sabato 22 dicembre 2012

Bigelow torna a guerra tra polemiche



Il film 'Zero Dark Thirty' arriva in Italia il 7 febbraio



Zero Dark Thirty' , titolo del film di Kathryn Bigelow, nelle sale dal 7 febbraio distribuito da Universal, è un'espressione che deriva dal linguaggio militare e che significa 'levataccia'. Quell'ora, che va da mezzanotte alle quattro di mattina, in cui si compiono le azioni militari ad alto rischio, proprio come quella che vide l'uccisione di Bin Laden, tema del film della regista premio Oscar su cui sono piovute mille polemiche. L'ultima, in ordine temporale, è quella di ieri con tre senatori senatori americani, Dianne Feinstein, Carl Levin e John McCain che hanno inviato una lettera all'amministratore delegato di Sony Pictures Entertainment, Michael Lynton, nella quale sostengono che il film è una versione romanzata del blitz del leader di al Qaida, con errori grossolani e particolari inesatti. La critica bipartisan (Feinstein e Levin sono democratici, mentre McCain è repubblicano) punta soprattutto il dito sul fatto che il film "ha il potenziale di plasmare l'opinione pubblica americana in un modo inquietante e fuorviante". Al centro delle polemiche ci sono le scene sulle torture dei prigionieri da parte della Cia e dei militari, usate per scoprire il nascondiglio di Bin Laden, e in particolare l'uso del 'waterboarding', che consiste in una specie di annegamento controllato. Una scena, quest'ultima, davvero forte in un film, che a differenza dello stile 'made in Usa', inclina poco alla retorica e vira verso il documentario. Ma già il sei gennaio di quest'anno, prima ancora dell'inizio riprese del film, era scoppiata una polemica non da poco. Ovvero se la Casa Bianca avesse fatto filtrare a Hollywood informazioni 'Top Secret' sulla morte di Osama Bin Laden e sul relativo raid dei Navy Seal. Da qui un'inchiesta del Pentagono e in tempi di campagna elettorale per le presidenziali del 2012. In quel caso il repubblicano Peter King, che ha sollevato ufficialmente la domanda a Pentagono e Cia, sostenne che una fuga di informazioni sul raid di Abbottabad del primo maggio avrebbe potuto mettere in pericolo future operazioni dello stesso tipo. E aveva anche accusato la Casa Bianca di voler preparare un maxi-spot elettorale per la rielezione del presidente Barack Obama (che, tra l'altro, nel film della Bigelow forse non a caso, si vede in tv in un discorso contro la tortura).

(ANSA)

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