giovedì 10 maggio 2012

Due disoccupati e un imprenditore si ammazzano nel giro di 24 ore

A Roma, la fiaccolata in memoria dei suicidi per debiti

Nel Salernitano e nel Milanese.
Cgia di Mestre: più colpita l'area del Nord Est. Fiaccolata a Roma

ROSARIA TALARICO
roma
Per pagare e morire c’è sempre tempo. Il disincanto di questo proverbio sembra aver lasciato il posto a una cupa disperazione, così definitiva da considerare la morte unica via d’uscita per chi si sente strozzato dai debiti. Che sia colpa delle banche o delle tasse o dei fornitori che non pagano, alla fine ha poca importanza. Lo stillicidio di imprenditori e contribuenti che si suicidano per motivi economici sembra inarrestabile.

Gli ultimi tre casi sono di ieri: un imprenditore, Luigi Fenzi, titolare di un’azienda in crisi si è impiccato a Cesate, provincia di Milano. A trovare il cadavere nei boschi del parco delle Groane sono stati dei passanti che hanno allertato i carabinieri. L’uomo ha lasciato un biglietto in cui ha motivato il suo gesto con la difficoltà a pagare i debiti.

A Salerno gli altri due casi: un disoccupato si è sparato al petto ed è morto sul colpo. Un custode che due anni fa aveva perso il lavoro, Generoso Armenante, di 63 anni, si è invece impiccato dopo avere appreso che avrebbe dovuto lasciare l’alloggio di servizio. È stata la figlia a trovarlo ormai già senza vita. La ragazza ha abbracciato il padre piangendo, poi ha avvertito la polizia. «Perdonatemi sono un fallito. Non ce l’ho fatta più per questo motivo ho deciso di sparire per sempre», è scritto nel biglietto d’addio indirizzato ai familiari.

Stessa sorte per un agente immobiliare impiccatosi due giorni fa in un parco del centro di Vicenza. Mentre un imprenditore di Lecco, pieno di debiti e cartelle esattoriali, ha tentato il suicidio ma è stato salvato dalla figlia quindicenne. Togliersi la vita impiccandosi: un messaggio silenzioso per chi sente già di avere una corda al collo, fatta di debiti e accesso al credito negato dalle banche. Un abisso spesso reso ancora più profondo dall’indifferenza.

Dall’inizio dell’anno sono 36 gli imprenditori italiani che hanno deciso di farla finita. E ben 12 di questi (oltre il 35%) avevano un'attività in Veneto, fa notare la Cgia di Mestre. Una macabra contabilità che sui giornali rischia di seminare indifferenza rispetto a un fenomeno drammatico.

Nel 2010 la curva delle statistiche indicava 5,1 suicidi su 100 mila abitanti, oggi siamo arrivati a 7. Proprio in Veneto la crisi, da quando è cominciata nel 2009, ha mietuto almeno 37 vittime tra piccoli titolari d'azienda, che non hanno visto altra via d'uscita dai guai finanziari se non porre fine alla propria vita. I dati della Cgia mostrano che tra il 2008 ed il 2010 i suicidi per motivi economici sono aumentati del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio sono cresciuti del 20%.

Intanto ieri i legali della famiglia di Pietro Paganelli, il 72 enne artigiano che il 5 maggio ha tentato il suicidio perché oppresso dai debiti con il fisco, hanno eseguito l’accesso agli atti nei confronti di Equitalia. Secondo l’avvocato Angelo Pisani, ai danni di Paganelli, in stato di coma irreversibile dopo essersi sparato un colpo alla tempia, sarebbero stati commessi errori dalla società di riscossione.


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