sabato 21 aprile 2012

Ritorno alla Lira: pochi rischi di forte-svalutazione ed iper-inflazione, ma qualche lezione da ricordare sulla tempestività di decisione

di Gabriele Tagi






I sostenitori dell’Euro tendono ad utilizzare , come argomentazioni prevalenti contro il ritorno alla piena sovranità monetaria , il rischio di   fortissima svalutazione e la conseguente spirale: iper-inflazione, rialzo dei tassi ed insostenibilità del debito pubblico.

Spesso, quando si parla di forte svalutazione, viene citato, anche se in modo improprio,  il caso Argentina.
E’ bene comunque ricordare che, grazie soprattutto alla svalutazione, che  ha brevissimamente comportato una perdita di valore del Peso pari al 70% ,  l’Argentina è uscita da una terribile recessione e crisi occupazionale, in pochissimo tempo (circa due anni) ed ha ripreso il suo cammino di crescita e prosperità, tuttora in essere; il controllo del debito pubblico permane tuttavia il suo tallone d’Achille .
Il paragone con l’Italia, in caso di ritorno alla Lira, non è calzante sotto molti punti di vista.
Esistono  sostanziali differenze in termini di  : contesto globale,credibilità internazionale, industrializzazione, reddito medio e risparmio pro-capite; ricchezza di materie prime (in questo caso  a favore dell’Argentina);svalutazione affiancata ad una ristrutturazione senza precedenti del debito pubblico (omesso rimborso del 60% circa); rapporto: stock di debito/Pil (in questo caso più favorevole al paese sudamericano)  ecc.
Un’altra differenza sostanziale, che raramente viene evidenziata, è legata al  valore teorico delle rispettive valute nazionali  in confronto alle monete di ancoraggio (Dollaro ed Euro); al momento della costituzione del currency board, ed ancora di più in seguito, il valore teorico del Peso divergeva molto  rispetto al cambio fissato.
Se tante sono le differenze, che lasciano logicamente intravedere fenomeni di svalutazioni di grandezza incomparabile, vi è però da segnalare una fortissima similitudine nell’evoluzione della crisi che ha portato l’Argentina a decidere di svalutare, in balia di tensioni sociali insostenibili,  e sulla quale dobbiamo assolutamente riflettere.
Nell’aprile del 1991 era stato adottato un sistema di cambio fisso tra Peso e Dollaro (currency board) di uno a uno, al fine di dare maggiore stabilità valutaria e ridurre il tasso di inflazione ( come l’Italia con l’Euro) , in questo modo, di fatto, l’Argentina rinunciava alla sovranità nella gestione della politica monetaria delegandola alla Federal Reserve (come l’Italia alla BCE).
Il risultato iniziale dell’operazione (91-98) fu, per l’Argentina, l’abbassamento dell’inflazione (solo teorico per l’Italia dato l’effetto ‘change-over’) e di attirare molti capitali esteri (in Italia doveva succedere ma non è successo per svariate ragioni: economia più matura,rigidità del lavoro, criminalità organizzata e conseguente impossibilità di investire nel sud ecc.).
Nel 1998 si verifica un shock esterno, ossia la crisi russa, che genera un tracollo di tutti i paesi emergenti, tra cui l’Argentina, ed il conseguente deflusso di capitali internazionali dai paesi con una struttura finanziaria più debole ( Italia : a partire dal  2007 si verifica uno shock esterno ossia  la crisi del sistema bancario americano e poi internazionale che si traduce gradualmente in un aumento degli indebitamenti sovrani ed  in  fuga di capitali dai paesi più indebitati o strutturalmente più deboli).
Il deflusso di capitali fa salire i tassi di interesse e,nel 98, l’economia argentina inizia a contrarsi molto ed il governo, al fine di arginare la carenza di entrate e più in generale il crescente squilibrio del bilancio pubblico,  inasprisce la pressione fiscale  per cercare di mantenere il cambio fisso, facendo cadere l’economia in una profonda recessione che porterà, in due anni, il pil a contrarsi del 20% e la disoccupazione ad un tasso del 24% con tensioni sociali violente ed insopportabili (dicembre2011, inItalia il governo inasprisce la pressione fiscale per gli stessi motivi……).
Nel 2000 l’Argentina abbandona il regime di cambio fisso , nel 2002 riprende a crescere (in un anno riduce dell’8% la disoccupazione).
 Come si nota, sembra il ‘re-make’ di un film già visto ed è dunque, anche per questo motivo, che la tanto vituperata agenzia di rating Standard and Poor’s vede nero , perché la mancanza di crescita all’orizzonte, particolarmente depressa dalla pressione fiscale finalizzata rispettare il trattato di Maastricht , strangolerà molti paesi europei.
Ma veniamo alla questione ‘svalutazione plausibile’ della Lira. Rispetto al cambio di conversione ossia: 1936,27 Lire per Euro.
 Un recente studio di Nomura  stima la svalutazione della Lira in caso di dissolvimento dell’Euro pari a poco meno del 30% rispetto al Dollaro anche se, è bene osservarlo, il Dollaro è attualmente considerato leggermente sottovalutato (molti autorevoli economisti stimano un valore teorico tra 1,20 ed 1,25 contro Euro ossia superiore del  7-10%  rispetto ai valori correnti ).
Mi sembra più probabile che si verifichi, almeno inizialmente, un selettivo abbandono dell’Euro piuttosto che un vero dissolvimento, tuttavia e’ particolarmente interessante notare come , in  quest’ultimo caso, Nomura  stimi una dispersione di valore tra le valute dell’Unione Monetaria, rispetto  al Dollaro ( partendo da un cambio iniziale  Euro/Dollaro di 1,34 ) che tocca ovviamente il massimo tra Grecia e Germania (60%), ma che sarebbe comunque compreso tra il 25% ed il 40%  tra Germania e, rispettivamente:Irlanda,Spagna,Italia, Belgio ,con il Marco tedesco unica valuta passibile di rivalutazione.
Una prima osservazione da fare è che questa forte dispersione di valore  è  già, di per sé,un’inequivocabile indicazione dell’insostenibilità dell’Euro.
Inoltre, il fatto che il break-up dell’Euro comporti una teorica rivalutazione del Marco e svalutazioni eterogenee per altre valute ( vi sono opinioni contrastanti sulla Sterlina irlandese) comporta automaticamente l’impossibilità di gestire una politica monetaria unica.
Troppo eterogenee sono le componenti e, come sempre accade nei regimi di moneta unica/cambi fissi (Argentina, EMS, Euro ecc.) le cose sembrano funzionare, fino a quando gli squilibri sono troppo evidenti e si verifica uno shock ; in seguito, mancando la naturale valvola di sfogo della libera fluttuazione dei cambi  il sistema si rompe.
E’ ancora più importante rimarcare che il sistema cessa di funzionare  in modo tanto più  socialmente drammatico , e con maggiore svalutazione, quanto più ci si sforzi, nel tempo, di mantenere il cambio fisso,con la forte recessione indotta da questa scelta.
Ma lo scenario dipinto da Nomura è realistico?
Prima di continuare la riflessione occorre ricordare che:
uno dei modelli più utilizzati per valutare il ‘fair value’ (valore congruo) di una valuta è quello della parità del potere di acquisto.
Tale modello ,  si basa sul fatto che , se in un paese i prezzi salgono più velocemente che in un altro paese, la valuta del primo dovrà svalutarsi rispetto alla valuta del secondo perché i cittadini del primo paese correranno a comperare i beni nel secondo paese anziché in patria in quanto meno costosi.
Esiste una lunga serie di critiche e di limitazioni per il  suddetto modello (ad esempio la questione dei beni non esportabili, come ad esempio i servizi turistici ecc.) ma è tuttora considerato, con diversi correttivi, un modello valido di equilibrio per il medio-lungo periodo anche perché auto-referenziato (utilizzato dalle più grandi banche d’affari internazionali che orientano flussi di capitali).
Osserviamo di seguito alcune tabelle.
Tabella I: Tassi di cambio,parità del potere di acquisto, sopra/sottovalutazione della Lira

Anno 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2011









Cambio nominale Dollaro USA/Lira 856,5 1909,4 1198,1 1628,9 2101,6 1557,0 1462,0 1392,9









Cambio nominale Marco Tedesco/Lira 471,4 648,9 741,8 1137,1 990,4 990,4 990,4 990,4









Cambio nominale Franco Francese/Lira 202,6 212,4 219,9 326,1 295,0 295,0 295,0 295,0









Cambio nominale Euro/Lira



1936,3 1936,3 1936,3 1936,3









 ————————-







PPP USD/Lira vs Private consumptions 854,6 1286,4 1431,3 1661,2 1687,3 1760,8 1637,5 NA









PPP Marco/Lira 377,3 609,2 758,9 862,9 906,1 1004,2 983,4 NA









PPP FFR/Lira 147,6 179,1 206,4 248,2 271,7 285,5 275,6 NA
 ————————-







PPP USD/Lira vs GDP 757,0 1140,6 1359,5 1527,1 1581,9 1678,1 1558,9 1545,9









PPP Marco/Lira 350,5 583,8 723,7 776,9 837,0 990,2 984,7 990,8









PPP FFR/Lira 136,0 170,4 201,3 234,2 256,7 276,9 272,1 271,7
 ————————-
















Sopra+/Sotto – Valutazione Lira







 







USD/Lira (Private cons) -0,2% -48,4% 16,3% 1,9% -24,6% 11,6% 10,7% NA
USD/Lira (GDP) -13,1% -67,4% 11,9% -6,7% -32,9% 7,2% 6,2% 9,9%









Marco/Lira (Private cons) -24,9% -6,5% 2,2% -31,8% -9,3% 1,4% -0,7% NA
Marco/Lira (GDP) -34,5% -11,2% -2,5% -46,4% -18,3% 0,0% -0,6% 0,0%









FRF/Lira (Private cons) -37,2% -18,6% -6,5% -31,4% -8,6% -3,3% -7,0% NA
FRF/Lira (GDP) -49,0% -24,6% -9,2% -39,2% -14,9% -6,5% -8,4% -8,6%
 Fonte: rielaborazione dati OCSE e Bankitalia – Ufficio Italiano Cambi
La tabella riportata confronta i tassi di cambio nominali con il valore teorico del cambio, calcolato con due metodologie (la parità del potere di acquisto riferita ai consumi privati ed all’intero prodotto interno lordo). La prima metodologia, a mio parere preferibile,ma riferita ad un paniere meno ampio, tende a considerare beni più facilmente esportabili, la seconda considera, in modo più ampio, beni ed investimenti privati e pubblici e dunque l’intera composizione del prodotto interno lordo.
Da una rapida scorsa alla tabella I, si evince facilmente che, nel periodo antecedente l’introduzione dell’Euro  la Liraera generalmente trattata nei mercati valutari a sconto rispetto al suo valore di parità del potere di acquisto, mentre successivamente all’introduzione dell’Euro ed a seguito della politica monetaria aggressiva  da parte della Federal Reserve, il tasso di cambio si è allineato al suo valore teorico con il Marco Tedesco , ha ridotto il suo sconto rispetto al Franco Francese e addirittura è passato da sconto a premio nei confronti del Dollaro americano.
E’ interessante notare che, in base a questa analisi, perde ogni significato qualunque discussione demagogica circa la ‘disonestà del tasso di cambio di conversione della Lira con l’Euro’,poiché si vede che il tasso di cambio di conversione era sostanzialmente allineato con il cambio di parità teorica. Assume tuttavia particolare rilievo la discussione concernente la sostenibilità di un cambio allineato con la parità del potere di acquisto per l’economia Italiana.
In questa riflessione, ci viene incontro la:
Tabella II : Crescita relativa e sopra-sottovalutazione della Lira

1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2011










A)Crescita PIL  5 anni  Italia*
39,8% 36,6% 20,0% 21,3% 10,0% 16,8% 0,4%










B)Crescita media PIL 5anni
37,5% 34,5% 19,8% 20,1% 19,0% 19,3% 2,4%
 (Germania +Francia)








Differenza
2,3% 2,1% 0,2% 1,2% -9,0% -2,5% -2,0%




















Sopra+/Sotto – Valutazione 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 2011    Media
 







1980-2011
USD/Lira (Private cons) -0,2% -48,4% 16,3% 1,9% -24,6% 11,6% 10,7% NA -4,7%
USD/Lira (GDP) -13,1% -67,4% 11,9% -6,7% -32,9% 7,2% 6,2% 9,9% -10,6%










Marco/Lira (Private cons) -24,9% -6,5% 2,2% -31,8% -9,3% 1,4% -0,7% NA -9,9%
Marco/Lira (GDP) -34,5% -11,2% -2,5% -46,4% -18,3% 0,0% -0,6% 0,0% -14,2%










FRF/Lira (Private cons) -37,2% -18,6% -6,5% -31,4% -8,6% -3,3% -7,0% NA -16,1%
FRF/Lira (GDP) -49,0% -24,6% -9,2% -39,2% -14,9% -6,5% -8,4% -8,6% -20,1%










*Si tratta della crescita nel








quinquennio che termina con








la data indicata .L’ultima







Colonna fa riferimento alla crescita  del solo anno 2011


















Fonte : rielaborazione dati Ocse
Occorre sottolineare che i primi tre partner commerciali dell’Italia, in ordine di importanza sono: Germania,Francia e Stati Uniti, per un totale tra il 30 ed il 40% dell’interscambio commerciale complessivo.
Nella Tabella II si confronta la crescita relativa dell’economia italiana rispetto alla crescita media di Francia e Germania rapportandole al livello di sopra/sottovalutazione della Lira rispetto a Marco e Franco Francese. Si tratta certamente di un confronto significativo, date le dimensioni delle economie, mentre troppo diverse sono le caratteristiche dell’economia Usa per fare confronti.
Come emerge chiaramente dalla tabella II, fintanto chela Liraè rimasta ‘debole’ rispetto al suo valore teorico, la crescita dell’economia italiana ha sovra – performato la crescita media di Francia Germania (ad esempio la crescita del Pil italiano è stata di quasi 5 punti percentuali superiore negli anni 80 e di quasi il 3% superiore negli anni 90).Con l’introduzione dell’Euro e il riallineamento
della Lira con la sua parità del potere di acquisto, invece, l’economia italiana che ha una forte ossatura costituita da medie imprese vocate all’esportazione, ha invece sofferto enormemente ed ha perduto circa 13,5 punti percentuali di crescita relativa rispetto a Francia e Germania.
Questo è del resto tanto più comprensibile se si pensa che la media impresa non ha spesso a disposizione né le risorse né l’organizzazione ed il know – how per difendersi da un andamento sfavorevole dei cambi, come invece una multinazionale, che in questo caso avrebbe evidentemente attuato una politica molto aggressiva di decentralizzazione produttiva ( e… meno male per l’occupazione italiana che questo non è successo in modo così evidente).
Le prime due tabelle aiutano ad identificare l’impatto dell’introduzione dell’Euro sull’economia reale italiana.
La tabella III, si propone invece di capire da una parte quali siano stati i vantaggi per la finanza pubblica e più in generale per l’equilibrio dei conti dello Stato, e, dall’altra di comprendere , analizzandola insieme alle altre due tabelle quale potrebbe essere la grandezza della svalutazione della Lira rispetto al cambio teorico di 990,4 Lire per Marco (calcolato come cross rispetto al cambio fisso di adesione all’Euro pari 1936,27 Lire per Euro).
Tabella III: Finanza pubblica ed oscillazioni del cambio rispetto alla parità del potere di acquisto 

1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
2011
Media










Rapporto % Debito Pubblico Totale/Pil
56,1
80,9
95,2
121,5
109,2
105,9
119,1
120,1
88,1
Rapporto % Deficit Pubblico/Pil
7,0
12,4
11,4
7,4
0,8
4,3
4,6
3,9
3,9




















Vita residua media debito pubblico ***
1,13
3,54
2,57
4,53
5,73
6,56
7,20
6,99

 (anni)








*** primo anno disponibile 1982













Valori assoluti incluso periodo euro
Sopra+/Sotto – Valutazione Lira Media
0-10% 10-20% 20-30% 0-30% 30-40% 0-40% 50-60%
 (MEDIA ANNUA) Annua



cumulativo
cumulativo










Rispetto a PPA (GDP) USD/Lira
-11,48%

46,88%
25,00%
6,25%
78,13%
9,38%
87,50%

Rispetto a PPA (Private Cons) USD/Lira
-3,26%

38,71%
38,71%
9,68%
87,10%
6,45%
93,55%











Rispetto a PPA (GDP) Marco/Lira
-13,66%

40,63%
31,25%
18,75%
90,63%
6,25%
96,88%

Rispetto a PPA (Private Cons) Marco/Lira
-7,62%

70,97%
19,35%
6,45%
96,77%
3,23%
100,00%











Rispetto a PPA (GDP) Frf/Lira
-18,31%

34,38%
31,25%
21,88%
87,50%
6,25%
93,75%

Rispetto a PPA (Private Cons) Frf/Lira
-13,18%

48,39%
32,26%
9,68%
90,32%
9,68%
100,00%
















Valori assoluti escluso periodo euro
Sopra+/Sotto – Valutazione Lira Media
0-10% 10-20% 20-30% 0-30% 30-40% 0-40% 50-60%
 (MEDIA ANNUA) Annua



cumulativo
cumulativo




















Rispetto a PPA (GDP) Marco/Lira
-18,53%

20,00%
35,00%
30,00%
85,00%
10,00%
95,00%

Rispetto a PPA (Private Cons) Marco/Lira
-10,71%

55,00%
30,00%
10,00%
95,00%
5,00%
100,00%











Rispetto a PPA (GDP) Frf/Lira
-23,43%

15,00%
30,00%
35,00%
80,00%
10,00%
90,00%

Rispetto a PPA (Private Cons) Frf/Lira
-17,44%

20,00%
50,00%
15,00%
85,00%
15,00%
100,00%

Fonte: rielaborazione dati Ocse e Ministero Economia
Come appare chiaramente dalla tabella III, l’introduzione dell’Euro non ha minimamente contribuito al risanamento dei conti pubblici, infatti il rapporto debito pubblico totale / pil è ai massimi degli ultimi 30 anni.
Il rapporto deficit (=disavanzo annuo)/Pil  è invece in linea con la media degli ultimi trent’anni, ma è dal 2000 ad oggi sostanzialmente invariato.
La solidità finanziaria del nostro paese è invece in parte aumentata grazie alla politica di allungamento della vita residua media del debito pubblico italiano ( fenomeno in Italia particolarmente significativo) che passa da 1,13 a7 anni circa .
In altri termini l’Italia è stata particolarmente capace di trasformare il proprio debito da breve termine a  medio-lungo  termine, stabilizzando dunque in parte la situazione finanziaria.
Di questo, tuttavia, dobbiamo ringraziare più che l’Euro, il processo di disinflazione globale (anche gli Usa hanno aumentato significativamente la vita media del debito pubblico nello stesso periodo, perché gli investitori hanno acquistato volentieri titoli a più lunga scadenza); l’introduzione dei mercati future  in Europa (con cui coprire i rischi di oscillazione di strumenti a più lunga scadenza ), ed infine i Governi Italiani che hanno perseguito questa politica con particolare aggressività.
Concludiamo con una riflessione sul potenziale di svalutazione della Lira . Come emerge chiaramente,   dalla tabella III, su un orizzonte minimo di un anno , divergenze superiori al 30% del cambio rispetto al suo potere di acquisto, sono statisticamente irrilevanti . Ciò significa che, se consideriamo il fatto che il cambio corrente della Lira (990,4 Lire per Marco= cross di conversione con l’Euro) è sostanzialmente allineato con la parità del potere di acquisto, la probabilità che la svalutazione della Lira superi questa entità (ossia 30%) è statisticamente non significativa; per rendere ancora più significative le statistiche sono state predisposte sia includendo che escludendo il periodo di cambio fisso con l’Euro.
Se a questo aggiungiamo il fatto che dal raffronto dei tre parametri indicati (Totale debito pubblico/pil, deficit corrente e   vita media del debito pubblico) emerge una situazione negativa, ma non di estrema negatività  rispetto alla storia, potremmo concludere che una svalutazione tra il 20 ed il 30% (probabilmente attorno al 20%) appare come lo scenario più probabile. In altre parole, chi parla di svalutazioni superiori (alcuni parlano del 60%) fa solo del terrorismo psicologico senza supporto statistico.
Occorre anche rilevare che  in base al  sondaggio effettuato da Merrill Lynch in dicembre 2011, su un vasto campione di investitori istituzionali internazionali, più del 50% degli investitori finali (fondi  comuni di investimento, fondi pensione ecc.) ritengono possibile il dissolvimento dell’Euro; questo significa che molti di loro hanno significativamente già alleggerito le posizioni in BTP e probabilmente sarebbero lieti di riacquistarle con uno sconto sul cambio del 20%.
Diversa è invece la posizione della banche d’affari, che vendono ricerca finanziaria  sui mercati in palese conflitto di interesse, queste temono di dover svalutare le loro posizioni di trading/investimento ed i loro asset in Italia, molto più di quanto non temano gli investitori istituzionali finali (fondi pensione e di investimento) che hanno vincoli contabili e di vigilanza (es. Basilea 2) molto meno pressanti. Le banche d’affari paventano dunque scenari catastrofici in caso di rottura dell’Euro,  per convincere tutti gli investitori della necessità di restare aggrappati all’Euro, facendo così i loro propri interessi  e cercando di  evitare pesanti svalutazioni in bilancio e conseguenti necessità di ricapitalizzare e/o di cambiare management.
Un’auspicabile  svalutazione del 20/30% permetterebbe all’Italia di riprendere a crescere,di recuperare occupazione, di recuperare la sovranità della propria politica monetaria e fiscale, e, allo stesso tempo, avrebbe un impatto sulla ricchezza interna dei cittadini addirittura positiva, dal momento che gli asset in valuta estera detenuti dai cittadini italiani sono molto superiori alle passività in valuta (gli italiani ricordano molto bene la lezione dei mutui in Ecu);  inoltre come già sottolineato in altri articoli, il rischio di inflazione, in questo momento, è molto contenuto per ragioni di congiuntura internazionale.

http://www.ioamolitalia.it/2012/03/ritorno-alla-lira-pochi-rischi-di-forte-svalutazione-ed-iper-inflazione-ma-qualche-lezione-da-ricordare-sulla-tempestivita-di-decisione/







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