Il Ministero della Salute ha rilevato che si ricorre ancora all’elettroshock per la cura della depressione grave e in certi casi di psicosi. Tra il 2008 e il 2010, 1.406 italiani sono stati trattati con la terapia elettroconvulsivante, è quanto si è appreso attraverso le “schede di dismissione ospedaliera (Sdo) relative a circa 90 strutture sanitarie”: 521 pazienti nel 2008, 480 nel 2009, 405 nel 2010. Su 1406 persone: 821 sono donne e 585 uomini. E considerando la fascia di età i dati sono i seguenti: da 0 sino ai 39 anni nel 2008 sono stati sottoposti all’elettroshock 127 persone, nel 2009 ben 109 persone e 110 nel 2010. Per la fascia d’età dai 40 ai 74 anni: 373 nel 2008, 332 nel 2009, 268 nel 2010; sopra ai 75 anni: 21 nel 2008, 39 nel 2009, 27 nel 2010.
Al paziente vengono applicati due elettrodi sulla testa, non più sulle tempie onde evitare di interferire in quella parte di cervello tanto importante per l’apprendimento e la memoria. Mediante gli elettrodi il cervello è attraversato dalla corrente elettrica che genera le convulsioni monitorate dall’elettroencefalogramma. L’apparecchiatura in dotazione attualmente produce una corrente costante, non era così nel passato. LaTEC ha una pessima reputazione: fu sperimentato prima sugli animali, fino a cuocerli, introducendo elettrodi persino nell’ano, poi sull’uomo con esiti spesso devastanti, se ne abusò e furono trattate le difficoltà di alcune persone -difficoltà o presunte tali - senza consenso del diretto interessato. Indubbio che il protocollo attuale è figlio di bestialità: la durata dello shock è stata determinata a partire dagli esiti di chi lo subiva, correggendo il tiro di volta in volta e in ogni clinica che lo introdusse a partire dagli anni trenta.
Nessun commento:
Posta un commento