E’ quanto emerge dai dati, resi noti oggi, dall’Osservatorio crisi di
impresa del Cerved. Da gennaio a marzo di quest’anno le procedure
fallimentari sono aumentate del 4,2% rispetto allo stesso periodo dello
scorso anno. Male l’edilizia (+8,4% fallimenti sul primo trimestre 2011)
e il terziario (+4,1%).
Non si ferma la corsa dei fallimenti in Italia. Nel primo trimestre
del 2012 in Italia sono state aperte oltre 3.000 procedure fallimentari,
il 4,2% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E’
quanto emerge dai dati diffusi oggi dall’Osservatorio crisi di impresa
di Cerved Group, leader in Italia nell’analisi delle imprese e nello
sviluppo di modelli di valutazione del rischio di credito.
I numeri messi in luce dalla rilevazione segnalano ancora una volta il disagio del tessuto produttivo italiano e sono resi ancor più pesanti dai tempi elefantiaci della giustizia. Secondo il Cerved, infatti, le aziende che portano i libri in tribunale devono attendere molti anni prima di vedere chiuse le procedure.
“Il 17,3% dei fallimenti chiusi nel 2011 fa riferimento ad aziende che hanno portato i libri in tribunale prima del 1996 e il 36,4% a imprese che lo avevano fatto precedentemente al 2001 - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group -. La riforma della disciplina fallimentare doveva ridurre il carico di lavoro dei tribunali, escludendo le microimprese dall`ambito di applicazione della legge. L`ondata di nuovi fallimenti aperti a seguito della crisi ne ha però neutralizzato gli effetti: in media, i creditori devono aspettare per la ripartizione dell'attivo circa nove anni dalla dichiarazione del fallimento".
L’articolazione dei dati a livello territoriale penalizza il Sud. In Sicilia infatti i tempi di attesa per la chiusura di una procedura fallimentare arrivano anche a 12 anni mentre la Regione in cui la giustizia è più efficiente è il Trentino Alto Adige dove servono ‘solo’ 5,7 anni.
Secondo il Cerved, si tratta di “un considerevole costo occulto per il sistema delle Pmi, che peraltro si accompagna a percentuali di recupero dei crediti incagliati in imprese fallite molto basse: solo il 14% del totale del passivo, al lordo delle spese di procedura”.
Dal punto di vista settoriale continua a ritmi intensi l'aumento dei fallimenti nell'edilizia (+8,4% rispetto ai primi tre mesi del 2011) e nel terziario (+4,1%) che risente degli incrementi osservati nella filiera informazione, della comunicazione e dell'intrattenimento, nella logistica-trasporti e tra le società immobiliari.
Anche a livello territoriale, i primi tre mesi del 2012 confermano le dinamiche osservate nel corso degli ultimi periodi: i default continuano a crescere in tutta la penisola ad eccezione del Nord Est, in cui si registra una diminuzione dell'8,8% rispetto allo stesso periodo del 2011 grazie ai forti cali osservati in Veneto (-12,3%) e in Emilia Romagna (-12,2%).
L'aumento dei fallimenti è invece particolarmente intenso nel Centro Italia (+12,7%), molto più alto rispetto alla media nazionale, nel Mezzogiorno e nelle Isole (+6,5%), così come nelle Regioni del Nord Ovest (+4,9%).
Pochi segnali positivi anche dai concordati preventivi, che nel primo trimestre 2012 risultano in aumento del 4,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso: l'incremento segna un'inversione di tendenza rispetto alle dinamiche positive osservate nel corso del 2011.
I numeri messi in luce dalla rilevazione segnalano ancora una volta il disagio del tessuto produttivo italiano e sono resi ancor più pesanti dai tempi elefantiaci della giustizia. Secondo il Cerved, infatti, le aziende che portano i libri in tribunale devono attendere molti anni prima di vedere chiuse le procedure.
“Il 17,3% dei fallimenti chiusi nel 2011 fa riferimento ad aziende che hanno portato i libri in tribunale prima del 1996 e il 36,4% a imprese che lo avevano fatto precedentemente al 2001 - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group -. La riforma della disciplina fallimentare doveva ridurre il carico di lavoro dei tribunali, escludendo le microimprese dall`ambito di applicazione della legge. L`ondata di nuovi fallimenti aperti a seguito della crisi ne ha però neutralizzato gli effetti: in media, i creditori devono aspettare per la ripartizione dell'attivo circa nove anni dalla dichiarazione del fallimento".
L’articolazione dei dati a livello territoriale penalizza il Sud. In Sicilia infatti i tempi di attesa per la chiusura di una procedura fallimentare arrivano anche a 12 anni mentre la Regione in cui la giustizia è più efficiente è il Trentino Alto Adige dove servono ‘solo’ 5,7 anni.
Secondo il Cerved, si tratta di “un considerevole costo occulto per il sistema delle Pmi, che peraltro si accompagna a percentuali di recupero dei crediti incagliati in imprese fallite molto basse: solo il 14% del totale del passivo, al lordo delle spese di procedura”.
Dal punto di vista settoriale continua a ritmi intensi l'aumento dei fallimenti nell'edilizia (+8,4% rispetto ai primi tre mesi del 2011) e nel terziario (+4,1%) che risente degli incrementi osservati nella filiera informazione, della comunicazione e dell'intrattenimento, nella logistica-trasporti e tra le società immobiliari.
Anche a livello territoriale, i primi tre mesi del 2012 confermano le dinamiche osservate nel corso degli ultimi periodi: i default continuano a crescere in tutta la penisola ad eccezione del Nord Est, in cui si registra una diminuzione dell'8,8% rispetto allo stesso periodo del 2011 grazie ai forti cali osservati in Veneto (-12,3%) e in Emilia Romagna (-12,2%).
L'aumento dei fallimenti è invece particolarmente intenso nel Centro Italia (+12,7%), molto più alto rispetto alla media nazionale, nel Mezzogiorno e nelle Isole (+6,5%), così come nelle Regioni del Nord Ovest (+4,9%).
Pochi segnali positivi anche dai concordati preventivi, che nel primo trimestre 2012 risultano in aumento del 4,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso: l'incremento segna un'inversione di tendenza rispetto alle dinamiche positive osservate nel corso del 2011.
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