché qualunque potenziale sfida al dominio
statunitense sarà eliminata prima ancora di diventare una sfida.

Questo è il primo punto di questa dottrina. Procedendo su questi binari,
come presumibilmente avverrà, considerata la debolezza dell’avversario
iracheno, in seguito intellettuali, esperti di diritto internazionale e
pensatori occidentali inizieranno a parlare di nuovi termini nei rapporti
internazionali. E’ importante stabilire una tale norma se ci si propone di
governare il mondo con la forza per il prossimo futuro. Tutto ciò non è
senza precedenti, ma è estremamente insolito. Menziono un precedente, solo
per mostrare la ristrettezza dello spettro. Nel 1963 Dean Acheson, statista
e consigliere dell’amministrazione Kennedy, ebbe un’importante conversazione
alla Società Americana per il Diritto Internazionale, nella quale giustificò
l’attacco americano nei confronti di Cuba. Si trattava di un attacco su
vasta scala di tipo terroristico ed economico. Ciò avvenne subito dopo la
crisi dei missili, quando il mondo arrivò molto vicino ad un olocausto
nucleare. Nella sua conversazione, Acheson affermò più o meno che “non ci
sono affatto problemi legali quando gli Stati Uniti rispondono a sfide alle
proprie posizioni, prestigio o autorità”.

E questo è un punto di forza anche della dottrina-Bush. Anche se Acheson è
stato un politico importante, ciò che ha affermato nella circostanza ora
menzionata non è stato mai detto ufficialmente da nessun politico americano
del dopoguerra. Adesso invece si situa come posizione politica ufficiale, e
appare per la prima volta in questa veste, come base per il futuro. Tali
“norme” sono stabilite solo quando un potere occidentale fa qualcosa, non
gli altri. Ciò fa parte del profondo razzismo della cultura occidentale,
derivante da secoli di imperialismo, talmente profondo da risultare
inconscio. Così ritengo che questa guerra costituisca un importante passo
avanti in questa direzione, ed è questa è la funzione che deve assumere.


D: Si tratta anche di una nuova fase nella quale gli USA non sono stati in
grado di portare gli altri dalla loro parte?
R: Chomsky – Non è nuovo. Nel caso della guerra del Vietnam, per esempio,
gli Stati Uniti non hanno ricercato affatto l’appoggio internazionale.
Nondimeno, si tratta proprio di qualcosa di insolito. Questo è un caso in
cui gli USA sono stati costretti per ragioni politiche a tentare una
forzatura nei confronti del resto del mondo per far accettare la propria
posizione, la qual cosa non è riuscita, ed è questo lo strano. Di solito, il
resto del mondo soccombe.


D: Allora potremmo dire che si tratta di un fallimento della diplomazia? O
che siamo di fronte alla necessità di una ridefinizione del concetto stesso
di diplomazia?
R: Chomsky – Non la chiamerei diplomazia; si tratta si fallimento della
coercizione. Paragoniamo la situazione a quella della prima guerra del
Golfo. Nel 1991, gli USA hanno praticamente costretto il Consiglio di
Sicurezza dell’ONU ad accettare le proprie posizioni, nonostante il parere
opposto della maggior parte del mondo. La NATO procedette, e l’unico paese
del Consiglio di Sicurezza che non era d’accordo, lo Yemen, venne
immediatamente e severamente punito. In qualunque sistema legale serio, i
giudici corrotti sono considerati invalidi, ma negli affari internazionali
condotti attraverso il potere, i giudici corrotti sono abili. E questo è ciò
che essi chiamano diplomazia.

Ciò che trovo interessante in questo caso è che la coercizione non ha
funzionato. Vi sono paesi i quali hanno caparbiamente confermato l’opinione
della stragrande maggioranza della loro popolazione. Il caso più drammatico
lo troviamo in Turchia, paese molto vulnerabile, vulnerabile soprattutto in
relazione a punizioni americane. Nonostante ciò, il suo nuovo governo, io
credo fra la sorpresa generale, ha mantenuto la posizione del 90% della sua
popolazione. Ciò ha causato un’aspra condanna della Turchia, così come sono
stati condannati Francia e Germania per gli stessi motivi. I paesi che sono
stati elogiati sono stati Spagna e Italia, i cui leaders hanno preso ordini
da Washington contro l’opinione di una percentuale forse del 90% della
popolazione.

Questo è un altro passo in avanti. Non riesco a individuare altri casi di un
tale dispregio per i valori della democrazia, così apertamente proclamato,
non solo dal governo, ma anche da commentatori liberali e altri ancora. Vi è
adesso una vasta letteratura che sta cercando di far passare Francia,
Germania (la “Vecchia Europa”) più la stessa Turchia per sabotatori degli
USA. E’ inconcepibile per i sapientoni che tali paesi si stiano comportando
così solo perché prendono la democrazia seriamente e perché tengono conto
delle opinioni della maggioranza del popolo.

Se l’atteggiamento americano manifesta un reale disprezzo della democrazia,
ciò che è avvenuto all’ONU manifesta totale disprezzo per il sistema
internazionale. Infatti vi sono ora appelli – dal Wall Street Journal, da
politici e altri – per sciogliere le Nazioni Unite. La paura degli USA in
tutto il mondo è straordinaria. E’ così estrema che viene discussa
quotidianamente su tutti i media. La storia di copertina dell’ultimo numero
di Newsweek riguardo proprio la domanda sul perché il mondo tema così tanto
gli USA. Lo stesso il Post di qualche settimana fa. Naturalmente l’errore è
degli altri, del mondo: c’è qualcosa che non va in loro, non in noi.


D: L’idea che l’Iraq rappresenti una minaccia per il presente è, in
sostanza, senza alcun fondamento.
R: Chomsky - Nessuno fa caso a quest'accusa, eccetto il popolo americano, e
questo è interessante. Negli ultimi mesi vi è stato il compimento di una
propaganda governo-mediatica, molto visibile nei sondaggi. I sondaggi
internazionali mostrano che il supporto alla guerra è più alto negli USA che
negli altri paesi. C’è però un piccolo inganno, perché se si guarda più
attentamente, si noterà che gli Stai Uniti sono diversi dal resto del mondo
per un altro fattore. Dal Settembre 2002 gli USA sono il solo paese al mondo
in cui il 60% della popolazione ritiene che l’Iraq costituisce una minaccia
imminente, contrariamente a quanto pensano ad esempio in Kuwait o in Iran,
paesi limitrofi. In più, circa il 50% della popolazione ora ritiene l’Iraq
responsabile per l’attacco alle Torri Gemelle. Questo a partire da Settembre
2002. Ma subito dopo l’attacco, a Settembre 2002, la percentuale era solo
del 3%. La propaganda mediatico-governativa ha portato la percentuale dal 3
al 50% in un anno, e adesso la gente pensa di essere in buona fede a
ritenere l’Iraq responsabile dell’attentato.

Settembre 2002 rappresenta l’inizio di questa offensiva propagandistica, e
coincide con l’inizio della campagna elettorale per le elezioni di medio
termine, L’amministrazione Bush avrebbe fallito se non avesse avuto dalla
sua le parti sociali ed economiche. Il progetto è stato quello di ammutolire
queste parti facendole convergere sul piano della sicurezza nazionale, in
maniera che tutti si potessero sentire protetti dall’ombrello del potere.
Questo è esattamente uguale a quanto avvenuto negli anno ’80, con le
presidenze Reagan e Bush senior. Queste amministrazioni hanno trasferito all
’estero la politica interna, cara alla gente. E come è stata effettuata la
mistificazione? Convincendo tutti che esisteva un Esercito del Nicaragua
pronto ad invadere il Texas e a conquistare gli Stati Uniti, e che dalla
base aerea di Granada i Russi avrebbero bombardato l’America. Una
ridicolaggine dietro l’altra, anno dopo anno. Se qualcuno avesse visto la
scena da Marte, non avrebbe saputo se piangere o ridere.
Ora stanno facendo la stessa cosa, e probabilmente ne faranno di simili alla
prossima campagna per le presidenziali. Avranno un nuovo dragone da
sconfiggere, e se le amministrazioni future lasceranno prevalere la politica
interna, si troveranno nei guai.


D: Lei ha scritto che questa guerra di aggressione ha pericolose conseguenze
rispetto al terrorismo internazionale e alla minaccia di guerra nucleare.
R: Chomsky - Non posso certo invocare l’originalità per questa opinione.
Cito solo fonti della CIA e altre Intelligence, oltre a specialisti in
politica internazionale e terrorismo. Le riviste Foreign Affairs, Foreign
Policy, gli studi dell’Accademia Americana delle Arti e delle Scienze e l’
Alta Commissione Hart-Rudman per le minacce terroristiche agli Stati Uniti d
’America vanno tutti in questa direzione. CI sarà un incremento del
terrorismo, questo è fuori dubbio. E la ragione è semplice: in parte per
vendetta, ma in parte per autodifesa. Non vi è altro modo per proteggersi da
un attacco americano. D’altronde, gli Stati Uniti hanno fatto il punto della
situazione in maniera molto chiara, e stanno dando al resto del mondo una
lezione assai pericolosa.

Confrontiamo Iraq e Corea del Nord: l’Iraq è debole e senza difese, è il più
debole paese della regione. Nonostante sia governato da un terribile mostro,
non ha minacciato nessun paese limitrofo. La Corea del Nord, d’altra parte,
ha fatto più d’una minaccia, ma non è stata attaccata per un motivo molto
semplice; ha un deterrente. Possiede artiglieria armata contro Seul, e se
gli USA attaccano, potrebbe distruggere in un batter d’occhio gran parte
della Corea del Sud.
Così, è come se gli Stati Uniti stessero dicendo al mondo: “se siete deboli
e senza difese, vi possiamo attaccare quando vogliamo; ma se avete un
deterrente, non faremo nulla, perché noi attacchiamo solo i deboli”. In
altre parole, non si attaccano paesi sviluppati dotati di armi di
distruzione di massa o altri credibili deterrenti; solo i deboli, che
diventano così oggetto di guerra preventiva. Solo per questa ragione, questa
guerra porterà alla proliferazione sia del terrorismo che delle armi di
distruzione di massa.


D: Come ritiene che gli Stati Uniti condurranno le conseguenze umane ed
umanitarie della guerra?
R: Chomsky – Nessuno lo sa. Le agenzie umanitarie e i gruppi medici che
lavorano in Iraq hanno rilevato che le conseguenze potranno essere molto
dure. Ognuno spera di no, ma potrebbe riguardare milioni di persone. Vi è
già da prima della guerra una catastrofe umanitaria. Da stime per difetto,
dieci anni di sanzioni hanno ucciso centinaia di migliaia di persone. Se vi
fosse una giustizia, gli USA dovrebbero pagare i danni causati solo dalle
sanzioni. La situazione è analoga all’Afghanistan. Era ovvio che gli USA non
si sarebbero preoccupati delle conseguenze.
In Iraq gli Stai Uniti faranno uno show sulla ricostruzione, e piazzeranno
un regime che chiameranno democratico, il che significa prendere ordini da
Washington. Poi ci si dimenticherà quanto è successo lì, e si andrà al
prossimo obiettivo.


D: Come si sono comportati i media in questa circostanza, in base alla loro
reputazione “propagandistica”?
R: Chomsky – Tifando per la squadra di casa. Guardi la CNN: disgustosa, ed è
la stessa cosa ovunque: i media sono adoratori del potere.
Più interessante è esaminare cosa è accaduto nella fase preparatoria alla
guerra. Il fatto che la propaganda mediatico-governativa sia stata in grado
di convincere la gente che l’Iraq rappresenti un’immediata minaccia, e che
sia da ritenere responsabile dell’attentato dell’11 settembre è uno
spettacolare inganno, realizzato in circa quattro mesi. Se chiediamo questo
ai media, ci sentiremo rispondere: “ma noi non abbiamo mai detto nulla di
simile”, ed è vero, non l’hanno mai fatto. Non c’è mai stata una
dichiarazione, un’asserzione sul genere “L’Iraq è pronta ad invadere gli
Stati Uniti”, o “L’Iraq ha coordinato l’attacco alle Torri Gemelle”. Nessuno
l’ha detto: l’hanno solo insinuato, suggerimento dopo suggerimento, finché
hanno portato la gente a crederci davvero. E’ un sistema infallibile.

D: Nonostante ciò, nonostante la propaganda, c’è stata resistenza.
Nonostante la denigrazione dell’ONU, non hanno vinto.
R: Chomsky – Non si sa mai. Le Nazioni Unite si trovano in una posizione
assai rischiosa. Gli Stati Uniti stanno agendo per smantellare l’ONU. Non mi
aspetto che ciò avvenga, ma quantomeno tutto questo ne diminuirà molto la
forza, perché quando l’ONU non esegue gli ordini, a che serve?

D: Noam, lei ha visto movimenti di resistenza all’imperialismo per un lungo
periodo, dal Vietnam, all’America Centrale, alla prima guerra del Golfo.
Quali sono le sue impressioni sul carattere, profondità e raggio d’azione
della presente resistenza all’aggressione americana? Ci rincuora molto,
infatti, la straordinaria mobilitazione avvenuta in tutto il mondo.
R: Chomsky – E’ giusto; non c’è nulla di simile a questa opposizione, enorme
e senza precedenti. Accade anche all’interno degli Stati Uniti, ieri per
esempio a Boston c’è stata una dimostrazione importante. Vi ho partecipato
anch’io, ed era dal 1965 che non partecipavo ad una dimostrazione, dai tempi
dell’inizio del bombardamento in Vietnam. Ma ci sono differenze con quanto
sta avvenendo oggi.

La situazione odierna è la seguente: vi è un solo modo di combattere una
guerra. Prima di tutto, scegliere un nemico debole, quindi costruirci su un
sistema propagandistico che convinca la gente dell’imminenza di una
minaccia. Infine, conseguire una luminosa vittoria. Un importante documento
dell’amministrazione di Bush senior datato 1989 insegna come combattere una
guerra: gli USA devono scegliere nemici deboli, la vittoria deve essere
rapida e decisiva, così da eliminare ogni forma di protesta. Non avviene più
come negli anni ’60, in cui una guerra poteva durare anni senza alcuna
opposizione.
Tuttavia, l’attivismo degli anni ’60 e seguenti ha semplicemente reso gran
parte del mondo, inclusi gli USA, molto più civilizzati.

(per la traduzione di ringrazia Andrea Calabrese)
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